venerdì 21 maggio 2021

MARIA RIZZI LEGGE: "CALIGOLA A CASTANEA DELLE FURIE" DI MAURIZIO CINQUEGRANI


Maurizio Cinquegrani

CALIGOLA A CASTANEA DELLE FURIE 

Recensione di Maria Rizzi

 

Desidero precisare che il libro originale e illuminante del medico messinese Maurizio Cinquegrani, “Caligola a Castanea delle Furie”, edito da Guido Miano nel 2021, con prefazione e postfazione di Enzo Concardi, non è nelle corde della sottoscritta, in quanto strutturato in forma di testo teatrale, ma rapisce a livello concettuale e non ho potuto fare a meno di leggerlo e di provare a darne la mia lettura partecipata. Lo stesso Autore nella premessa tiene a precisare di essersi liberamente ispirato all’opera teatrale “Caligola” di Albert Camus, e di aver scelto di elaborare l’Opera collocandola ‘al tempo del Corona virus e della più grande area critica mediterranea d’Italia’, per dargli connotazioni moderne. Il testo è a disposizione di chiunque volesse metterlo in scena e rappresenta, quindi, anche un alto atto di altruismo. Nella lettura della sceneggiatura non si può prescindere dal fatto che sia stata concepita da un medico, ovvero da uno dei migliaia e migliaia di uomini, che hanno vissuto e stanno vivendo la pandemia in trincea.

Il critico Enzo Concardi, nella prefazione puntualizza quanto ‘le lezioni storiche del passato, non vengono mai apprese per cui si ripetono le stesse tragedie’. Sempre grazie a Concardi entro nella formazione culturale dell’Autore, che proviene dalla Magna Grecia e ha studiato i classici siciliani, che rappresentano punte di diamante della nostra cultura. In riferimento all’ispirazione del testo al “Caligola” di Camus, a me particolarmente caro, credo vada detto che le tematiche affrontate dall’algerino sembrano molto lontane da quelle prese in esame dal nostro Maurizio Cinquegrani, in quanto Egli tracciò una sorta di mappa del tesoro alla ricerca della felicità, ovvero volta al perseguimento di qualcosa per cui valesse davvero la pena vivere e morire. Com’era nella sua concezione dell’esistenza Camus accettava le conseguenze assurde, illogiche, folli di tale ricerca, pur di tentare la conquista. Caligola nel testo mirava a stringere la luna tra le mani, pur sapendo che era impossibile, allegoria tipica del teatro estremo, che trascendeva ogni ragionamento. Maurizio Cinquegrani scende sul piano di quello che si potrebbe definire realismo artistico, perché elabora l’Opera attribuendole connotati di veridicità che la rendono specchio della fase storica che attraversiamo.

Entrando nel vivo del testo, la scenografia è composta da un Prologo e da un unico atto teatrale. I protagonisti sono il Narratore composto, il Regista, i Cittadini, il Popolo e una Piazzetta a Castanea delle Furie, una frazione collinare vicino Messina. Caligola, alias Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico, si trova nella sua casa vacanze nella frazione messinese in un lasso di tempo che si snoda dal 41 d.C. sino al marzo 2020 d.C., periodo della pandemia. Il 15 marzo del 2020 nel Prologo, si concretizza come “la brace delle ceneri di un mondo che si credeva invincibile” e che “siamo rimasti in pochi a guardare”. Cinquegrani sulla scia di molti pensatori e filosofi dinanzi a tale visione auspica che, come Araba Fenice, da tanta distruzione possa risorgere un mondo diverso, “una democrazia nella quale nessuno possa più perdere la dignità dei sogni”. E pone la speranza ‘essere piumato’ per dirla con E. Dickinson, sulle anime di anziani e giovani, come pilastro del testo teatrale, che nel Prologo vede protagonisti il Narratore, il Popolo e i Cittadini. Ma al di là della fiamma che tiene vivi, l’Autore pone agli astanti le domande che attraversano come falene le menti di moltissimi di noi… Mi ha particolarmente colpita l’espressione del Coro, che rappresenta la risposta fondamentale: “Senza storia non c’è memoria”. Potrebbe sembrare una frase scontata, ma in realtà viviamo in un Paese che non ha un buon rapporto con il passato, tende ad andare avanti, ma le generazioni ignare delle radici sono di neoprimitivi.

Davvero intrigante il parallelismo tra le città e le figure del passato e l’era moderna, con similitudini, in apparenza azzardate, che colpiscono non poco, come l’asserzione del Narratore che “Lo sfruttamento e la violenza di donne e deboli sono un male atavico dell’essere umano che perviene intatto sino ai nostri giorni” . Rispetto a problemi di grande attualità, il Nostro affida al Narratore l’assunto che “Atene non era omofoba. Socrate, Platone e Aristotele avevano già affrontato e superato tali differenze, racchiuse nella figura mitologica degli Androgini, persone dotate di entrambe le componenti, maschile e femminile”. L’Atto I e la Scena I, che si svolgono in una bella villa collinare a Castanea delle Furie, ci presentano Caligola che discorre con un Senatore di argomenti moderni, come l’emigrazione, le guerre, ripercorrendo i famosi ‘corsi e ricorsi storici’ trattati dal nostro Giambattista Vico, che nel 1700 ebbe non pochi detrattori.

