Marco Dei Ferrari, collaboratore di Lèucade |
PRIMA STESURA (da approfondirsi)
LA SPIRITUALITA' OGGETTUALE
A) L'umanizzazione primaria
Protagonista, in primo, l'oggetto
reso autonomo dall'umanizzazione ricevuta in un processo evolutivo complesso e
articolato nelle più varie finalizzazioni esperite storicamente.
L'umanizzazione non è un percorso
lineare: l'oggetto acquista la propria individualità automatizzata emergendo
dalla massificazione originaria condotta dall'artifex umano con i più vari
strumenti (dal materico al digitale) disponibili tra fasi progressive e
regressive.
Così sintetizzato il fenomeno
situazionato parrebbe inesplicabile ed azzardato, ma la c.d. realtà (flusso
energetico) che non afferriamo mai nella sua essenzialità genetico-costitutiva,
ci offre esempi concreti di tale dimensione intrinseca per ogni eccellenza
oggettivata.
Ciascun prodotto oggettuale,
forgiato dall'intelligenza creativo/produttiva dell'essere, vive una propria
naturale/artificiale "presenzialità" (nasce, si genera o rigenera, si
attiva, muore...) che il conduttore/essere umano "cadenza" temporalmente
regolandone fasi e crescite o decrescite.
Non esistono oggettualità
dipendenti (subordinate) in quanto la creazione dura spazi minimali e si
concretizza rapidamente cristallizzandosi in "forme" caleidoscopiche
totali.
La "totalità" formale è
concetto essenziale per alimentare la diffusione tecno-mediatico-commerciale
dell'oggettuale (in oggi affidata alle piattaforme digitali e all'I.A. in
prevalenza come dimostrano le nanotecnologie, le macchine molecolari, i visori
di realtà virtuale, le biostampanti, i batteri sintetici, gli organismi
geneticamente editati, le connessioni dei cervelli nel web – ossia la più
grande sperimentazione globale dell'agire umano mai effettuata...).
Il procedimento avanzando a grande
velocità diffusiva per ogni dove smantella (o revisiona fortemente) le vecchie
presunte "verità" ontologico/scientifiche teorizzate già dai più
grandi filosofi greci, dai richiami biblico-ebraici, dai teorici cristiani e
arabi, dalla grandiosa riflessione kantiana, dall'idealismo hegeliano, dal materialismo
marxsista e dalle più recenti filosofie esistenzialistiche-logico-matematiche e
linguistiche (da Husserl a Heidegger e Sartre, da Carnap alla teoria analitica;
dallo strutturalismo a Popper; dal postmoderno di Lyotard al postmetafisico di
Derrida e Deleuze; dall'ermeneutica contemporanea di Gadamer e Rorty all'etica
di Apel, Habermas...).
B) La “dialettica” delle cose.
La "distanza" oggettuale
non era prevista in allora in quanto era inconcepibile pensare che un oggetto
inanimato potesse autonomizzarsi dalla reificazione assunta nelle più varie
esplicazioni socio-esistenziali.
Con l'Umanesimo (flusso
storico di elitistiche energie creative) le distanze si ridussero
progressivamente fino all'identificazione parallela soggetto-oggetto: il
secondo passo ovvero flussività-onnicomprensiva si compiva poi nella
"dialettica" (già preconizzata e intuita dai greci) che trovava in
Hegel l'esponente teorico massimale.
Con la "dialettica"
sviluppata ulteriormente nel secolo XX (al di là della "storia"
politico-economica), le radicalità della diversità soggettivo-oggettuale
tendono sempre più a ricomporsi nella sintesi dell'indistinto che affronta la
"rivoluzione digitale" e tenta di contenerne la prevaricante forza
dirompente ed alienante in tutte le proiezioni razionali e irrazionali
concepibili.
Tale virulenza di penetrazione
tecno nell'umano e non solo, sembrerebbe prevalente e condizionante oltre ogni
immaginario percepibile.
In effetti si assiste ad un
quotidiano progressivo inserimento tecnologico-robotico-digitale-informatico
per ogni tempistica creativa immaginabile.
L'oggetto ne risulterebbe, a prima
riflessione, fagocitato, irretito, annullato: ma è proprio vero? Ne siamo
certi?
C) L'oggettualità
"nuova" (il digitale)
Andiamo
con ordine.
Il riposizionamento della
virtualità digitale affronta la contemporaneità avvalendosi di tecnologie di
ricerca avanzata che relegano l'oggettualità in passiva presenza ovvero in
"assenza" distanziata e ragionata dal "reale" flusso
costitutivo della rete.
