La nota
dolce della
lavanda
E' rimasta
la lavanda
a presidiare
i capannoni
di cemento,
ad addolcire
i silenzi
delle macchine
e tutto
ciò che
sapeva di
sudore,
fatica in
questa piana
abbandonata.
Blu cielo,
mescolata al
sorriso dei
papaveri,
alla mestizia
delle presse
dismesse,
al cumulo
delle cose
accese, spente,
lavorate tutti
i giorni
e poi
buttate là
nel macero
dei sogni.
L'hanno lasciata
vivere qua
come al
nord delle
industrie fallite,
al sud
dei fabbricati
fantasma
nella danza
del vento
tra i rottami
e la
voce finita degli operai;
ultima nota
dolce tra
le amare risposte
nella persa
meraviglia
dei giorni,
del domani,
della famiglia.
E inutilmente
accende il verde
delle piane mattutine,
ricami rosa viola
nella sera
tra striscioni
e bandiere
come se
i giorni
avessero sempre
il cuore
caldo delle torri
fumarie,
l'urlo delle
sirene, l'azzurro
dei sogni.
A volte
si curva
nell'assedio delle
api,
altre si
tende al
coro delle
cicale,
si confonde nella voce
dei megafoni.
Esulta come
se ancora
volesse profumare una vita svanita
nel nulla
dei progetti,
in una
quiete
di pareti morte
e trasparenti
ragnatele.
La lavanda, pianta dimessa e comune, antica e familiare, intride con la sua presenza e il suo profumo questi pregevoli versi di Carmelo Consoli e ne costituisce il nucleo poetico che, con incalzanti metafore, si dirama nelle strade della vita, negli accadimenti, nei luoghi, nelle tristezze e nelle sconfitte. Eppure, in questo testo, cosparso di significativi richiami fonici e connotato da dolcezza verbale, la lavanda -leopardianamente- "esulta" (lat. exsultat), con dilatata semantica, come se volesse indicare, all'uomo perso tra i suoi problemi, la strada della salvezza.
RispondiEliminaPasquale Balestriere