Senza scendere nel dettaglio dell’Opera che credo meriterebbe di essere messa in scena, non descritta, al fine di non cadere nel didascalico, Cinquegrani realizza con essa un’operazione didattica e quasi rivoluzionaria. Riesce infatti a rendere elastico il tempo e a dimostrare quanto i problemi di ogni genere tendano a ripresentarsi dopo millenni nella loro interezza, a volta addirittura amplificati. Nel leggere si pensa costantemente a quanto il tempo non risolva. Sembra di attraversare il nostro attimo terreno su una pellicola cinematografica dalla bobina ingannevole, che tende a riavvolgersi e srotolarsi di continuo, ripresentando gli stessi fotogrammi. D’altronde Maurizio Cinquegrani è artista di impegno civile, che tende a un’operazione non tanto diversa da quella che voleva attuare il velleitario Camus: indurre gli esseri umani a mutare il loro destino. In fondo l’Opera al quale il nostro coraggioso medico - storico messinese si è ispirato incarna l’eterna domanda di come può e deve porsi l’uomo di fronte al proprio ineluttabile destino mortale e alla consapevolezza degli aspetti assurdi della vita. Se nella sua dissertazione il trentenne algerino sceglieva l’azione con le sue sfaccettature paradossali, anche Cinquegrani non si arrende all’idea che l’uomo debba restare imbrigliato nelle verità acquisite, ma debba poter scegliere tra la contemplazione e l’azione. Non è detto che si possa sperare di vivere tutto potendo, ma di lottare contro il non potere tutto. L’Autore nel testo ‘divaga su eventi e personaggi a lui cari della Magna Grecia antica, classica’, come sottolinea sempre l’ottimo Concardi nella postfazione, ma mette a fuoco il mondo moderno e l’Italia in particolare, in tutta la sua decadenza: Affronta i problemi che ci investono: i danni provocati dai mezzi di informazione, l’assenza di lavoro, l’inclinazione all’uso dell’alcool e delle sostanze stupefacenti, la migrazione, la corruzione, l’esaltazione del dio denaro e molto altro. L’Opera si potrebbe definire una Sceneggiatura e un Manuale storico e sociale dell’uomo calato nella realtà del flagello della pandemia. Ho molto ammirato l’analisi accurata della situazione privata degli aspetti nichilisti, anzi animata da un forte ideale di cambiamento dello status quo. La Sceneggiatura induce a riflettere su quanto l’uomo rischi l’impoverimento, anzi l’annullamento divenendo il colpevole che assume il ruolo di vittima, come purtroppo è stato spesso allenato a fare. Assumersi le proprie responsabilità rappresenta il primo atto di forza e non adagiarsi sulla situazione, nonostante le difficoltà enormi e innegabili, rappresenta l’unica risposta che può dar senso all’eternità del nostro transito terreno. Siamo scintille, ma i fuochi nascono dalle scintille; siamo gocce, ma i corsi d’acqua nascono dai rivoli. Cinquegrani ha l’attitudine a prendere la misura della realtà e a non arrendersi. Non sale in cattedra. Non è nel suo stile, ma il messaggio viene veicolato di continuo e provoca fitte di dolore, sensi di colpa, impressione di inadeguatezza. Io l’ho provato. E ho pensato che un uomo della statura morale e civile di quest’Autore ha il dovere di scrivere e di trovare registi all’altezza dei suoi progetti. Il teatro deve indossare l’abito adatto alla società reale, non riprodurre modelli antichi, che ci ricordino quanto si sia sempre imparato a vivere all’ombra delle tragedie, ma non facciano nulla per abbassare il velo di Maya e mettere in luce la tragedia di oggi, che sarà triste eredità dei figli e dei nipoti.

Maria Rizzi

 

 

 

Maurizio Cinquegrani, Caligola a Castanea delle Furie, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 56, isbn 978-88-31497-46-6; mianoposta@gmail.com.

 

 

 

4 commenti:

  1. Cara Maria, sono sempre più ammirata della tua capacità di scrivere di tutto e della tua enorme produzione. Uguagli soltanto il nostro grande Nocchiero. Complimenti!
    Carla Baroni

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    1. Carla, ma cosa dici mai! Io sono una passionaria, vado a fior di cuore. Sull'Isola ho l'onore di incontrare veri Poeti, come te, Saggisti e Critici Letterari. Non miro a uguagliarli, vivo delle mie letture partecipate. Maurizio Cinquegrani ha avuto intuizioni brillantissime in questo testo. Grazie di cuore, amica mia! Ti stringo.

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  2. Gent.ma dott.ssa Maria Rizzi,

    Le scrivo per ringraziarla delle bellissime parole spese per commentare la tragedia del nostro tempo che ho cercato di rappresentare nel ‘CALIGOLA A Castanea delle Furie’.

    Il Suo raccontarmi è stato come se Lei avesse preso il mio posto, emozionandosi, indignandosi e rivivendo in questa trappola anulare del tempo, la tragedia della Grande Pandemia da COVID-19, che sarebbe stata evitabile da chi è in grado di andare su Marte, ma è stato al tempo stesso incapace di percepire i legami spirituali dell’essere umano con la terra che l’ha accolto, racchiusi nella storia dell’uomo.

    E’ per questo che Lei/io ci siamo rialzati, chiamati a esser di nuovo presenti, nel dovere del ricordo e nel rispetto del futuro.

    Non posso aggiungere altro a chi ha speso tanto del suo tempo per raccontare a sua volta questa infinita vita. Lei dott.ssa Maria mi ha fatto un gran dono, ha fatto sua ciò che io ho solo descritto: la Storia.



    Cordiali saluti.
    Maurizio Cinquegrani.

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  3. Mio caro dottor Cinquegrani,
    sono io a ringraziare lei per queste parole di altissimo valore. Lei ha fatto la Storia, io l'ho letta appassionatamente, ammirando l'uomo, il medico, lo storico impegnato nel sociale e, me lo permetta,
    l'utopista. Lei mantiene il coraggio dei sogni e, le garantisco che il suo testo ne è permeato. Spero possa trovare registi valenti che mettano in scena un'Opera tanto importante. La saluto con ammirazione e,
    con affetto.

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