Il digitale, "dominus" del
nostro tempo, rifiuta dunque la matericità oggettuale e la trasforma in
potenziale espressività “virtuale” di immagine svuotandone ogni significato.
Tale intento trova comunque un
ostacolo insormontabile nell'effimero dei risultati effettuali che sono costretti
a rivedere in tempi brevissimi metodi e forme progettualizzate allo scopo.
La rapidità confligge con la
sostenibilità dell'oggetto/qualità materica e si consuma in autoreferenzialità
pubblicitaria/comunicante; ne risulta una falsa immagine di neorealismo
creativo dove il presunto "oggetto" è uno spazio vuoto, privo di
qualsiasi connessione con gli eventuali "artifex" ipotizzabili nel
contesto digitalizzato operante.
Si conferma quindi che senza
l'umanizzazione creativa dell'oggettualità vincolata all'artefice umano, non è
possibile concepire "unità" parallele dialettiche che si sintetizzino
nella nuova realtà informatica.
E' un situale "svuotato"
e paradossalmente isolato dall'autentico fluire ontologico della progressione
vitalistica di attività naturali-umane teorizzate da tutta la storia della
filosofia.
Ovviamente la digitalizzazione nel
suo procedere ha tentato di sperimentare partecipazioni ingegnose e complesse
nei settori artistico creativi (musica - arti figurative - processi produttivi
di base, ecc.), ma senza lusinghieri effettivi di risposta.
Il problema è sempre lo stesso
complesso ontologico-estetico-materico che solo nell'“unità totale” può
esprimere le proprie potenzialità di attiva partecipazione all'autonomia
identitaria prescelta.
L'oggettualità nel sistema
“digitale” soffre di subordinazione pubblicistica confusa con l'arte
sperimentale dell'informatico: tutto il circuito del possibile significarsi si
capovolge nel distanziare il materico dall'analitico formale con la conseguenza
evidente di frantumare l'io totale che esiste sia nel soggettivo che
nell'oggettivo del creativo.
L'essere non è mai stato così separato
in sé; l'unità non è mai stata così in pericolo (nonostante Benjamin; Carnap;
Husserl; Heidegger...).
La metamorfosi oggettuale così
separata diviene “antropologia evolutiva” con un consistente percorso parallelo
tra soggetto e oggetto che esaurisce l'umanizzazione ovunque la si voglia
individuare e ne penalizza le presenze operative.
La verità è che l'oggettualità
risulta molto più articolata e complessa di quanto si immagini, in particolare
nello spazio estetico/progettuale che sottende ogni forma sostanziata di
“creatività totalizzante”.
L'oggettualità è musicalità, arte
espressivo-figurativa, prodotto/utilizzo a fini socio-economici di base,
strumento di percettività spaziale a proiezione futuristica, presenza di
“flusso” cosciente di realizzazione dell'in-sè per il compimento dell'essere
unitario, ricerca/modello applicata alla scientificità micro/macro, eccetera.
È necessario ragionare ora su tale
complessità che complica l'umanizzazione, accoglie parzialmente il digitale,
memorizza le strutture naturali di fondo e contribuisce all'evoluzione cosmica
della piattaforma planetaria terrestre.
D) Dalla complessità alla
spiritualità nell' “essere” unitario.
La “complessità” dell'oggetto
(comunque lo si identifichi) dunque comporta alcune riflessioni derivate che
contribuiscono a precisare l'ambito operativo/applicazionale/direzionale.
Importante sottolineare come la
“musicalità” sia componente ineludibile della fattualità oggettuale e ne
indirizzi il progetto riferendosi alle varie teorie dell'origine dalla
“biologica” alla “adattiva”, dalla “psicologica” al “ritmo/ritualizzato”.
L'estetica oggettuale non può
prescindere dalla musicalità, ne può ritenersi incompatibile con la artisticità
proiettiva del figurato che il digitale artificiosamente tenta recuperare e
riposizionare.
Tali pertinenze compositive si
aggiungono alla matericità del prodotto (sempre autonomo) usato a finalità
tecnico-commerciali che il digitale costantemente pervade con l'ovvio
snaturamento del primario approccio storico autonomistico.
In effetti il digitale nella sua
potente attività di assorbenza, trascurando/ignora il flusso coscienziale che
l'in-sè dell'artifex/creativo trasmette al creato/oggettuale, privilegiando
l'artificio tecnologico dilagante su piattaforme, social, applicazioni
conseguenti o innate di varia formalità anche antropologicamente adattabili e
coevolutive (ologrammi, avatar...).
