GUIDO
MIANO EDITORE
NOVITÀ
EDITORIALE
È uscito il
libro di poesie:
MOMENTI di MARCO ZELIOLI
con prefazione di Floriano Romboli
Mi pare che una prima
caratteristica di questa raccolta di versi di Marco Zelioli sia l’interessante
varietà, oltre che di motivi - “pensieri d’ogni genere” -, di registri
stilistico-espressivi, di soluzioni formali e discorsive.
Al tratto critico-assertivo, che
è proprio della prima sezione intitolata Per
quel che mi concerne (pensieri d’ogni genere) («…Uno si è barattato col
terrore / e torna a casa come un vincitore, / ma chi ha versato il sangue non
ritorna / ed è dimenticato troppo presto. / Così
spesso va il mondo, caro amico…», Parallelismi
sghembi, corsivo nel testo; «…Non è da fuori, ma dal suo profondo / minato
affranto addolorato cuore / e pur capace di donare amore / se dallo slancio a
Dio si fa guidare / anteponendo al proprio l’altrui bene. // La guerra da
vincere è nel cuore», Guerra e pace),
succede nell’Intermezzo la briosa,
accattivante spigliatezza narrativa dell’Ode
al ladro di bicicletta («Andavo un po’ per caso per via Rubens / cercando
un bar per prendere un caffè / come a metà mattina faccio spesso. / Ero da
quelle parti a accompagnare / una persona amica all’ospedale / che trovi in via
Antonello da Messina. / Io camminavo lungo il marciapiede…»), comprensiva
peraltro di note di accurata descrizione: «…Guardo la sella bella cicciottella
/ (in tutto uguale ad una che comprai / nel negozio di sport di via Arona), /
ed il manubrio con quelle due manopole / di plastica, in stile ‘finto marmo’ /
che usava nelle bici un po’ vecchiotte…».
Nella seconda sezione, Strade compiute, prevalgono invece la
pacata elegia commemorativa, l’intenso raccoglimento sentimentale insiti nel
ricordo accorato di chi non è più, cui subentra - parte conclusiva di un assetto strutturale sapientemente
disposto - un’Appendice, più abbandonata
e spiritosa, aperta all’arguzia divertita («“Ed ecco che alla fine tutto
calza” / - si disse soddisfatta Cenerentola», Lieto fine) e al delizioso calembour
auto-ironico: «Io sono una persona semiseria. / Infatti, con gli anni che ho, /
della serietà mi è rimasta solo l’età» (Quattro
aforismi).
La ricchezza tematica e le
diversità tonali, che si riscontrano nei testi dell’autore, rinviano nondimeno
a una concezione della realtà storico-umana unitaria e coerente, organicamente
definita intorno a precise idee-valore, sempre sostenuta da solide convinzioni
intellettuali-morali. Ne sono componenti fondamentali una viva coscienza
problematica e quindi l’acuto avvertimento dell’inevitabile, costituzionale
contraddittorietà dell’ordine delle cose: «C’è
gente che si uccide per paura / (dimmi se questo ha senso!) di morire: / pur di
affermar se stesso si distrugge…» (Controsensi);
«E oggi come allora / la libertà che muore. / Nel nostro cuore il ghiaccio /
col fuoco della rabbia / s’è sciolto solo un attimo: / il tempo di una lacrima
/ che torna presto in gelo. / Noi fummo solidali…» (Danzica ’81); «Credevo di riuscire a farne a meno / e invece sono
qui che scrivo ancora / del giorno che ha sconvolto il nostro mondo, //
quell’undici settembre ormai lontano /
ma ancora presentissimo nel cuore…» (Anniversario N°20).
