mercoledì 11 novembre 2020

PASQUALINO CINNIRELLA: "EVASIONE"

            EVASIONE

 

Dal risveglio al mattino

fin oltre la sera, assiduo rimeni  

non solo col pensiero,  

di essere ancora prigioniero;

legato alla precarietà del giorno,

al dovere che incombe sempre

e in ogni cosa tra le mani.

Le certezze qui hanno vita breve:

forse un’ora, un lampo e già svanite.

Sono pure avversi gli eventi nel giorno  

così, dal profondo, aliti sperare  

uno squarcio d’azzurro dal tuo cielo  

che t’inondi, come ieri a vent’anni,

di una voglia nuova che ti porti,

come petali leggeri il vento,

lassù, lontano… oltre candidi cirri,

oltre Venere serena al plenilunio

per dimorare in spazi siderali

sicuro.

Questo è il sogno che mai s’avvera                                                               

in questa landa turbinosa e infetta

dove -gli esseri eletti- più non reggono,          

tra l’estrema miseria già nel cuore

e la violenza sui simili che dilaga,

i propri giorni in dono.                    

                                                     

Ott/Nov.. 2020/25

 

                                                

                                                                                   

 

                            

                                                

 

5 commenti:

  1. Caro Pasqualino!
    Bellissima, perfetta ! Ricca di pathos e di armonia nel verso attento e cesellato. Il dettato poetico è di profondo significato, meditato con matura riflessione. E' veramente degno dell'Autore di "Boati dal profondo". Complimenti!
    Edda Conte

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    1. Cara Edda, Ti ringrazio dal profondo per questo tuo intervento che sancisce ancora una volta la stima reciproca e consolidata ormai anche per l'idendica visione di cosa è la poesia. Per quanto hai scritto sopra mi riveli, come per la mia "Come foglia accartocciata" che poeticamente mi conosci bene, molto bene e i tuoi suggerimenti e consigli calzano perfettamente alle mie aspettative poetiche. Grazie di cuore. Detto da Te, come dal caro Prof. Pardini, seppure in modo diverso, che la mia "Evasione" è bellissima e perfetta mi colma di gioia che rasenta la commozione. E dire che la ritenevo una poesia come altre nel mio repertorio poetico. Grazie, grazie e ancora grazie, ovviamente anche al prof. Pardini. Pasqualino Cinnirella

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  2. Pasqualino caro, in questa lirica di versi volutamente scarnificati, esprimi la sofferenza per il destino di ogni uomo 'legato alla precarietà del giorno', ormai da quasi un anno. I Poeti subiscono il contraccolpo della vita sottratta, in tutti i sensi, a trecentosessantagradi e possiedono il dono di saperlo esprimere nei versi. Tu adotti immagini che spiccano il volo come:
    "uno squarcio d’azzurro dal tuo cielo
    che t’inondi, come ieri a vent’anni,
    di una voglia nuova che ti porti,
    come petali leggeri il vento"
    e ti e ci proietti altrove, ci ricordi che se un sogno è il nostro, quello per il quale siamo venuti al mondo, non riusciremo mai a liberarcene. Continuerà a mandare segnali, confidando nella nostra fiducia. E' un sogno che deve avverarsi, amico mio... Lo sai bene, anche se i giorni e le notizie piegano la sicurezza. I versi conoscono i passi del dolore, ma soprattutto della speranza. Sei nato Poeta non per caso... Ti voglio bene e ti applaudo, come sempre.

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    1. Mia cara Maria, il fatto che puntualmente commenti le mie "cose" mi lusinghi molto, anzi più di molto. La Tua attenzione nei miei confronti mi dice che ami la mia poesia e questo mi ricompensa dei sacrifici che necessitano per metterla in atto come questa mia Evasione. Se poi aggiungi che per Te "Sono nato poeta non per caso" allora non posso che andare in visibilio facendomi fare uno sforzo non indifferente per rimanere, come voglio rimanere,con i piedi sempre per terra. Grazie comunque di cuore per tutto cio che dici e che mi susciti nell'animo. Orgoglioso e riconoscente per il dono della tua amicizia. Un grazia ancora a Leucade/Pardini che ha consentito di incontrarTi. Pasqualino Cinnirella

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  3. Un canto leopardiano. Qual'è "il sogno che mai s'avvera / in questa landa turbinosa e infetta", dove affoghiamo prigionieri, della "precarietà del giorno"? E' il sogno del risveglio, dell'apparizione di "uno squarcio d'azzurro dal tuo cielo / che t'inondi, come ieri a vent'anni / di una voglia nuova che ti porti / come petali leggeri il vento, / lassù lontano...". Sollevarsi al di sopra della quotidianità che ci obbliga alla heideggeriana "cura". "Al dovere che incombe sempre", dice Pasqualino, ingabbiandoci nell'Apparire, nella vita inautentica, fuori dall'Essere, fuori da noi stessi. E' la nostra dannazione, non ne usciamo fuori se, finanche puntando lo sguardo verso l'Alto, finiamo per dimenticare l'Eden, il Paradiso che ci è stato dato in dono. Un affresco impietoso e vero della nostra condizione umana.
    Franco Campegiani

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