Il “flusso coscienziale”
particolarmente complessificato rischia di sfuggire ad una prima semplificata
osservazione/analitica dell'oggettualità, ma approfondendo si può pervenire ad
un sorprendente contenuto interiorizzato della stessa oggettualità resa
autonoma ed umanizzata nel suo percorso storico-ontologico.
L'oggetto vive, reagisce, rivendica
la propria autonomia operativa, si ribella agli usi sconsiderati e abusi e
confligge con le situazioni limite fino a conseguenze di estrema gravità
ipotizzabile.
L'effetto della “divisione”
apportata dal digitale, è devastante, al di là di ogni apparenza tutto è
possibile sulla piattaforma, ma senza l'unitarietà soggettivo/oggettuale, il
risultato sarà vanificato nella profondità dell'ontologia applicabile e
presente.
Ovvero, senza una considerazione
effettiva della “spiritualità” oggettivata non è possibile comprendere dove
l'umano artifex intenda approdare e come potrebbe affrontare le grandi sfide
anche extraterrestri di un futuro prossimo venturo.
Che cosa intendiamo per
“spiritualità oggettuale”?
Normalmente l'anima si ritiene
parte vitale di un essere vivente, ma questa interpretazione (sinonimo di
“spirito”) è riduttiva, al di là delle concezioni metafisiche e religiose
storiche a supporto (“psyche” per i greci antichi; per gli Egizi
l'essenza spirituale dell'uomo si incardina su 3 elementi soprannaturali:
l'akh, il ba, il ka: il Mitraismo iranico indica una via per la salvezza
dell'anima; lo Zoroastrismo teorizza l'idea dell'anima, nella Bibbia ebraica vi
sono più termini collegati al concetto di anima...)
Non è solo l' “essere” vivente
distinto dalla fisicità ad essere spiritualizzato, ma è la matericità totale
partecipata nell' “essere” a manifestare una sostanziale unità spirituale (non
“animistica” comunque) che connette soggetto ed oggettualità.
I motivi per una matericità
spiritualizzata sono molteplici e si distendono oltre le concezioni
filosofico-religiose che hanno caratterizzato le varie fasi storiche della
ricerca umana applicata dalla scienza all'anima.
L'applicazione del “soffio” vitale
al corpo nella sua interiorità manifestata non contempla infatti l'aspetto “umanizzante”
e produttivo del rapporto con l'oggetualità creata/creatrice autonomizzata e
non corrisponde alla asserita “unità totale” dell' “essere” negli esseri
(viventi e non solo), fondativa della dialettica della matericità.
L'unità è spiritualità coscienziale
anche nascosta o invisibile, ma effettivamente operativa in ogni esperienza
vitale animata o apparentemente inanimata e derivata che si voglia ritenere
tale.
La consuetudine al ragionamento
“bloccato” dalla storia filosofica e religiosa di molteplici teorie e dottrine
impedisce l'osservazione ulteriore di una profondità, condizionata
dall'apparenza, per una “realtà” in sé anche indeterminabile in quanto
esclusivo flusso di energie percepibili ma invisibili se non in laboratori e
centri di ricerca altamente specializzati.
Di qui si rileva la “distanza”
digitale (come sopra cennato) tra soggettiva ed oggettiva creatività parallela
che la dialettica non potrebbe risolvere riunificandosi semplicemente.
La “distanza” parallela può solo
unificarsi nell'identificazione dei flussi di energie creative che si
riconducono alla unicità (dell' in sé per il sé) dell' “essere”/artifex
assoluto in “presenza” visibile/invisibile, animata/inanimata,
fluttuante/solidificata nelle sue più variabili metamorfosi soggettivo-oggettuali.
Anche l'artifex-umano ovviamente
subisce le metamorfosi risultanti dalla “distanza” forzata dal digitale, ma
conserva la propria priorità d'azione/reazione e può difendere (se in grado)
l'individualità coestesa all'oggettualità costituita dai flussi energetici
applicati.
Nella società dell'apparenza
(media, moda, spettacolo, ecc.) la trasformazione sembrerebbe prevalere, ma
nella valutazione di profondità globale dell'essere il processo metamorfico
risulta solo “diffusione energetica anomala” senza indirizzo specifico,
pertanto suscettiva di correzioni progressive che l'evoluzione della “società
umana” si incarica di eseguire nella logica totale dell'Essere supremo/spirito
onnicomprensivo.
Marco
dei Ferrari
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