venerdì 13 novembre 2020

MARIA RIZZI LEGGE: "FANTASIA DELLA RAGIONE" DI EDDA CONTE


Maria Rizzi su Fantasia della Ragione di Edda Pellegrini Conte

 

Maria Rizzi,
collaboratrice di Lèucade





Ho letto con grande entusiasmo il volume di Edda Pellegrini Conte, “Fantasia della Ragione”, edito da Guido Miano Editore, e benché il titolo sembri quasi un ossimoro il contenuto del testo dimostra che le due realtà possono compenetrarsi, tant’è che varie concezioni filosofiche avallano ilconcetto sostenuto dalla mia cara amica Edda. Cito la Filosofia della libertà di Rudolf Steiner, nella quale vengono studiate e illustrate le modalità che ha l’uomo di pensare e di conoscere, e di conseguenza di acquisire impulsi all’azione, che fanno di lui un essere libero.

La Raccolta contiene tredici racconti e tredici monologhi ed è prefato da un monumentale Professor Nazario Pardini, che mette in risalto la dedica dell’Autrice circa il motivo per il quale vale la pena narrare storie: “ricordare al mondo che la fantasia è la madre del sorriso”. Un inno alla solarità, all’apertura d’ali, che caratterizza quest’Artista in ogni scritto e nelle manifestazioni d’amore verso il prossimo.

Il primo racconto è già esemplificativo del legame tra fantasia e ragione. Narrante, il protagonista, che potrebbe essere sfuggito dalle pagine di Italo Calvino, cerca la propria storia, mentre racconta fiabe agli altri e chiede aiuto alla Fantasia. Metafora o allegoria? Io credo sia una metafora plurima e continuata, un modo di articolare un’idea figurata, ovvero spiegata tramite analogie, sfruttando entità del mondo reale che possiamo percepire con i sensi. Motivo in più per cogliere la simbiosi ragione - fantasia. L’una rivendica il diritto di capire, l’altra sa che si può narrare lo stesso ogni realtà, anche con sguardo diverso, originale, sfumato.

La favola è un genere congeniale alla nostra Scrittrice e Poetessa, ma ella ne conosce il valore e sa renderle il giusto tributo, evitando i luoghi comuni, il tranello della banalità, evocando storie degne di Esopo, dei fratelli Grimm ed elargendo sempre il dono della morale.

La Natura è sempre protagonista della vita artistica di Edda. Grembo caldo di ogni creatura, vigila sul loro maturare, sulle ferite, sulle scoperte, sulle paure. E protegge silenziosamente. L’Autrice sa affrescare i miracoli della

Natura con grazia vertiginosa, legandoli alla precarietà dell’individuo, alla sua condizione di solitudine.

“Lucio e il giorno delle parole” è una vicenda breve, narrata in modo favolistico, che mette in luce un aspetto peculiare della filosofia, il non avere paura delle idee nuove. Nel suo gioco il protagonista si sofferma sul termine ‘Tempo’ e il racconto ha sapore di realismo magico, pur terminando con un abbraccio e una risata della mamma, che stempera con

la fantasia i pensieri maturi del bimbo. Il realismo magico è parte integrante della narrativa di Edda. Si tratta di una corrente letteraria del ‘900, che ha caratterizzato in modo particolare gli autori sudamericani, e ha dato risalto all’elemento onirico, dimostrando quanto l’immaginazione non rappresenti il fiorire dell’arbitrario, dell’impreciso, ma richieda solidità di materia ben poggiata sul suolo.

In Italia uno degli esponenti di tale corrente è stato proprio Italo Calvino, anche se i più rappresentativi sono considerati Massimo Bontempelli e Dino Buzzati.

Rispetto all’Opera di Edda è significativo il riferimento a tale corrente, che vede fantasia e ragione come i due aspetti cardine, che respingendosi si attraggono. I racconti dell’Autrice rivelano, infatti, la libertà assoluta della fantasia e la consistenza distaccata della ragione. “La favola del Maimai” ne è una rappresentazione meravigliosa.. La bimba Elisa, alla ricerca della nonna, salta da un quadro neo - realista alla fiaba surreale, visionaria, eppure integrata nelle difficoltà del sociale. La cifra stilistica di Edda vede

personaggi che possono avere nomi di battesimo, ma non sempre, in quanto il Tempo, il Vento, il Senno sono co - protagonisti e trascinano nel mondo misterioso e incantato, evocato spesso dallo sguardo infantile più puro. Per quanto riguarda i monologhi, ai quali Edda ci ha abituati, hanno come interlocutori dell’Autrice elementi della natura e della vita. Si possono definire alter ego per la struttura della narrazione, che contempla una visione introspettiva,  talvolta densa di pathos, altre di intimismo, altre ancora spirituale o  tesa ad arco verso il sociale. Nei Monologhi mi ha profondamente toccata il rapporto di Edda con la Poesia, compagna di vita.

Cito questo breve estratto: “Ahimè! Amo tanto la Poesia che le attribuisco il potere di identificarsi con il Tempo… Come vorrei essere il tiglio che si spoglia e si riveste restando sempre uguale alla sua Bellezza!”  L’aspetto favolistico cede il passo alla necessità di vedere il mondo da un punta di vista personale. Resta lo scarto ironico e spesso sofferto dal quotidiano e l’intento di rendere godibile nella sua nudità colorata la struttura stessa della narrazione per accrescere il grado di consapevolezza di noi lettori.

Edda si rivolge alla Pioggia, alla Quiete, alla Solitudine e crea una scrittura che diviene riflessione sulle fasi dell’esistenza. Il dialogo interiore vede la Scrittrice abbandonarsi al libero flusso dei suoi pensieri, anche quando passa la parola a un terzo personaggio. Queste forme di narrazione possiedono il fascino dell’onirico, ma sono calate nella realtà e spesso si rivelano didattiche.

Edda in questo sublime volume, che si legge tutto d’un fiato, ricorre a ‘grandi storie’, senza esserne consapevole e ci dà la misura della propria versatile grandezza trincerandosi nel cerchio dell’incantesimo.

                                                 

 Maria Rizzi

 

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2 commenti:

  1. Ringrazio nazario per aver pubblicato questo tentativo di recensire l'Opera della mia splendida Amica e sono onorata di aver potuto leggere un'Opera così originale, didattica e lieve al tempo stesso. Abbraccio in modo circolare il caro Condottiero, prefatore del testo e la mia adorata Edda, detta Toc Eden....

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  2. Ogni volta che leggo una nuova recensione del mio "Fantasia della Ragione" provo un intimo piacere , non come se rappresentasse una nuova tacca sul fucile, come quella che facevano gli eroi western, ma una soddisfazione gioiosa perché ognuna mi porta pensieri nuovi, nuove angolazioni di lettura,,,; è allora che guardo il mio libro in modo più distaccato, e finisco col giudicarlo con quello stesso spirito critico che è utile, perché è autocritica, sempre preziosa per chi scrive..
    Questa bella recensione di Maria Rizzi però mi abbraccia, come persona oltre che come scrittore...mi intenerisce, mi apre all'affetto e alla riconoscenza.! Perché Maria Rizzi è sempre generosa e ricca di amore, a prescindere dalle sue innegabili doti culturali e critiche.
    La ringrazio perciò con tutto il mio cuore e l'ammiro per quanto è e per quanto per me rappresenta.
    Un forte ,anche se virtuale , abbraccio,
    Edda Conte

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