Il MITO E l’ANALISI
TRANSAZIONALE.
Maria Grazia Ferraris, collaboratrice di Lèucade |
Mi imbatto, durante le mie
letture, in una pagina anomala, curiosa e intrigante nel suo genere, anche se
datata -non è racconto, né poesia e non
è critica letteraria, né filosofica-è una pagina di analisi psicologica
pubblicata da Eric Berne, psicologo canadese, il fondatore della Psicologia
Transazionale, che sfidò nei suoi scritti il concetto freudiano di
"inconscio", fondando una teoria della personalità e che ritenne opportuno
dare al linguaggio tecnico e all'intera teoria
un aspetto facilmente
leggibile e comprensibile, comunicabile, operativo.
Scoperchia, pur prendendo
le distanze da Freud, i segreti dei
rapporti familiari, dei
comportamenti perdenti o falliti o viceversa vincenti. I punti chiave sono strutturale, basata sugli stati dell'Io, e la teoria dei giochi
(Games) e del copione (Script). (Opere:
Analisi transazionale e psicoterapia", A che gioco giochiamo" -
"Ciao!... E poi?" ).
Sviluppò una teoria della comunicazione basata
sull’analisi
delle transazioni di
specifici stati dell’Io coinvolti, la quale permette di comprendere come i
nostri schemi comportamentali abbiano origine
nell’infanzia, e continuino a riproporsi nella vita da adulti, anche
rivelandosi talvolta inadeguati o dannosi. Le sue argomentazioni mi hanno
riportato indirettamente al tema del mito (da lui direttamente citato ed
esplicitato).
Anche i miti operano sulle
dimensioni archetipiche della vita umana e sulla cultura letteraria e sociale spiegando e facilitando talvolta le
relazioni umane. La conoscenza del pensiero mitico infatti apre le porte alla dimensione archetipica, il
cui studio risulta necessario per il terapeuta.
Rappresenta un valido contenitore in cui si ritrovano emozioni e immagini a forte tonalità
conoscitiva ed affettiva.
La conoscenza del mito con
la trama delle sue storie si pone come uno specchio in cui il terapeuta e il
paziente possono ritrovare percorsi unici ed individuali o comuni.
E. Berne utilizza il
concetto di <copione>: “ogni persona possiede uno schema di vita
preconscio, o copione, per mezzo del quale struttura tutta la vita-riempiendoli
con attività
rituali, con passatempi e
giochi che portano avanti il copione- e nello stesso tempo danno una
soddisfazione immediata..”
I copioni caratteristici
sono per il terapeuta il MAI, il SEMPRE, il DOPO.. e in questa analisi viene
posto chiaramente il parallelo
esplicativo con i miti greci.
Il MAI, ci spiega Berne, è
il copione rappresentato da Tantalo, che avverte costantemente il bisogno di
mangiare e bere, ma nonostante sia circondato da cibo e acqua non può né
nutrirsi né dissetarsi. È legato ad un albero da frutto carico di ogni qualità
di frutti, ed immerso fino al collo in un lago d'acqua dolce; tuttavia, appena prova
a bere, il lago si asciuga, e non appena prova a
prendere un frutto i rami si allontanano, o un alito di vento improvviso li fa
volare via lontano dalle sue mani.
Coloro che
vivono questa insoddisfazione costante
assecondano una specie di maledizione parentale, cui il loro eterno
Bambino interiore non sa sottrarsi.
Il SEMPRE è il
copione del mito di Aracne. Aracne, dice la mitologia, sfidò la dea Minerva nell’arte del ricamo,
una sfida sacrilega ed offensiva per la dea, che la trasformò in un ragno e la
condannò a tessere tele per tutta la vita. È il copione di genitori rigidi,
educativamente poco generosi che sembrano dire:
“ <Ti piace. È questo che vuoi fare?
Allora passa
pure il resto della tua vita a farlo>”.
I copioni caratterizzati dal POI, DOPO,
derivano dalla storia di Damocle.