L’intento dei miei corsivi
nell’ultima citazione è porre in risalto la correlazione antitetica significativa, poiché, stante la vision du monde del poeta alla quale appena sopra si è fatto cenno,
la figura dell’antitesi rappresenta
il primario spunto formalizzante, l’indubbia sollecitazione aggregativa e
strutturante il molteplice materiale etico-sentimentale accolto e
conseguentemente rielaborato dalla sua sensibilità artistica e creativa. Tale
modalità retoricamente ordinativa si esplica nell’intimo del tessuto verbale,
orientando, con palese funzione unificante, i procedimenti linguistici dello
scrittore milanese: «…Non dico di
restare indifferente / ma un interrogativo non mi lascia…» (Pietra d’inciampo, corsivi miei, come
sempre in seguito); «…Probabilmente il costo del sapere / oggi non è metafora, ma soldo / che serve a comperare le risposte / a un desiderio senza
più vigore. / E forse cresce una generazione / che lungi dall’amar, cova rancore / verso chi li richiama ad
impegnarsi / perché il sapere sia vera conquista / e non solo ripetere le cose…» (Amara
scuola mia… amara e bella); «Tesoro non
da chiuder sotto chiave, / perché l’abbiamo ricevuto in dono / e dono agli
altri ne possiamo fare, / ma da
portare a tutti e condividere / come perenne pegno della pace» (Pentecoste); «…Se no
restate almeno un po’ in silenzio / a contemplare quel che la natura, / e non un sentimento ballerino / ci ha
messo come marchio nella carne…» (Maschio
e femmina li creò); «Il tempo non cancella
ma lenisce / il dolore allorquando ci
ferisce / (…) / Ma nulla passa senza
avere un senso: / non uno sguardo, non un sentimento…» (In morte del fratello dell’amica Claudia);
«…È una questione che riguarda tutti / ma
certi non la prendono sul serio /
perdendone memoria giorno a giorno. // Eppure
nel tenerla sempre a mente / s’illumina la vita in ogni istante; // se no tutto soccombe al puro istinto» (Il senso della vita).
Tuttavia nella ricerca poetica
di Zelioli la “situazione” spirituale dell’uomo non appare bloccata
nell’esperienza penosa di dualità insuperabili, statiche e paralizzanti. Il
fattore fideistico-religioso, il fermo richiamo a Dio, al suo amore per noi
tutti, al piano da Lui concepito per la salvezza di ogni creatura si rivelano
una preziosa e decisiva istanza catartica e finalizzante il quotidiano,
difficile “cammino del vivere”; e la dichiarazione dell’autore risulta al
proposito inequivoca: «Che senso ha la vita a questo mondo? // In Te riposa
l’eterna domanda / dell’uomo e trova risposta compiuta» (L’eterna domanda).
La consapevolezza della presenza
attiva della Divinità, la certezza cristiana dell’efficacia illuminante e
corroborante di un progetto di Redenzione che indefettibilmente si rinnova
costituiscono il sostegno irrinunciabile di ogni virtù («In cielo, non in terra
è il nostro posto. // Se ci troviamo in queste condizioni / è solamente per
esercitarci, / guidati dallo Spirito di Dio, / ammaestrati dalla sua sapienza,
// a camminare sulla giusta strada / a luce più splendente preparandoci //
prima di transitare nell’eterno», Non
omologati), secondo quello che lo scrittore rivendica nel dialogo ideale
con un’auctoritas prestigiosa della
poesia contemporanea quale Eugenio Montale: «È vero, Eugenio, non ci devon
chiedere / la parola che squadri da ogni
lato: / non abbiamo né forza né sapienza / per poter dire una parola vera.
/ (…) / A noi non è richiesto che seguire / per quel che umilmente ci è
possibile / un dono agli umani inaccessibile: // quell’unica Parola che ci
salva / che non è nostra e che non ripete / ciò
che non siamo, ciò che non vogliamo / ma ci introduce al senso del Destino»
(Colloquio immaginario con Eugenio
Montale, corsivi nel testo).
