Nazario Pardini
DAGLI SCAFFALI
DELLA BIBLIOTECA
Recensione di Gabriella
Veschi
In Dagli scaffali della biblioteca (Guido
Miano Editore, Milano 2020) di Nazario Pardini, professore universitario, scrittore,
critico letterario, saggista e blogger, un leit
motive anima tutta l’opera: il tema della leopardiana “rimembranza”, filo
conduttore che unisce le raccolte da cui emerge una “freschezza di pensiero”, grazie
alla quale non si avverte alcun “tedio” di fronte allo snodarsi di versi
affollati di antiche presenze, perché si è catturati dalla “leggerezza dello
scrivere” e “dalla spontaneità dei sentimenti”, come sostiene Marco Zelioli nella Prefazione (cit.).
Così i
ricordi si aprono e si chiudono, odorosi petali di una corolla floreale, nell’intermittenza
della memoria, tra passato e presente, tra gioia e dolore. Si sprigionano
lentamente, liberandosi dalla sedimentazione del passato, gli istanti più
significativi, gli affetti più cari, impressi a fuoco nella mente: l’io lirico cattura
l’attimo, fissandolo nell’immagine attraverso una percezione “visiva” che si
concretizza nella parola, sulla scia della poetica ungarettiana: “Un giradischi
sopra il comodino, / mio fratello a studiare, / mio padre di ritorno dalla terra,
/ mia madre sul fornello a spolverare / memorie di una vita” (da Ricordi che pungono). Solo così si può sfuggire
alla tirannia del tempo e opporsi alla sua fuggevolezza, richiamando a sé
quell’età “che è scivolata / lasciando dietro di sé scorie di festa” (Ibidem). Il processo di ricostruzione del
proprio vissuto può però anche essere doloroso se “quel che pare ricordo, è
tatuaggio, incisione, cicatrice” (Dolores
Prato, Giù la piazza non c’è nessuno)
e a volte ci si dibatte in una dimensione che oscilla tra dolce nostalgia e
accorato rimpianto. I componimenti rievocano talvolta toni crepuscolari di
gozzaniana memoria, mentre a livello stilistico è particolarmente efficace
l’unione di termini ricercati con altri più proasici: “posso soltanto piangere
in disparte/ per non aver detto o fatto/ quello che poi è stato un grande sacco
/ di ricordi che pungono / e inutilmente scassano il pensiero” (da Ricordi che pungono).
Nella
prima raccolta Ricordi che pungono, la
poesia incipitaria, attraverso l’iterazione di vocativi e di anafore
contrassegnate iconicamente dalla vocale O,
squarcia il silenzio e suscita un palpitare di ricordi che culminano nel climax in cui il poeta, uscito dal nido
familiare, si immerge nel fluire dell’esistenza, interrogandosi sul destino
dell’uomo: “O tutti voi miei cari / dove siete finiti? O mio Dio, / che cosa ho
fatto mai della mia giovinezza,/ dei sogni che restavano aggrappati/ ad un
ragazzo nudo e solitario?” (da La sorpresa di
Natale).
Ma il
muro del passato si erge “troppo alto”
, “troppo fondo”, “troppo fitto”, “troppo peso”, e forte è il desiderio di abbatterlo per aprire il montaliano varco tra finito e infinito e cogliere in
un momento panico l’improvvisa intuizione, con cui svelare quel “ mistero che
anche la piccola foglia non tace” (da Toglietemi quel
muro).
Nella
seconda raccolta, Dagli scaffali della biblioteca,
affascinante titolo esteso a tutta la silloge, la poesia dialoga con se stessa
in un testo metapoetico, dispiegandosi su due binari paralleli: gli scaffali hanno
una duplice valenza, si trasfigurano metaforicamente nell’ emblema della vita e
della professione di Pardini, ma sono nello stesso tempo dei contenitori che conservano
gelosamente la poesia; in una trentina di componimenti contrassegnati con un
numero romano, una lunghissima ed interminabile serie di autori, da Catullo
ai giorni nostri, si materializza nello spazio bianco delle pagine e prende
forma, in un rapporto di profonda empatia. Da Catullo a Leopardi, da Ungaretti
a Caproni,
per citarne solo alcuni, i grandi del panorama culturale di tutti i tempi
vivono di vita vera, in un’atmosfera onirica, visionaria, a cui è impossibile
sottrarsi.
Indimenticabili
i versi dedicati ad una delle donne più intense e rappresentative della
Letteratura femminile del Novecento: “Di Sibilla Aleramo / si udirono i sospiri
/ in ricordo dei tempi dell’amore; / e rinchiusi nei versi di Campana, / emozionata
dalla nostalgia, / fece volare in seno alla poesia/del suo compagno; / i ritmi
di passione / non furono sufficienti a ridestarlo / e lui restò inchiodato
nella sua pazzia” (da poesia n° XX).
Nell’ultima
sezione, Dieci poesie d’amore, il
poeta descrive gli stati d’animo provocati da questo sentimento, tema
affrontato dagli artisti di ogni epoca in tutte le sue sfumature; vi traspare
l’appagamento dei sensi, legato alla contemplazione della bellezza della natura
e della potenza creatrice. Ma Il motivo ricorrente è il sorriso, metonimia
dell’immagine petrarchesca della donna amata, quasi una divinità marina che con
la sua luce illumina la notte e il cui volto affiora per incanto: “Mi è passato
d’accanto il tuo sorriso / appoggiato alla spalla di un torrente / che lieve
scorreva verso il mare […] Vado spesso sul torrente / con la rete nelle mani, /sperando
di catturare altre immagini di te/ che in acqua te ne scorri indifferente / al mio bisogno di averti” (da Con
la rete da pesca).
Questi
versi testimoniano l’esigenza di un’unione inscindibile tra vita e scrittura, avvertita
come assolutamente necessaria, mentre il fiume, con lo scorrere dell’acqua, simbolo
di vita, si identifica come il luogo dove nasce la poesia; il poeta è disposto
a tutto per dissetarsi alla sua sorgente e perdersi nell’incantesimo dell’ispirazione:
“Ti prego, / avvisami quando passi da queste parti, / io sono pronto qui a
pescarti. / E magari / anche a tuffarmi nel fiume per affogare/ con la tua
bocca nel cuore” (Ibidem).
Gabriella Veschi
Nazario Pardini, Dagli scaffali della
biblioteca, pref. Marco Zelioli, Guido Miano Editore, Milano 2020, pp. 120,
isbn 978-88-31497-30-5; mianoposta@gmail.com.
Bellissima esegesi di Gabriella Veschi su un capolavoro di Nazario Pardini "Dagli scaffali della biblioteca", grande viaggio nella letteratura e nei sentimenti.
RispondiEliminaSplendidi "I ricordi che pungono", originalissima l' alternanza degli interventi dei vari Autori del passato e infine l'Amore, il pensiero costante rivolto a Delia, a colei che corre, libera e leggera come una farfalla, nei ricordi del Nostro.
Congratulazioni all'Autore e alla Relatrice
Un caro saluto
Loredana D'Alfonso