Secondo la
leggenda, Damocle, amico e uomo di corte del tiranno di Siracusa Dionisio, il
Vecchio, invidiava la sorte e i privilegi del potere regale, benché il sovrano
cercasse di fargli capire il peso e la precarietà della sua condizione. Il
tiranno l'invitò allora a prendere il suo posto per un giorno, e durante il
banchetto gli fece trovare sopra la testa una spada sguainata, appesa al
soffitto soltanto con un crine di cavallo. Damocle comprese lo stato di perenne
inquietudine in cui viveva Dionisio, e i pericoli sempre in agguato per chi
detiene un grande potere. Il copione cui obbedisce è “Goditela pure per un po’,
ma poi cominceranno i guai”.
Parimenti i
miti di Sisifo, di
Giasone, di Filemone e auci danno
interpretazioni ad altri
copioni, molto comuni nella
nostra vita: il PIÙ E PIÙ VOLTE a quello
di Sisifo, (ce
l’avevo quasi fatta!), il PRIMA E FINCHÈ a
quello di Giasone e di
Ercole,
che prima di
regnare dovevano dar prova del loro
valore, quello del FINALE
APERTO al mito di
Filemone e
trasformati
alla fine
della loro vita
nella
pianta
dell’alloro per
ricompensa
delle tante
loro buone
azioni.
Il copione
spiega la sorte degli anziani che diventano inutili, abbandonati, solo
vegetali, avendo terminato di vivere il loro copione, attendendo inutilmente la
Terra Promessa.
C’è una grande analogia tra i miti, le fiabe e le
persone reali coi loro vissuti problematici.
Infatti i miti
ci permettono di risalire alle origini, di intuire gli stati più profondi
dell’anima, le verità nascoste o camuffate dietro le fantasie o le illusioni,
di spiegare a noi stessi in modo
non
consolatorio gli accadimenti individuali o sociali.
Particolarmente
interessante mi è parsa l’interpretazione della storia di EUROPA, cui Eric
Berne ha dedicato più pagine. Vale la pena di leggerle con attenzione.“
EUROPA era
nipote di Nettuno. Un giorno, mentre coglieva fiori su un bel prato in riva al
mare, le apparve un magnifico toro che si inginocchiò ai suoi piedi. I suoi
occhi la invitavano a salirgli in groppa; e lei restò così affascinata dalla
sua voce suadente e dai suoi occhi gentili che acconsentì... pensando che
sarebbe stato piacevole cavalcare per tutta la vallata sulla groppa di un toro.
Ma non appena gli montò sopra, il toro si alzò in volo sul mare, perché in
realtà si trattava di Giove, che aveva preso le sembianze di un toro, perché
come era noto non si fermava mai davanti a nulla quando scorgeva una fanciulla
che gli piacesse.
Europa comunque
fu abbastanza fortunata: infatti, una volta stabilitasi a Creta, ebbe l’onore
di partorire tre re, e di dare il suo nome a un intero continente.., almeno
stando al racconto che si può trovare nel Secondo idillio di Mosco.
Giove, il
rapitore, proveniva da una famiglia perlomeno inconsueta. Suo padre, Saturno,
stando alla Teogonia di Esiodo, aveva sei figli. I primi cinque se li mangiò
appena nati e così quando Giove -il sesto- venne al mondo, sua madre lo
nascose...
Quando Giove
ebbe concluso la sua storia d’amore con Europa, lei si mise con Danao, re
d’Egitto, e da lui ebbe una figlia di nome Amimone.
Il padre, il
re, un bel giorno la mandò alla città di Argo a prendere acqua, e fu là che la
vide Nettuno che se ne innamorò. La liberò da un satiro lascivo e se la portò
via, pur essendo il suo bisavolo, esattamente come aveva fatto Giove, che a suo
tempo aveva rapito la madre, pur essendone prozio.”
