POLVERE E LUCE
Potessi
avere un soffio di quel tempo,
non so
se esiste un modo per trovarlo,
la
nostra stirpe ha avuto terre e rovi
e il
grido dell’inverno e delle ortiche.
Quanto
dolore agli equinozi antichi.
Altre
lune ci attendono, altri esili.
Anche
i tralci conservano memoria
dei
nostri viaggi. Ed ogni viaggio è sempre
meraviglia
di luoghi e amaro calice
d’insonni
solitudini.
A noi tocca
il
bianco dipanarsi dei tramonti,
non
conosciamo il grillo delle stoppie
né il
vento dei papaveri sul grano.
Polvere
e luce siamo. Il tempo è breve
per
ritrovare un po’ di quelle corse,
le
voci delle case a cui affidammo
fionde
di legno e trottole scheggiate.
Come
uccelli sospinti dalle brezze
varcammo
cieli.
Oggi si piega il corpo
come
un fuscello al grido della terra.
E ci
troviamo a vivere i solstizi
dietro
i vetri ragnati dal silenzio.
Sia
ancora lungo il filo da filare.
L’inverno
ci accompagna verso il sole
per
quanto tempo ancora non sappiamo.
E ci
somiglia l’acqua della pioggia
che
gioca sulle foglie già arrossate
e
ricade dolcissima sul viso.
CAMMINEREMO INSIEME
È
venuto a colmare la mia stanza
un
profumo selvaggio di lavanda
nel
prodigio d’un tempo ormai passato.
Quell’odore
di mosto, quel bisbiglio
di
voci, quel respiro degli aranci
sono i
dettagli che non ho scordato.
Pallidi
segni della fanciullezza,
la
metrica dei giorni in pentagrammi
di
solchi germoglianti a primavera
per la
spiga di giugno.
Poi al crepuscolo
un
velo coprirà tutte le cose,
anche
il silenzio forse griderà
dalla
conchiglia fossile del cuore.
Nel
ciclo inarrestabile dei giorni
tutto
declina e tutto si rinnova,
fiume
inesausto al ramo della foce.
Forse
la morte è solo un’illusione
e
cerca anch’essa vita, nel tepore
d’un
vento estivo.
Il tempo
ha il suo splendore
nella
grazia più dolce del tramonto.
Ti
ringrazio se ancora mi accompagni,
parola
che mi sfiori e cerchi il foglio,
non so
di quanta libertà ha goduto
l’anima
mia, ancora non comprendo
come
saremo e quanta vita avremo
da
riportare a Dio. In nuova luce
cammineremo
insieme e il corpo avrà,
dopo
l’inverno, il sole dei redenti.
IL VENTO D’UN SORRISO
Ha
ancora luce da portarci il giorno,
gioca
sulla scacchiera del tramonto
i suoi
istanti al salto del cavallo.
La
vita ha voglia d’altri incantamenti,
dà
quanto può, riceve anch’essa un tanto
misurato
in crepuscoli ed aurore.
E ci
troviamo a accumulare cose
mai
volute o cercate, quasi fossero
pietre
di luna o code d’aquiloni
perdute
in cielo.
Siamo tutti nati
con le
stelle sospese all’orizzonte,
quelle
che brilleranno al nostro addio.
Solo
la giovinezza ci ha portato
il
sole delle spighe. Oggi ci sembra
diverso
da quell’altro dei vent’anni
il
mondo, in tanti inganni e sconnessure.
L’età
non ha altalene da cullare,
tra
marosi schiumanti si dibatte,
viene
attratta dal fondo.
E
se pensiamo
di
aver compiuto quanto a noi richiesto
vagando
per le strade della terra,
di
certo ci sbagliamo. Insonnie e pene
e
crepuscoli ed ansie abbiamo scritto
col
passo degli erranti. Alta e silente
la
saggezza è rimasta appesa al ramo
mai
afferrato. Eppure il tempo ha avuto
rugiada
da donarci e qualche volta,
per
consolarci, il vento d’un sorriso.
La prima sensazione che ho avuto, dopo la lettura di queste tre poesie, è stata di trovarmi sospesa in uno spazio libero, come se il ritmo lessicale e le vibrazioni emotive mi stessero trasportando verso un'altra dimensione di vita.
RispondiEliminaIl poeta GIOVANNI CASO rappresenta una elle voci più significative della poesia contemporanea, un classico nella modernità che, con mirabile eleganza, raccoglie la nostra "Polvere di luce" e ne cosparge sentieri di bellezza e nostalgia che fermano il cuore. "Poi al crepuscolo un velo coprirà tutte le cose," perché "La vita ha voglia d'altri incantamenti".
Grazie, Giovanni. E grazie anche al nostro amico Nazario Pardini.
Maria Ebe Argenti
E' vera poesia quando i versi riescono a tradurre in dolci suoni l'urlo della tempesta e "nella grazia più dolce del tramonto" il grigiore dell'inverno.
RispondiEliminaIl vero Poeta percorre il sentiero della vita accostandosi, ad ogni passo, agli infiniti palpiti della Natura.
Grazie Giovanni!
Roberto Mestrone
È canto la poesia di Giovanni Caso: continuo, affascinante, pervasivo. L’avventura della vita si snoda in un racconto vibrante, commosso, carezzevole, di inaudita dolcezza, dove l’endecasillabo si fa splendida ( e forse necessaria) misura di una realtà poetica urgente e irrefrenabile. Così, per fare un esempio, l’emistichio “Polvere e luce siamo” suggella in potente sintesi una condizione, quella umana, “impastata” -come, mi pare, diceva Oreste Del Buono- “ di fango e di luce”; e richiama l’oraziano, e più pessimistico, “Pulvis et umbra sumus” (Carm. IV, 7, 16). La precarietà della condizione umana, che trova larga eco nei versi di Giovanni, reclama comunque una forma di riscatto, una redenzione, uno spiraglio di salvezza: che il nostro Poeta ci offre con cuore solidale, soffondendo i suoi versi di speranza o, quanto meno, di serena accettazione.
RispondiEliminaDel resto Giovanni Caso è poeta di grande valore. E sa parlare al cuore del lettore.
Pasquale Balestriere
Si potrebbe configurare il reato di sequestro di persona nei confronti di Giovanni Caso, stante il totale coinvolgimento emotivo e sentimentale di fronte a questi versi. Come le acque del fiume scorrono verso il mare, a un tempo fine del viaggio e ciclica, perenne ricongiunzione degli elementi naturali, così le visionarie parole di Giovanni Caso ci conducono verso una meta che è, insieme, paura dell’ignoto e desiderio di assoluto. Ma anche qui assistiamo alla ricomposizione degli elementi naturali (“Polvere e luce siamo”) e alla ricorrente riscoperta delle umane fragilità, però sostenute dalla fede (speranza?) in una sempiterna rinascenza fisica e spirituale, una sorta di salvifica ‘renovatio humanitatis’: “Nel ciclo inarrestabile dei giorni / tutto declina e tutto si rinnova, / fiume inesausto al ramo della foce ./ Forse la morte è solo un’illusione / e cerca anch’essa vita, nel tepore / d’un vento estivo”. Oltre che quella di tanti grandi della letteratura, si avverte, nei versi di Giovanni Caso, l’eco felice del panteismo spinoziano: la fede nella inesausta vitalità degli elementi naturali, però illuminata e nobilitata dalla forza rigeneratrice e prodigiosa della poesia e della parola, qui sommessamente e quasi religiosamente evocata: “ Ti ringrazio se ancora mi accompagni, / parola che mi sfiori e cerchi il foglio”.
RispondiEliminaUmberto Vicaretti