mercoledì 12 dicembre 2018

SANDRO ANGELUCCI LEGGE: "LA CONSOLAZIONE DELLA SERA" DI SABINO CARONIA


Sabino Caronia. La consolazione della sera. Schena Editore. Fasano. 2017. Pp. 124. € 14,00


LO SCORAMENTO CHE APRE ALL’ASPETTAZIONE

Sandro Angelucci,
collaboratore diLèucade

Ho letto un libro che mi ha spiazzato. La mia sorpresa (perché di questo si tratta, e non di disorientamento) è stata generata dalla perizia dell’Autore nel proporre un ars scribendi inedita per il genere affrontato. La saggistica letteraria viene solitamente intesa come uno studio, un’analisi filologica dei testi di un determinato scrittore sacrificando così, in suo nome, l’ermeneutica che - a parer mio - ne rappresenta, invece, il segno distintivo, l’essenza creativa.
       Bene, ne La consolazione della sera, a Sabino Caronia va riconosciuto sostanzialmente questo merito: quello di essere riuscito a parlare di Kafka raccontandocelo attraverso le vicende, le esperienze, le amicizie, gli amori, non tanto del letterato praghese quanto delle proprie, dando così credito e fondatezza alla celebre teoria proustiana secondo la quale “ogni lettore, quando legge, legge se stesso”. Nel caso specifico, poi, c’è da aggiungere - ed il fruitore se ne renderà presto conto - che la figura del grande scrittore è costantemente presente, anche quando non esplicitamente citato.
       “Quasi una sorta di alter ego” - si legge nel risvolto di prima -. E, subito appresso: “[…] Kafka vi appare lontano eppure, procedendo nella lettura, si penetra nel suo spirito, nella sua solitudine piena di miti bui che illuminano la notte della vita, molto più che leggendo i saggi e le biografie dei critici. (Egli) è fatto rivivere immaginando (mi spingerei a dire: perpetuando) i suoi gesti, le sue parole, i suoi sentimenti, le sue ansie…ma senza il timore di perdersi nell’abisso della sua opera […]”.
       Ecco: qui non ci si perde, semmai ci si ritrova. Torno, allora, a riproporre il mio spiazzamento: a cosa è stato dovuto? Allo stupore di trovarmi di fronte ad un romanzo che non era un romanzo e ad un saggio che non era un saggio. Ho sfogliato un testo di creatività tout court: libero, che ti fa sentire libero.
       In apertura - e senza con questo voler nulla svelare -  il protagonista (in senso chiaramente autobiografico) cita un libro: El Procés, versione spagnola del capolavoro kafkiano, e dice: “Era da quando avevo ricevuto in dono quel libro che avevo deciso di venire. E finalmente eccomi: Caffè Kafka, Carrer de la Fusina, 7 […] Mi guardo intorno e mi sembra di essere in un sogno. Seduta di fronte a me, lei, ‘la custode dei libri’ […] All’altro capo del tavolo, io, ‘il custode della cripta’, un uomo di circa sessant’anni, come il protagonista del racconto di Kafka, una di quelle ‘talpe’ che ‘scavano lunghe gallerie prima di sbucare’, o meglio ‘un furetto curioso’, come mi aveva definito Chiusano […]”.
       Ma perché iniziare da qui? Perché ciò mi proietta e rinvia a quello che reputo il capitolo-chiave del libro: La costruzione della storia, quello che - più di tutti, probabilmente - rende significativo (per usare le parole dello stesso Caronia) il “riferimento al rapporto tra scrittura e biografia, alla costruzione (appunto) della scrittura come a una autobiografia camuffata. “E - aggiunge - forse non è un caso che in ebraico il vocabolo ben (figlio) derivi da banah (costruire)”.
       In questo passaggio sono contenuti la genesi dell’opera, il suo momento ispiratore, l’atto demiurgico dal quale è scaturita.
       Si confrontino i due lacerti che seguono (il primo, tratto da I frammenti di Kafka ed il secondo del nostro Autore).
       Scrive il praghese: “[…] vado progettando delle ricerche di natura autobiografica. Non una biografia, ma la ricerca e il rinvenimento di elementi il più possibile minuti. Con questi voglio poi costruire me stesso, come uno la cui casa sia pericolante decide di costruirsene un’altra più sicura, lì vicino, magari col materiale di quella precedente…”.
       E, a proposito di riedificazione, che è anche rievocazione, così Caronia: “[…] È lo stesso sentimento che si prova di fronte a certe vecchie foto dove i luoghi noti appaiono defraudati di ogni luce, appiattiti dal corso del tempo […] Quello che è certo è che siamo qui. Da una parte io, ‘il custode della cripta’ […] Dall’altra, allo stesso tavolo, lei, ‘la custode dei libri’ […]”, come a ribadire che curare, salvaguardare serve: è con quel materiale (apparentemente trascurabile e persino di scarto) che si erige la nuova dimora del corpo e dello spirito.
       Una considerazione quest’ultima che mi preme sottolineare. L’opera, di cui ci stiamo occupando, è di spiccato carattere mistico e contemplativo. Penso di non esagerare sostenendo che come Virgilio fu per Dante fedele e dolcissimo amico, lo stesso possa dirsi per Chiusano nei riguardi del Nostro. Rappresentano, entrambi, delle guide spirituali che accompagnano gli autori nel viaggio terreno dell’uomo verso il mistero, per mezzo della stessa enigmaticità della parola.
       Nato in Slesia ma di chiare origini italiane, del noto saggista ed amico, (tratto da Altre lune), Sabino Caronia riporta il passo che segue: “Vedete tutta questa roba, tutte queste persone? In verità vi dico, nulla di tutto questo, nessuno di tutti costoro andrà perduto. In un serbatoio metafisico misterioso, tutto ciò vive ancora, vivrà in eterno”.
       D’altro canto è l’Autore stesso ad asserirlo, a pag. 94 si legge: “Chiusano era il mio padre spirituale. Come figlio da padre avevo appreso da lui la consolazione della scrittura”; e ancora: “Certo non si diventa felici soltanto con la scrittura ma ci vuole anche un po’ di felicità per essere felici, e tuttavia, a dispetto del fallimento di ogni tentativo di fuga, essa mantiene comunque viva in noi la meraviglia della vita”.
       È - credo di poterlo dire senza tema di smentita - uno tra i passi più belli dell’opera intera. C’è tutto qui: c’è il limite e l’illimitato, l’insuccesso e la riuscita, la fuga ed il voler restare. E, dunque, c’è la vita, la meraviglia (appunto) della vita.
       Tornando a Kafka, nell’ultimo capitolo (quello eponimo), è citato un pensiero che fa riflettere ed avvalora l’idea dell’altro se stesso: “C’è speranza, un’infinita speranza, ma nessuna per noi”.
       Sembrerebbe una resa definitiva ma le cose non stanno così: “Del resto la sua (la loro) vita non era stata sempre, in fondo, un sogno?”. “Un progetto […] possibile solo nella finzione (letteraria)”?.
       Ma chi, davvero, può dire quale sia la realtà? “Contro l’invadenza del reale - scrive Caronia - quella di Kafka è una promessa, la promessa di futuro che egli ha affidato a tutti noi, la promessa di futuro per cui egli ci appartiene, è di ognuno di noi, è di tutti.”.
       “Leggerlo (e leggere queste pagine) è porsi dinnanzi alla crudeltà della vita […] alla sua miseria, alla sua cattiveria, ma anche alla speranza che grida in noi proprio quando la morte sembra dire l’ultima parola” (ancora dal risvolto di prima). “Viene da chiedersi se percepire la desolazione […] non sia anche un modo, paradossalmente, di andare incontro alla gioia.”. Io credo di si.