Una saga
familiare. Esaminandone le transazioni si intuisce, dice Berne, che nonostante
le lamentele e le accese proteste di Europa.. “lei non dice mai, in modo chiaro
<basta> o <portami subito indietro>, ma si dà da fare per
indovinare l’identità del suo rapitore.... “Così i suoi lamenti hanno quella
tipica ambiguità “da copione”. Sta giocando al copione che le è destinato e che
prevede per lei di essere madre di re e che questo evento si verifichi “fuori
dalla sua volontà”.
E a questo
punto possiamo incrociare le favole, in cui i copioni si ripresentano in modo
similare, in particolare quella nota e familiare di Cappuccetto Rosso, dove
ritroviamo la scena della seduzione simile a quella di Amimone.
Del resto,
tornando ad Europa e della figlia Amimone, vista la storia della madre, come
avrebbe potuto essere per la figlia diversa? I copioni sono quasi sempre
complementari e la felice conclusione delle storie, invenzione del Genitore che
ci influenza, benevolo ma falso, che ce la raccontano, quasi mai si riscontra
nella vita reale.
Gli strumenti
di indagine ed interpretazione legati al mondo mitico rappresentano pertanto
delle chiavi per poter penetrare nel mondo psicologico, aggirando le rigide
difese messe in atto per allontanarsi dalla realtà psichica interna ed
esplorare le aree di vulnerabilità patologica.
Maria Grazia Ferraris, con la profondità che la caratterizza, affronta una tematica di straordinario interesse. Si occupa infatti della cosiddetta 'analisi transazionale', che reinterpreta la psicoanalisi, spogliandola del linguaggio tecnico comprensibile a pochi esperti, e rendendola familiare e leggibile ad un vasto pubblico.
RispondiEliminaL’analisi transazionale, infatti, è una teoria della comunicazione basata sull’analisi delle transazioni di specifici stati dell’Io e permette di comprendere come i nostri schemi abbiano origine nell’infanzia, e tendano a riproporsi nella vita da adulti, rivelandosi talvolta dannosi.I correlamenti con il mito, ovvero con lo strumento della conoscenza che ci viene dato in dote dall'infanzia letteraria e che nella mitopoiesi si scompongono in simbolismi noti a tutti, è ulteriore prova che con questo genere di analisi Berne tende a introdurre nella nostra esistenza degli schematismi che mettono in luce le analogie tra le leggende, le fiabe e 'e le persone reali coi loro vissuti problematici'. Si usa il termine 'dannosi', in quanto il ripetersi di quelli che potrebbero definirsi copioni di vita, appresi nell'infanzia, possono generare il ripetersi di esperienze, spesso spiacevoli, come avviene all'attore sul palcoscenico, che è costretto a dare origine sempre alle stesse storie con gli stessi finali... Eric Berne, che si affermò verso gli anni '50, fu lo studioso che volle porre l'attenzione sull'intuito, che è una prerogativa del bambino, mettendo in discussione i concetti freudiani, come sottolinea magistralmente Maria Grazia. Sulla base dei miei studi e delle mie passioni ho apprezzato in modo particolare questa relazione della mia amica, che mette in rilievo ruoli sui quali è giusto riflettere. La abbraccio grata e ammirata ed estendo l'abbraccio al nostro Condottiero.
Maria Rizzi
Una pagina, questa scritta da M.G.Ferraris su un argomento che a me non è parso semplicissimo, che mette sul tavolo da gioco - mi si passi l'espressione - molti input buoni, ammesso che si abbia la volontà di affrontarsi e affrontare il momento in cui viviamo, per un'analisi dei comportamenti e / o azioni di cui non ci riesce di capacitarci, oggi, venendo in contatto con la realtà quotidiana. Così potrebbe essere una risposta dire che tutto nasce in una certa fase della vita di ciascuno o, ancora, che alcune cose sono così compenetrate in noi da doverle accettare e basta...ma non basta; quindi, dopo la pregevole dissertazione letta in questa sede, commento compreso, mi viene spontaneo considerare la lettura di M.G.Ferraris un incentivo ad uscire da taluni pre-confezionamenti che esistono da tempi immemori ed uno sprone all'uso della volontà e della ragione per giungere ad altre conclusioni, che non siano quelle date per scontato dai cliché di vissuto che custodiamo in noi anche inconsapevolmente.
