venerdì 9 febbraio 2024

Livia Cattan legge : "C'era una volta" di Rita Gatta

 

RITA GATTA

C’era una volta .... favole, racconti e altre storie

 

C’era una volta....

mai incipit è stato più desiderato, invocato e sussurrato dagli albori dei tempi.

Le favole, i racconti popolari, le storie di paese che si tramandando di padre in figlio, di nonna in nipote, di mamma in mamma, sono l’eredità inviolabile delle famiglie, l’intangibile albero genealogico di intere generazioni, il confine che unisce e disegna la geografia dei luoghi in cui nasciamo e lega la nostra infanzia a ciò che saremo nella nostra vita adulta.

Rita Gatta in questa sua raccolta dal titolo evocativo “C’era una volta.... favole, racconti e altre storie” ha voluto condurci nel luogo a lei caro, Rocca di Papa, un paese dei Castelli Romani, nato alle pendici di un antico vulcano e ricco di storia, di antiche leggende medievali, ma anche di racconti di vita vissuta più recenti, che tramandano un terribile passato di guerra e di paura, e di tanto generoso, italiano coraggio.

È questo il punto di partenza, il luogo che hanno in comune i mille fili diversi delle storie che compongono la trama di questo libro.

Rita, moderno cantore, in questo luogo ha ascoltato e ricostruito e ridato vita alle tante voci che nel corso degli anni hanno scritto la storia delle famiglie, e costruito e abitato questo piccolo paese, piccolo sì, ma che in sé racchiude tutta la cosmica esistenza del mondo.

Così l’Autrice ci accompagna nei campi, e ci fa sedere “su un sasso, un tronco, una parte di prato rialzato”, verso l’ora di pranzo e ci offre del pane che profuma, pane che insegna ad un bambino che ci si può saziare con dignità trasformando l’attesa in companatico.

Oppure ci ospita dentro una piccola casa al limitare della campagna, davanti ad un camino acceso dove ronfa il gatto Gnocchetto, amico delle fate, e come in un mistico viaggio nel tempo ci riporta indietro alla nostra infanzia, al profumo del pane appena sfornato, e poi più indietro ancora, nel XVI secolo, al tempo della peste e di un uomo crudele e senza nome, e poi ci racconta del tempo in cui anche gli animali parlavano, e il mondo era povero sì, e duro e sconfinato e mortale, ma anche più semplice e profumato di buono.

C’era una volta.... sussurrano le pagine e l’Autrice ci riprende per mano e ci porta nel pieno centro dell’invenzione più terribile dell’uomo. Spariscono i fantasmi delle vecchie pettegole o i magici cani che spuntano dal nulla per indicarci la via più sicura, e si sente sempre più incalzante e roco il rumore degli spari, e filo spinato, e soldati, e povera gente. Ma ecco che inaspettatamente anche la guerra più orribile ci fa incontrare in una buia notte una mano coraggiosa, che non si volta dall’altra parte, e pur tremando di paura, lascia un paio di tenaglie, e restituisce ad un uomo il suo futuro e “una promessa da mantenere”.

La favola diventa Storia. “Danke” ci mostra come la guerra è un feroce progetto di pochi uomini assetati di potere, dannatamente attuale ma totalmente debole e vulnerabile di fronte a chi non rinuncia a rimanere “uno”, a chi non si spezza di fronte all’orrore, ma rimane umano, “intero” nella propria “Pietas” “di ragazzo poco più che adolescente che sfrecciava in bicicletta”. Diciamo anche noi “danke” a quel ragazzo. Grazie.

Ed ecco che l’Autrice rilegge la Storia, che diventa il ricordo di Elisa, determinata a seguire il proprio destino e non quello immaginato per lei dai genitori, tanto da scrivere al Duce per poterlo realizzare.

Ma il libro non racchiude solo favole e pagine di Storia e racconti imprevedibili. Il libro di Rita Gatta plana da una collina all’altra e parla due lingue, quella comune alla nostra tradizione, l’italiano, ma anche quella natìa, delle colline intorno a Roma. Ed ecco apparire tra le pagine due tra le storie a mio parere più belle, da buttare giù in dialetto, tutte di un fiato, come un vino contadino, e poi riassaporare lentamente anche in italiano: “A vacca d’a ciucciurummella” e “A benedizo’ de tata”.

Questo libro è tante cose, come la sua Autrice d’altronde.

Se questo libro fosse una qualità sarebbe la gentilezza, quella di Smeruonto, che vive con la mamma e che suo malgrado non ne fa mai una giusta! Ma il suo animo gentile un giorno incontra le fate, e tutto cambia....

Se questo libro fosse un fantasma forse sarebbe Nannella, piccola anima ferita dalla vita “ombrosa e disperata”, che ancora oggi all’imbrunire “è là che aspetta qualcosa o qualcuno che riesca a liberarla…” o forse sarebbe la Pampanella, “gli occhi fissi, la bocca atteggiata ad un sorriso crudele” sempreviva nei racconti “delle nonne e delle bisnonne che ogni tanto tornavano alle orecchie di chi era seduto davanti al focolare durante i lunghi inverni; ascoltando quelle voci, i brividi non erano soltanto di freddo...”

Se questo libro fosse un colore, sarebbe l’azzurro del lago oltre l’orizzonte dove la piccola Amelia, “nel suo abitino sotto il ginocchio, le scarpette bianche, sciolti i biondi capelli ricci, a boccoli vivace corre incontro ad ogni bambina, tenendo tra le mani la sua palla”. Bimba per sempre.

Se questo libro avesse un nome si chiamerebbe senza dubbio Riccardo, e avrebbe un nonno saggio, e una gallina, e tante avventure.

Se questo libro avesse un finale sarebbe quello “dell’incanto di una fiaba mai narrata”, del sorriso di una nonna “che si faceva ancora più aperto, così come le pagine del libro tornavano ad aprirsi dilatando per la piccola bimba le sorprese e le stranezze nascoste nella storia appena conclusa...”.

“C’era una volta…” ancora tante sono le voci e i racconti e le storie dentro a questo libro, e calda e familiare è la trama che Rita tesse intorno a loro, trama che unisce come un filo tenace l’infanzia all’età adulta, sempre, si intende, con un libro tra le mani.

 

 

3 febbraio 2024 - Livia Cattan

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