Maria
Rizzi su “A muso duro” di Sibyl von der Schulenburg – Golem Edizioni
Ho
letto il romanzo della cara Sibyl von der Schulenburg, nostra referente
lombarda, “A muso duro” edito dalla Golem Edizioni, volto a supportare il
Progetto Genny per donare una sedia a rotelle di ultima generazione
superleggera in carbonio con ruote in lega inclinate, a uno o più portatori di
disabilità. Il plot narrativo ha una struttura che procede per analessi o
retrospezione, riavvolge la sequenza cronologica della storia su se stessa,
raccontando in varie occasioni eventi che precedono il punto raggiunto dalla
vicenda. L’Autrice narra in terza persona, mettendosi super partes e lasciando
che gli accadimenti investano il lettore come fiume in piena. La cifra
stilistica è dura, forte, senza remore di alcun genere. La Nostra scava nel granito
del linguaggio, rompe gli schemi, scrive con l’inchiostro e con la rabbia, e
d’altronde se non si respira, non si urla, non si piange attraverso la
scrittura, non vale la pena di farlo, alla nostra cultura non serve. Leggendola
ho pensato a Ennio Flaiano, che asseriva: “la parola ferisce, la parola
convince, la parola placa”. Il protagonista del romanzo è un trainer, che
lavora in una struttura equestre e alleva i cavalli con lo scopo di farli
gareggiare. Un uomo molto affascinante, consapevole di esserlo, che usa la
propria avvenenza per sottomettere e ferire le donne e Markus, socio di
maggioranza e trainer di grande umanità, convinto di vivere una storia d’amore
con lui. Sandro e l’amico americano sono campioni di western pleasures,
competizione nella quale i bai, i corsari, gli Appaloosa, devono esibirsi nelle
tre andature: passo, trotto e galoppo in modo armonioso e naturale. Il reining,
deriva dal verbo to rain, guidare di redini e trae origini dal lavoro svolto
dai cow boy. In seguito a un grave incidente avvenuto in un box con la cavalla
Moara il protagonista riporta una lesione vertebrale che lo rende paraplegico.
Il carattere dell’uomo peggiora e gli scatti d’ira che lo contraddistinguono
aumentano sia verso Lisa, addestratrice e vittima del trainer da sempre, sia
verso i cavalli nei confronti dei quali adotta metodi di addestramento
spietati. La von der Schulenburg descrive le violenze senza remore, talvolta
mostrando come si possono invertire le parti. Commovente il passaggio nel quale
il castrone Glorius, costretto a un addestramento violento, vedendo il trainer,
che nel tentativo di montarlo cade a terra,
invece d vendicarsi “Si spostò indietro di un paio di passi, si girò
tirando con sé l’uomo e lo depositò nella carrozzina”. L’Opera si può definire
senza ombra di dubbio sconvolgente per il coraggio mostrato dall’Autrice
nell’affrontare un universo sconosciuto ai più e nel trattare senza falsi
moralismi tematiche forti, spietate, perverse. Markus è partito per l’America,
dopo aver subito, come tutti i personaggi del romanzo, la rabbia di Sandro, ma
continua a inviare denaro per il centro ippico; Lisa recupera la dignità affidandosi
a un’ottima terapeuta; Tina, la commercialista, e Jasmine gravitano intorno
alla struttura e per motivi tanto misteriosi quanto umani, in passato hanno
subito il fascino malato dell’uomo. Sandro pur ‘ruotante’, come viene definito
più volte nel testo, perché legato alla carrozzina, non perde la boria, è convinto
di tornare a camminare e si dedica al sexting, attività di carattere sessuale
tra utenti del web, che si scambiano messaggi, audio, immagini e video. Nel
romanzo, che ha carattere corale, le figure di spicco credo siano l’inquietante
Angelica, bellissima trentaquattrenne rossa, figlia di un grande imprenditore
disposto a soddisfare tutti i suoi capricci, e la carrozzina Genny. La donna si
invaghisce di Sandro, ostentando una sorta di sindrome della crocerossina.
