Maurizio Cinquegrani
CALIGOLA A CASTANEA DELLE FURIE
Recensione di Maria Rizzi
Desidero
precisare che il libro originale e illuminante del medico messinese Maurizio
Cinquegrani, “Caligola a Castanea delle Furie”, edito da Guido
Miano nel 2021, con prefazione e postfazione di Enzo Concardi, non è nelle corde
della sottoscritta, in quanto strutturato in forma di testo teatrale, ma
rapisce a livello concettuale e non ho potuto fare a meno di leggerlo e di
provare a darne la mia lettura partecipata. Lo stesso Autore nella premessa
tiene a precisare di essersi liberamente ispirato all’opera teatrale “Caligola”
di Albert
Camus, e di aver scelto di elaborare l’Opera collocandola ‘al tempo
del Corona virus e della più grande area critica mediterranea d’Italia’, per
dargli connotazioni moderne. Il testo è a disposizione di chiunque volesse
metterlo in scena e rappresenta, quindi, anche un alto atto di altruismo. Nella
lettura della sceneggiatura non si può prescindere dal fatto che sia stata
concepita da un medico, ovvero da uno dei migliaia e migliaia di uomini, che
hanno vissuto e stanno vivendo la pandemia in trincea.
Il
critico Enzo Concardi, nella prefazione puntualizza quanto ‘le lezioni storiche
del passato, non vengono mai apprese per cui si ripetono le stesse tragedie’.
Sempre grazie a Concardi entro nella formazione culturale dell’Autore, che
proviene dalla Magna Grecia e ha studiato i classici siciliani, che
rappresentano punte di diamante della nostra cultura. In riferimento
all’ispirazione del testo al “Caligola” di Camus, a me particolarmente caro,
credo vada detto che le tematiche affrontate dall’algerino sembrano molto
lontane da quelle prese in esame dal nostro Maurizio Cinquegrani, in quanto
Egli tracciò una sorta di mappa del tesoro alla ricerca della felicità, ovvero volta
al perseguimento di qualcosa per cui valesse davvero la pena vivere e morire.
Com’era nella sua concezione dell’esistenza Camus accettava le conseguenze
assurde, illogiche, folli di tale ricerca, pur di tentare la conquista. Caligola
nel testo mirava a stringere la luna tra le mani, pur sapendo che era
impossibile, allegoria tipica del teatro estremo, che trascendeva ogni
ragionamento. Maurizio Cinquegrani scende sul piano di quello che si potrebbe
definire realismo artistico, perché elabora l’Opera attribuendole connotati di
veridicità che la rendono specchio della fase storica che attraversiamo.
Entrando
nel vivo del testo, la scenografia è composta da un Prologo e da un unico atto
teatrale. I protagonisti sono il Narratore composto, il Regista, i Cittadini,
il Popolo e una Piazzetta a Castanea delle Furie, una frazione collinare vicino
Messina. Caligola, alias Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico, si trova nella
sua casa vacanze nella frazione messinese in un lasso di tempo che si snoda dal
41 d.C. sino al marzo 2020 d.C., periodo della pandemia. Il 15 marzo del 2020
nel Prologo, si concretizza come “la
brace delle ceneri di un mondo che si credeva invincibile” e che “siamo rimasti in pochi a guardare”.
Cinquegrani sulla scia di molti pensatori e filosofi dinanzi a tale visione
auspica che, come Araba Fenice, da tanta distruzione possa risorgere un mondo
diverso, “una democrazia nella quale
nessuno possa più perdere la dignità dei sogni”. E pone la speranza ‘essere
piumato’ per dirla con E. Dickinson, sulle anime di anziani e giovani, come
pilastro del testo teatrale, che nel Prologo vede protagonisti il Narratore, il
Popolo e i Cittadini. Ma al di là della fiamma che tiene vivi, l’Autore pone
agli astanti le domande che attraversano come falene le menti di moltissimi di
noi… Mi ha particolarmente colpita l’espressione del Coro, che rappresenta la risposta
fondamentale: “Senza storia non c’è
memoria”. Potrebbe sembrare una frase scontata, ma in realtà viviamo in un
Paese che non ha un buon rapporto con il passato, tende ad andare avanti, ma le
generazioni ignare delle radici sono di neoprimitivi.
