IL DUBBIO DI EDDA CONTE
(TRA FANTASIA E RAGIONE)
Inutile
e superfluo commentare le capacità artistiche di Edda Conte: la sua carriera
letteraria ne testimonia valore consenso.
Importante
è meditare sulla sua concezione esistenziale del tempo, che circonda gli umani,
espressa nel suo recente libro di racconti e monologhi. Quale pensiero? Non il
"fabulismo" a lieto fine, non il tracciato di Natura e affinità a
corredo, non l'apodittico sentenziare a binario unico, bensì il contrario. Edda,
infatti, incentrandosi sul "tempo/essere" quale divinità assoluta e
incontrovertibile, ne celebra il trionfale assurgere scompaginando ogni
equilibrio, ogni speranza, ogni autodifesa in valore assoluto. Di qui nascono
le favole (non proprio per bimbi), per tutti gli esseri (umani e non) dove le
parole giocano, si accoppiano, si escludono, si protraggono e incuneano nelle
righe dei parallelismi acuti e impenetrabili di tutto lo schema/progetto. Di
qui si inerpicano meditazioni monologiche che solcano il tempo con la
leggerezza pesante del riflesso esistenziale/ontologico di uno stato d'animo alla
costante ricerca nel dubbio che solo al "panteismo" potrebbe
rivelarsi. Di qui la "filosofia" della poetessa narrante che
prediligendo il racconto esalta la liricità di un emotivo sentirsi presente,
partecipante, confliggente "essere" vivo, maturo, ricettivo,
esplosivo, "realmente" surrealistico. Dall'ontologia del "tempo"
l'anniversario della coppia, l'amore della bellezza, la pioggia nella calura,
la solitudine in compagnia: processo fenomenologico di riscoperta intuitiva per
una coscienza oggettivata nel mondo degli esseri incardinati nell'Essere.
E
la poetessa, nella finzione di narrarci se stessa, sembra scoprire il proprio "concettuale"
ricco di passioni, rimpianti, sensazioni, ma non definito né definitivo, anzi
dubitativo (v. il "gioco delle parole"; l'ultima pagina; sul vuoto...).
Ed è questo il "mistero" di Edda: l'apparente difficoltà nel
comprendersi quale "tipologia" vivente di artista premonitrice e
precursore di eventi che verranno a sconvolgere o coinvolgere abitudini, valori,
consuetudini, princìpi, realtà (inesistenti o meno). Lucciole, rondinini, vento,
sogno, saggezza. Una sequenza progressiva di "centri" spirituali
incorporati in eventi naturali dove l'animazione predomina fino a sfiorarsi
nell'ultima pagina che forse diventa la "prima" di un nuovo corso...
Lo
scenario lirico narrante si condensa quindi nell'inizio e non nel terminale
esistenziale mai contestato come in quest'opera di Edda. L'Alfa è dunque il
sogno avverato nel futuro/presente che non ti aspetti se non riflettendo
sull'avvento ontologico della saggezza mentale. L'appercezione della
spiritualità contenuta per ogni e in ogni dove, si alimenta e fortifica di
pagina in pagina incuineandosi in nomi di persone, animali, cose, episodi
(narrante, Lucio, Elisa, Dinamore, prato, isola, Gastone, Uno, Senno...).
Ecco
l'umanizzazione che Edda persegue nel contesto totale di una contemporaneità
nuda e cruda, arida e solitaria, ostile all'essere umano come non mai. "Umanizzare"
un fiore, un sogno, una gazza, il sonno, una favola, un concetto è compito
fondante della nuova realtà (esistente o meno) di questa narratrice "sui
generis" che coniuga tenerezza, sensibilità e raffinatezza espositiva con graffianti
riflessioni alternative/oppositive ad una logica sonnolenta e scontata (quieto vivere,
ostracismo alle novità, rifugio nel solipsismo negativo, conservazione senza progetto,
ecc.) che nulla propone, soffocandosi nell'uniformità pensata. Al contrario
Edda, propositivamente ci offre l'altra dimensione di ogni analisi sorvolando
orizzonti diversificati di approccio esistenziale primario. l tempo senza
contenuti evidenti nel sé, ne è prova più convincente, come l'amore che nella
propria essenza è flusso di energie "volatili" che paradossalmente
riuniscono il sentire di coppia in ogni circostanza (nel bene nel male di
teologica memoria); come l'esercizio letterario che funge da "spia"
dell'Essere (leggo dunque sono) spostando in una felicissima teologia del
pensiero ogni capacità di comprendersi per capire fino al limite del consentito
e oltre; come la "bellezza", maestra a regina del creato, che si sublima
nel fenomeno della pioggia/calura per sconfinare in una solitudine cosmica dove
il "dubbio" si circonda di cose, affetti, gesti, visioni, segnali,
domande... Ecco il divenire di questa narratrice/poetessa che sfida il tempo e
le sue conseguenze, ne sottolinea l'ineluttabilità fantastica sino a celebrarne
la "nullità" oggettivata nel procedere reale di eventi e dati che non
ha senso al di là di un circuito esistenziale "micro" e ben definito,
ovvero assolutamente incapace di valutarne presenza e funzioni. Ma Edda non
sfida solo il "tempo", bensì "rivoluziona" e ricapovolge
ogni valore/contenuto/idea/simbolo inquadrandolo nella necessità fenomenologica
di capirne significato/significante, approfondendo contenuti formali e sostanziali,
incertezze di certezze, proiezioni di progetti, prospettive-ponte tra temporalità
passate, presenti e future.