RispondiEliminaUn caro saluto,
Angela Greco
Colpita da questo interessante scritto di Maria Grazia Ferraris, in un’attenta e dettagliata analisi riguardante una tematica importante, all’apparenza lontana dalla Letteratura. In fondo la Poesia stessa abbraccia le tematiche più disparate (e disperate) e l’introspezione è già parte seppur inconscia e involontaria della psicologia, rappresentando l’incontro tra il nostro “Io” e il mondo esterno (spesso in conflitto) attraverso una rete di immagini e conoscenze di memoria, vissuto e narrato che hanno influenzato il nostro pensiero sin dall’infanzia. La nostra amica Maria Grazia , catturata nella sua lettura da questa reinterpretazione della psicoanalisi di Eric Bere in un linguaggio più semplice e certamente più avvincente, ci propone la sua accurata relazione sullo studio della personalità, legata alle origini dell’infanzia e da comportamenti che sono riproposti spesso nella vita adulta, comportamenti che possono diventare dannosi se protratti a lungo nel tempo. Approfondendo la lettura, Maria Grazia si addentra in indagini psicologiche che incontrano la conoscenza del mito; i suoi personaggi e storie così diverse, diventano la chiave di lettura per comprendere lacune , bisogni e dipendenze. C’è una grande analogia tra i personaggi mitologici o delle fiabe, con ciò che rappresenta le problematiche della nostra società, la nostra estrema vulnerabilità, in un momento di stress collettivo e sociale. Grazie alla nostra autrice per averci arricchito con questo ammirevole spazio psicologico e culturale, e, come sempre, un ringraziamento al nostro Prof. Pardini. Un saluto a Leucade, Franca Donà.
RispondiEliminaRingrazio Maria Rizzi, Angela Greco e Franca Donà per l’attenzione con cui hanno seguito il mio “pezzo” di presentazione della psicologia Transazionale fondata da E. Berne. Vale la pena di coltivare questo interesse, leggendo direttamente i testi dell’Autore che sono di facile reperimento e direi piana, facile lettura, focalizzati come sono sulla comunicazione. Il mio interesse all’argomento risale ai miei ormai lontani anni di insegnamento: mi è stato molto utile indagare e capire la relazione e il rapporto dei tre stati G-A-B. (vale a dire Genitore, Adulto e Bambino che portiamo in noi, figure con le quali ci rapportiamo in momenti diversi delle articolazioni dinamiche della nostra personalità e nella comprensibilità delle nostre interazioni.
RispondiEliminaOggi però a me interessa prevalentemente il rapporto coi Miti greci, immortali e coinvolgenti, da qualunque aspetto vengano affrontati: filosofico, letterario, poetico, psicologico…)
Mi fa piacere commentare questo bel saggio, premettendo che le mie competenze di base riguardano l’ambito psicopedagogico; ma desidero comunicare all’Autrice l’ apprezzamento per il testo con cui argomenta intorno ai miei mai sopiti interessi professionali.
RispondiEliminaBerne e il ruolo dell’intuizione nella diagnosi: questo mi sembra il punto fondamentale, il prerequisito personale, oltre che professionale, che consentirono all’aspirante psicoanalista di sfidare nei suoi scritti il concetto di “ inconscio”. La sua candidatura fu respinta e da questo momento inizia un approccio originale alla psicoterapia che culmina in una metodica di cura basata sulla sua teoria di “analisi transazionale”. Con tale teoria Berne entra, con un suo articolo, nella letteratura della psicoterapia: Il gruppo è situazione ottimale per gli interventi di psicoterapia per la rapidità dei risultati e la maggiore accessibilità al trattamento. È questa una modalità di intervento che presto si afferma presso le associazioni di alcolisti anonimi e presto entra a far parte del bagaglio di conoscenze che educatori, assistenti sociali e venditori utilizzano nella pratica della comunicazione e delle relazioni interpersonali. Maria Grazia Ferraris ha messo a fuoco chiaramente i processi su cui poggiano i punti chiave della metodica:
l’intuizione, cioè la conoscenza basata sull’esperienza acquisita mediante funzioni inconsce o preconoscenze verbali attraverso il contatto sensoriale con gli oggetti (e ciò mi ricorda i miei primi passi a scuola con gruppi di alunni per creare ambienti favorevoli all’apprendimento, smussare le tensioni prodotte dalle dinamiche di gruppo, favorire relazioni idonee tra i ragazzi);
gli stati dell’io;
la teoria dei giochi;
la teoria del copione.
