LA METAMORFOSI DI UNA FAMIGLIA:
4 DONNE RACCONTANO
È dall'ultima pagina
che mi sento di interpretare il narrato di questo romanzo di Edda Conte
completato dalla figlia Isabella.
I versi finali di
esortazione a cercare il rinnovamento della vita nelle cose delle immagini (“a
Isabella”) della luce, sono la guida indefettibile alla comprensione di un
ampio romanzo familiare, ma non solo.
E’ la guida al secondo
Novecento nella vicenda, complessivamente semplice nella sua profondità, di una
metamorfosi generazionale incarnata da quattro protagoniste femminili
principali.
Tutto l'articolato
scorre veloce sottolineando la fragilità e la solidità storica dell'esperienza
umana dove ogni evento si delinea intrecciando il proprio tema ad un’esistenza
familiare specifica.
Rosa, Margherita, Fiore,
Iris, vivono il “giardino” degli eventi in un susseguirsi di introspezioni
psicofisiche che appaiono intricate connotazioni di esperibilità personali.
Sofferenze e gioie,
illusioni e disillusioni occupano il tracciato esistenziale di ciascuna figura
e si impongono alla visione interiore evidenziando caratteri, personalità, luci
e ombre dell'essere umano.
L'esistenza
dell'esperienza offre infatti molte opportunità da anticipare, soppesare,
realizzare o dimenticare: è il flusso della vita gestita dal tempo che non fa
sconti a nessuno e cinicamente dispone, propone, alletta, alimenta, disgrega...
È la presenza del “vento”
che sussurra, urla, consiglia; è la costante assistenza di una prudente
saggezza configurata negli usi e costumi che le protagoniste rispettano o
disdegnano vivendo gli eventi nelle immagini delle “cose” e degli ambienti di
ogni quotidiano momento.
C'è una mobilità
esistenziale nel romanzo: trasferimenti di situazioni e opinioni, rammarichi,
pazienti attese di qualche invocabile provvidenzialità benigna.
Sempre tuttavia in un
arco temporale ben delineato senza fughe avventate, ma con responsabilità
operosamente doverosa alla fondante dignità della persona che si realizza nel
divenire anche solidale e affettivo.
Rosa (la “doppia” mamma)
è una donna della guerra e del dopoguerra (1945) che modula le proprie
vicissitudini nella parsimoniosa laboriosità dovuta alle necessità ed al
costume predominante di sostenere con amore famiglia e figli.
L'obiettivo irrinunciabile
che ha edificato per la donna la società occidentale nei secoli della propria
Storia.
Margherita (la figlia
prediletta di Rosa) inquieta e briosa sofferenza di una giovane incompiuta,
illusa e delusa dal dolore e dal rimpianto, si trasferisce infine in America
sposandosi e pentendosi.
Fiore la più piccola
dei figli di Rosa è coriacea, intelligente, volenterosa “servitrice”
dell'educazione statale, culturalmente e saggiamente abituata all'impegno del
lavoro, senza fronzoli, né preamboli ideologici fuorvianti.
È protagonista per
eccellenza quale “creatrice” di narrazioni, favole, visioni poetiche che
l’affascinano da e per sempre.
E’ dedita alla
famiglia, forbita e misurata nelle parole con un'educazione, forse puritana,
che peraltro nasconde un suo intenso probabile desiderio di autonomia e
libertà, oscurato dall'amore e dall'obbedienza al ruolo della sua coscienza.
Confessioni dichiarate
in prima persona si alternano peraltro nell’artista in narrati incisivi ed
excursus psicofisici che l’aiutano molto a partecipare allo scenario di quel
mondo (anni 1960/80) vissuto con entusiasmo dinamico e forza di volontà senza
pari.
Impegno per Fiore
pesantissimo nel percepire le metamorfosi settoriali (costume, strumenti,
abitudini) e globali (linguistiche, politiche, economiche, sociali, deciso avvio
dell'Europa…) che ribaltano la concezione tradizionale dell’esistere e delle
sue modalità espressive.
Iris è il “mondo nuovo”
ovvero il trascendere permanente: tutto e il suo contrario.
Una presenza essenziale
anche nell'assenza prolungata, una vitalità intellettuale ricca di esperienze e
vicissitudini polivalenti vibranti e di tonfi istruttivi.
Amicizia, amore,
schieramento politico, lavoro, fuga e ritorno, ecologici rifugi: ogni lato di
esperienza gridato dal tempo che corre e non lascia per Iris comodi percorsi.
Così sino agli ultimi
tempi del padre e della madre (Fiore) e al suo impareggiabile estro poetico che
crede nella luce per illuminare una figlia forse troppo sensibile e libertaria,
ma immensamente umanitaria come pochi (esemplare la sua esperienza solidale in
Africa).
Così il tempo (privilegiato
da Fiore) si conferma presenza inderogabile in ogni momento espressivo a
coinvolgere Iris, indomabile “guerriera” e inequivocabile “artista” della
madre.
Ora occorre (per
concludere) valutare talune definizioni/finalità che l'autrice e la figlia si
propongono di evidenziare nel percorso.
Dapprima la concezione
già citata del tempo/spazio (con le relative retrospezioni e memorie)
linearmente intrecciati a riferimento del sistema di personaggi (prevalentemente
femminili) protagonisti.
Non si tratta di una
concezione interiorizzata del tempo (come in Sant'Agostino), bensì è un
tracciato sistemico nella cornice narrativa complessiva, dove gli avvenimenti
personali trovano continuità narrativa (caratteri, punti di vista, giudizi) e
si consolidano nella trama.
La “continuità” anche
generazionale in tal senso si spiega chiaramente includendo ogni riferimento
oggettuale e ambientale: tutto lo scenario anche naturale infatti partecipa al
sistema; tutto diviene personaggio (vedi il vento, ecc.) relativo all'essere
anche più micro.
Tutto vive di
presenzialità e ne testimonia la sofferta trasposizione ambientale per ogni
abitazione (dalla pianura alla marina, dalla montagna alla campagna…).
Dopo il tempo/spazio
non si può omettere un cenno significante al già citato provvidenzialismo
inteso come “buon destino”.
La provvidenza per le
protagoniste si manifesta sempre positivamente (a buon fine) non lasciando
spazio alle capricciose imprevedibilità del “destino” inteso come
obbligatorietà finalizzata che accompagna l’essere e ne gestisce il
manifestarsi nel divenire.
Quindi non il destino
assolutizzato e indefettibile guida al sistema, ma il soccorso luminoso che
tutela i valori degli esseri umani e ne permea atti e pensieri ricorrenti anche
nella memoria storica.
In quest'ambito occorre
peraltro sottolineare che il flusso generazionale per l'Autrice (e figlia) non
può mai sconvolgere il contenuto essenziale della “realtà” concepita come
valore indissolubile, non soggetto a mutamenti introiettivi, bensì ritenuta base
indicativa per ogni evoluzione dell'essere/sistema sociale.
Tutti i valori quindi
pur subendo insidiose manipolazioni (agevolate dalla tecne) rimangono cornice
guida per l'Autrice (e figlia) che insiste nel pensiero positivo, nobile erede
degli antenati e delle memorie familiari.
Da ultimo si rileva che
la presenza maschile è percettibile più sullo sfondo ma sempre a corollari di
completamento analitico.
Dunque Rosa, Fiore,
Margherita, Iris: ecco le donne di una famiglia dei valori e delle tradizioni
oltre ogni altro limite, sino all'ultimo “passo” esistenziale che questo
notevole “romanzo” ci offre e si offre alla lettura e meditazione più elevata.
Marco
dei Ferrari
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