Nella seconda sezione della
silloge, dedicata, lo si osservava in precedenza, al ricordo reverente e
affettuoso di care persone defunte - e perciò incentrata sulla riflessione
impegnativa riguardo al rapporto, ancora antitetico,
fra la vita e la morte, fra il tempo terreno e l’eternità, e specificamente
sulla giustificazione e sull’inveramento della prima dimensione alla luce della
seconda -, mi è sembrata degna di attenzione particolare la lirica offerta alla
memoria della consuocera: «Contemplare il silenzio della morte / non è
esercizio facile ai viventi / sempre in ricerca di parole nuove / che riempiano
di senso l’esistenza. // Per te è giunto molto presto il tempo / di lasciare il
disordine del mondo. // Ma ogni cosa, adesso,
è al posto giusto» (A Elisabetta,
corsivo mio, come successivamente). Se sulla terra i conti non tornano mai, a
causa della visuale angusta e limitata connessa alla parzialità sviante delle
contingenze storiche, nonché all’implacabile antagonismo degli interessi
contrapposti, nella contemplazione finale di Dio i contrasti si placano, ogni
tensione viene meno e tutto “va a posto”; lo attesta altresì un grande
scrittore italiano a me caro, Antonio Fogazzaro, il quale, nella pagina
conclusiva del suo primo romanzo, Malombra
(1881), con rara incisività descrive il radicale mutamento intervenuto post mortem nella prospettiva interiore
del protagonista Corrado Silla: «Sulla faccia opposta di tante cose che
guardate da questo nostro lato della morte gli eran parse iniquamente oscure, ammirava un ordinato disegno, una luce
di bontà e di sapienza».
Il
linguaggio delle poesie di Momenti è
contraddistinto da essenzialità e felice scorrevolezza, da medietà lessicale e
da un’agilità e da una linearità sintattiche indicative dell’inclinazione
metodica alle misure espressive garbatamente prosastico-colloquiali: «…Sette
gli anni vissuti con te nonno, / abbastanza per ricordarmi bene / quando al
parco Sempione mi portavi / e mi prendevi l’“esse” per merenda, / e dopo,
ritornati a casa tua, / m’insegnavi a cucire i vestitini / per il piccolo
orsetto di peluche / e mi chiedevi
d’infilare gli aghi / che avresti usato per lavoro, / tu ch’eri sarto, umile ma
bravo…» (I due nonni che ho conosciuto).
Questo
tratto peculiare non deve in ogni modo essere scambiato per trascuratezza o per
superficialità compositive. La costruzione dei testi mostra al lettore attento
aspetti di moderata letterarietà - dal prudente ricorso alla rima («Dal millenovecentoventitré / tu
calchi il palcoscenico del mondo: / secolo pieno di stravolgimenti / dai quali hai tratto mille
insegnamenti…», Cento candeline) e ad altre figure retoriche come l’anafora («…Non un’angoscia, non un
mancamento / non un timore, non una caduta, / non un errore, non un pentimento…», In morte del fratello dell’amica Claudia, op.cit.), all’impiego
della tecnica della ripresa iterativa
(«Tu ci lasciasti prima di lasciarci / ma rimanesti ancora in mezzo a noi /(…)/
Ora rifatto nuovo nel passaggio, / la tua grandezza esplode, finalmente. // Ora
ci lasci senza più lasciarci», Addio,
Benedetto!) - ; anche in questo caso la sobrietà dello stile è coefficiente
importante di riuscita estetica e culturale.
Floriano Romboli
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L’AUTORE
Marco Zelioli (Monza,
1951) ha insegnato materie letterarie e diretto scuole statali in provincia e
in città di Milano dal 1984 al 2015. Dal 1978 si è occupato di integrazione scolastica
degli alunni con disabilità, seguendo le orme del padre, Aldo (1915-2008,
ispettore centrale del Ministero della Pubblica Istruzione). Ha pubblicato le
raccolte di poesie: Come spuma di onde (2017), Coriandoli di vita e
di pensieri (2019), Briciole di vita (2020), Le mie lune e altre
poesie (2021), Frammenti di luce (2021). Ha inoltre pubblicato i
libri: Le parole dell’handicap (2001), Introduzione alla ricerca e
all’uso dei dati scolastici (2002), Se l’handicap è nella scuola
(2004).
Marco Zelioli, Momenti, prefazione di Floriano Romboli,
Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 84, isbn 979-12-81351-17-2,
mianoposta@gmail.com.
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