Davvero
intrigante il parallelismo tra le città e le figure del passato e l’era
moderna, con similitudini, in apparenza azzardate, che colpiscono non poco,
come l’asserzione del Narratore che “Lo
sfruttamento e la violenza di donne e deboli sono un male atavico dell’essere
umano che perviene intatto sino ai nostri giorni” . Rispetto a problemi di
grande attualità, il Nostro affida al Narratore l’assunto che “Atene non era omofoba. Socrate, Platone e
Aristotele avevano già affrontato e superato tali differenze, racchiuse nella
figura mitologica degli Androgini, persone dotate di entrambe le componenti,
maschile e femminile”. L’Atto I e
Senza
scendere nel dettaglio dell’Opera che credo meriterebbe di essere messa in
scena, non descritta, al fine di non cadere nel didascalico, Cinquegrani
realizza con essa un’operazione didattica e quasi rivoluzionaria. Riesce
infatti a rendere elastico il tempo e a dimostrare quanto i problemi di ogni
genere tendano a ripresentarsi dopo millenni nella loro interezza, a volta
addirittura amplificati. Nel leggere si pensa costantemente a quanto il tempo non
risolva. Sembra di attraversare il nostro attimo terreno su una pellicola
cinematografica dalla bobina ingannevole, che tende a riavvolgersi e srotolarsi
di continuo, ripresentando gli stessi fotogrammi. D’altronde Maurizio
Cinquegrani è artista di impegno civile, che tende a un’operazione non tanto
diversa da quella che voleva attuare il velleitario Camus: indurre gli esseri
umani a mutare il loro destino. In fondo l’Opera al quale il nostro coraggioso
medico - storico messinese si è ispirato incarna l’eterna domanda di come può e
deve porsi l’uomo di fronte al proprio ineluttabile destino mortale e alla
consapevolezza degli aspetti assurdi della vita. Se nella sua dissertazione il
trentenne algerino sceglieva l’azione con le sue sfaccettature paradossali,
anche Cinquegrani non si arrende all’idea che l’uomo debba restare imbrigliato
nelle verità acquisite, ma debba poter scegliere tra la contemplazione e
l’azione. Non è detto che si possa sperare di vivere tutto potendo, ma di
lottare contro il non potere tutto. L’Autore nel testo ‘divaga su eventi e
personaggi a lui cari della Magna Grecia antica, classica’, come sottolinea
sempre l’ottimo Concardi nella postfazione, ma mette a fuoco il mondo moderno e
l’Italia in particolare, in tutta la sua decadenza: Affronta i problemi che ci
investono: i danni provocati dai mezzi di informazione, l’assenza di lavoro, l’inclinazione
all’uso dell’alcool e delle sostanze stupefacenti, la migrazione, la
corruzione, l’esaltazione del dio denaro e molto altro. L’Opera si potrebbe
definire una Sceneggiatura e un Manuale storico e sociale dell’uomo calato
nella realtà del flagello della pandemia. Ho molto ammirato l’analisi accurata
della situazione privata degli aspetti nichilisti, anzi animata da un forte
ideale di cambiamento dello status quo.
Maria Rizzi
Maurizio Cinquegrani, Caligola a Castanea delle Furie,
prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 56, isbn
978-88-31497-46-6; mianoposta@gmail.com.
Cara Maria, sono sempre più ammirata della tua capacità di scrivere di tutto e della tua enorme produzione. Uguagli soltanto il nostro grande Nocchiero. Complimenti!
RispondiEliminaCarla Baroni
Carla, ma cosa dici mai! Io sono una passionaria, vado a fior di cuore. Sull'Isola ho l'onore di incontrare veri Poeti, come te, Saggisti e Critici Letterari. Non miro a uguagliarli, vivo delle mie letture partecipate. Maurizio Cinquegrani ha avuto intuizioni brillantissime in questo testo. Grazie di cuore, amica mia! Ti stringo.
EliminaGent.ma dott.ssa Maria Rizzi,
RispondiEliminaLe scrivo per ringraziarla delle bellissime parole spese per commentare la tragedia del nostro tempo che ho cercato di rappresentare nel ‘CALIGOLA A Castanea delle Furie’.
Il Suo raccontarmi è stato come se Lei avesse preso il mio posto, emozionandosi, indignandosi e rivivendo in questa trappola anulare del tempo, la tragedia della Grande Pandemia da COVID-19, che sarebbe stata evitabile da chi è in grado di andare su Marte, ma è stato al tempo stesso incapace di percepire i legami spirituali dell’essere umano con la terra che l’ha accolto, racchiusi nella storia dell’uomo.
E’ per questo che Lei/io ci siamo rialzati, chiamati a esser di nuovo presenti, nel dovere del ricordo e nel rispetto del futuro.
Non posso aggiungere altro a chi ha speso tanto del suo tempo per raccontare a sua volta questa infinita vita. Lei dott.ssa Maria mi ha fatto un gran dono, ha fatto sua ciò che io ho solo descritto: la Storia.
Cordiali saluti.
Maurizio Cinquegrani.
Mio caro dottor Cinquegrani,
RispondiEliminasono io a ringraziare lei per queste parole di altissimo valore. Lei ha fatto la Storia, io l'ho letta appassionatamente, ammirando l'uomo, il medico, lo storico impegnato nel sociale e, me lo permetta,
l'utopista. Lei mantiene il coraggio dei sogni e, le garantisco che il suo testo ne è permeato. Spero possa trovare registi valenti che mettano in scena un'Opera tanto importante. La saluto con ammirazione e,
con affetto.