Ha reso un’ampia disamina delle varie teorie, per cui accenno solo brevemente sul ruolo e la funzione della comunicazione: secondo Barne lo stato psichico del soggetto è influenzato dalla corrispondenza comunicativa, cioè “ la risposta latente ad una comunicazione è la conoscenza intuitiva del ricevente”.
Ringrazio Maria Grazia Ferraris per questo bellissimo saggio che mi ha fatto rispolverare vecchie conoscenze forse un po’ ingiallite dal tempo, e me ne scuso. Un caro saluto a Nazario Pardini.
Mi complimento vivamente per questa ulteriore prova di sapienza umanistica di Maria Grazia Ferraris, intellettuale a tutto tondo che sorprende ogni volta per vastità e luminosità di pensiero. Lei tuttavia mi conosce e so che perdonerà quanto sto per dire, spinto da un'esigenza forse eccessiva di libertà creativa. Trovo assai interessanti e condivisibili molti assunti della psicologia transazionale, come in genere di ogni altro indirizzo psicologico, vuoi d'impostazione comportamentale che psicoanalitica. C'è tuttavia un punto su cui la mia visione del mondo si divarica da quelle posizioni di pensiero. Mi riferisco, nel caso specifico, al motivo di fondo che sembra soggiacere all'idea di "copione", inteso come modello di comportamento ripetitivo, quasi l'individuo stia recitando sul palcoscenico alla stregua di un attore. Che sui comportamenti ci sia un'influenza delle esperienze che ogni adulto ha vissuto da bambino, è ovviamente innegabile, ma un determinismo troppo schematico, a mio avviso, non rende giustizia agli spazi di libertà e di creatività che giustamente lo spirito umano pretende e richiede. Credo anch'io, come Berne, che ogni individuo possieda uno schema preconscio per mezzo del quale struttura la propria esistenza, ma se la sua mente può in qualche modo stare al riparo del plagio, è necessario credere che quello schema corrisponda ad una sorta di programma da lui stesso scelto prima di venire al mondo. E' quella, a mio avviso, la dimensione archetipica, la dimensione dell'archè o dei principi, che sul piano esistenziale l'uomo dimentica, aggredito dall'invadenza irrefrenabile dell'organizzazione sociale, ma nella quale si risveglia ogniqualvolta riesce ad essere davvero se stesso e ad essere creativo. Il mitologo, lo studioso dei miti e degli archetipi, è ovviamente portato a evidenziare la valenza ripetitiva di essi, necessaria alla storicizzazione e alla classificazione schematica dei comportamenti e della psiche, ma il mitopoieta vive in modo assolutamente autonomo e creativo quegli stessi archetipi e quei miti.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Ringrazio M. Cossu che sottolinea con grande competenza il valore psico-pedagogico della Psicologia Transazionale e gli studi di E. Berne, certo da non dimenticare e da rivalutare ed il contributo prezioso di F. Campegiani che sottolinea l’importanza creativa del mito, la mitopoiesi, con la chiarezza filosofica di cui ha dato più volte prova sia sul blog sia nel suo ultimo saggio “Ribaltamenti”, e la sua distanza da ogni interpretazione deterministica del mito, valutandone la dimensione archetipica, spesso dimenticata, da chi è troppo immerso, (anche meritoriamente), nella dinamica della organizzazione sociale, “ ma nella quale si risveglia ogniqualvolta riesce ad essere davvero se stesso e ad essere creativo.”
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