Coinvolta sin da piccola nella vicenda dei cugini affetti dalla distrofia di
Duchenne, convince l’uomo della sua buona fede e crea una struttura equestre di
lusso. Acquista nuovi cavalli, affida Sandro a un centro fisioterapico
specializzato di proprietà del padre, gli regala una macchina e compra tutti i
tipi di carrozzine, tra cui Genny, che cambia la vita dell’uomo. Lisa, che
resta la trainer valida, dotata della capacità di sussurrare ai cavalli come
Markus, e di addestrarli con la dolcezza, sospetta che l’atteggiamento di
Angelica rispecchi “Una delle facce del volontariato: la ricerca di
gratitudine, il bisogno di sentirsi al di sopra del più sfortunato, per poi
stancarsi del giocattolo e cercarne un altro”. Sandro non è innamorato della
sua benefattrice, e sente che anche lei mostra un atteggiamento deviato, diverso
dal sentimento puro. Così l’Autrice introduce nel romanzo la figura dei
devotee, ovvero delle persone attratte da soggetti con amputazioni, paraplegie
o tetraplegie. Si tratta di “una parafilia, una preferenza sessuale, che può avere
radici nel vissuto degli individui che la praticano, ma è considerata lecita e
legale se si verifica tra adulti consenzienti”. Angelica non mira a migliorare
la condizione fisica di Sandro, supportata dal medico della famosa struttura
fisiatrica, che si vende alla figlia del grande imprenditore Modiali.
L’interesse dei devotee è tenere gli oggetti del desiderio in carrozzina e
indebolirli con psicofarmaci, che ne alterano la personalità. Devo dire che, a
mio umile avviso, l’atteggiamento della donna ricorda molto la sindrome di
Munchausen per procura, che consiste nella simulazione da parte del
‘caregiver’, ovvero della persona che svolge attività di aiuto, di una malattia
sempre più grave dell’assistito, della quale provoca egli stesso danni o
peggiora la condizione. Di fatto Sandro perde la rabbia, che lo motivava a
credere nella guarigione, e perde la forza di montare in sella. Il vero grande
amore dell’uomo si rivela Genny: “chiamarlo ‘sedia’ era riduttivo - prometteva
di diventare l’appendice inferiore del corpo di Sandro, in molte circostanze
più rapido e veloce delle gambe”. La gara sognata da Angelica sul puledro Luxor
non riesce a portarla a termine lui, ma Lisa, che con il tempo acquista un
nuovo aspetto agli occhi del trainer, si rivela forse l’unica persona verso la
quale prova qualcosa di simile a un sentimento… fino alla rivelazione della
vendetta compiuta dalla donna la notte dell’incidente. I veli di Maya che il
protagonista vede cadere sono numerosi e determinanti alfine dello svolgimento della
storia. Comprende le intenzioni di Angelica di peggiorare il suo stato, ricorda
la notte dell’incidente e, con l’aiuto di una terapeuta, compie un viaggio nei
territori dei ricordi alla ricerca dei genitori, della propria identità. L’avventura
senese, nel luogo di nascita, risulta folgorante e drammatica. L’uomo prende
coscienza di molte verità, ne cerca altre… e d’altronde la sua avventura nella
memoria comincia molto prima che decida di intraprenderla e non finisce mai,
dato che il nastro del passato continua a scorrergli dentro per sempre.
Rappresenta un virus selvaggio. E il testo rivela, una volta di più, quanto una
famiglia disfunzionale possa generare nei figli problemi di salute mentale. Ma
le disgrazie e i veli che cadono uno dopo l’altro hanno il potere, nel tempo,
di permettere a Sandro di trasformare i punti di debolezza in campi di forza. L’Autrice
caratterizza in modo eccellente i personaggi e la realtà dei maneggi, delle
tecniche di addestramento e ogni altro aspetto del romanzo, dimostrando che
nello scrivere, come ella stessa precisa nell’epilogo, è necessario documentarsi. Lei si distingue nel
panorama letterario perché “sfoglia un’intera biblioteca per concepire un
libro” - Samuel Johnson - Il titolo ispirato alla celebre canzone di Pierangelo
Bertoli, è dannatamente adatto al romanzo, il cantautore costretto a vivere
sulla carrozzina componeva autentiche poesie nelle quali al ritmo andante della
musica faceva da contrasto l’icastica denuncia dell’ambiente messo in ginocchio
dall’irrefrenabile desiderio del potere economico, la necessità di
riconciliarsi con la natura e di stabilire empatia con tutti i miracoli del
creato, nel caso del testo i cavalli, ma anche e soprattutto il border collie
Sentan, che rivela un’anima commovente e ama incondizionatamente Sandro, anche
quando quest’ultimo lo abbandona per vivere nel ranch di Angelica. Le parole
della canzone “A muso duro” che chiudono il libro mi hanno fatto venire i
brividi e pensare che dopo la lettura di un simile romanzo di bruciore di
fiamma, sono fatta anch’io di tormento e di sangue, di sentimenti inconfessati,
di un groppo in gola, di mani che mi prendono e mi inchiodano al muro. Ho
vissuto una vertigine e sono in equilibrio sulla fune delle parole.
Maria
Rizzi
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