Un
futuro che Edda intuisce ma misteriosamente non disvela lasciandoci nel suo dubbio
filosofico per eccellenza: sapere di "essere" o il contrario? Pensarsi
spirito, materia, illusione o che cosa? Il valore essenziale della sua opera
sta tutto in questo "dubbio" profondamente e inquietante, molto
difficile da sciogliersi, ma molto stimolante da affrontarsi.
Marco
dei Ferrari
Marco caro, in questa pagina dai una magistrale lezione di lettura critica ed è mio dovere e piacere complimentarmi per l'ampio, profondo respiro che ti accompagna in ogni scritto. Il testo di Edda è creta plasmata dalla tua mente versatile, originale, ricca di variazioni emotive e di suggestioni artistiche. Mi ha particolarmente colpita l'analisi dell'umanizzazione che la nostra comune amica attua nel testo e che descrivi con le seguenti parole: ""Umanizzare" un fiore, un sogno, una gazza, il sonno, una favola, un concetto è compito fondante della nuova realtà (esistente o meno) di questa narratrice "sui generis" che coniuga tenerezza, sensibilità e raffinatezza espositiva con graffianti riflessioni"... Sei così talentuoso che trascini l'anima in uno splendido naufragio esistenziale. Dirti grazie è riduttivo. Ti abbraccio di cuore!
RispondiEliminaNon avendo letto il libro di Edda Conte, non posso pronunciarmi su di esso, pur essendo piacevolmente intrigato dal titolo, che in modo ossimorico riconduce alla mia amata armonia dei contrari. Questa nota di Marco dei Ferrari mi
RispondiEliminastimola in quanto sottolinea il "non fabulismo a lieto fine" della scrittura di Edda, il suo "non apodittico sentenziare a senso unico, bensì il contrario". Non l'assolutismo trionfalistico ed assertivo, ma la problematicità di "parallelismi acuti e impenetrabili" che rivelano il senso misterioso dell'essere e del tempo, ovvero della vita, su di un piano superiore a quello strettamente razionale. Pur includendo la ragione nei suoi percorsi e nei suoi enunciati. Il vero senso delle favole, delle leggende e dei miti può essere afferrato dalla ragione che si apre, e non si chiude, alla sfera della saggezza e del buon senso, che è come dire del sesto senso, della spiritualità extrarazionale. Occorre però una mente che, pur crescendo, riesca a mantenersi bambina. Si fa un gran dire - a sproposito - della presunta ingenuità assertiva del fanciullo che darebbe tutto per scontato. In realtà il bimbo è l'unico ad interrogarsi sempre, in quel suo noto "giuoco del perché" praticamente inesaustivo. Una ricerca, dunque, una macerazione. Ma - si badi bene - una macerazione che non è soltanto dubbio (se così fosse, ci troveremmo pur sempre su di un percorso univoco), bensì dubbio e fede fusi in un solo respiro. Come dire che ci vuole una grande fede per poter dubitare e ci vuole un forte dubbio per poter crescere nella fede. E' questa la lezione che dovremmo apprendere dai bambini. Più che di Panteismo, parerei di Animismo, perché il primo schiaccia il divino nel mondo, mentre il secondo è consapevole della dualità e dell'allineamento tra i due poli. Di "anniversario della coppia" parla infatti Marco dei Ferrari, esaltando non a caso "l'ontologia del tempo, la pioggia nella calura, la solitudine in compagnia". Ed è l'armonia dei contrari.
Franco Campegiani
Ringrazio doverosamente l'illustre Prof. Nazario Pardini, indefettibile guida e custode di un'Isola straordinaria, per la fiducia concessami ospitando questa mia riflessione ed altresì sono grato a Maria Rizzi per le sue consuete luminose considerazioni sul mio operare
RispondiElimina