Sandro Angelucci

Sabino Caronia. La consolazione della sera. Schena Editore. Fasano. 2017. Pp. 124. € 14,00

2 commenti:

  1. Sabato 8 Dicembre, nella magica cornice della Libreria Caffè Letterario Horafelix, Sandro Angelucci e Franco Campegiani sono stati i meravigliosi relatoi dell'Opera di Sabino Caronia "La consolazione della sera". Davanti a una sala gremita hanno saputo, come sempre, rendere il giusto omaggio all'ultimo lavoro del famoso Scrittore, Poeta e critico letterario. Mi preme sottolineare che Sandro, come tutti gli altri che si alternano da puri volontari della Cultura, nei nostri eventi Iplac, rende un autentico tributo all'Autore, evitando di mettere in risalto il proprio ego. L'unica protagonista della serata è stata "La consolazione della sera".
    Le letture sono state valorizzate dalla nostra Consigliera Loredana D'Alfonso. Li ringrazio di cuore per quella che oserei definire 'devozione' e, ovviamente, ringrazio il nostro 'Nume tutelare',infaticabile e magnifico!
    Maria Rizzi

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  2. Una straordinaria lettura, un pensiero critico che ha decodificato il saggio di Caronia su Kafka, donandoci una pagina di elevato contenuto letterario. Una relazione attenta e profonda espressa con incisiva efficacia, volta a studiare quella parte non detta, ossia quel dietro le quinte che incuriosisce molto.
    Grazie per la stimolante lettura
    Francesco

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