UNA LAPIDE PER MARIA
(A PISA - 1715)
S’impolverano parole
seducente erosione
ignota lapide in Santo Sepolcro
forse racchiude
Maria Mancini nobile cenere
di Francia Mazarina nipote
amante vergine di Re Luigi
Principessa sposata Colonna
s’infuga romantica illusione
errabondo destino d’indomabile sogno
temuta cacciata esiliata spaurita
nomade complice di sé arrogante
Barcellona…. Provenza… Liguria… Pisa…
tre secoli schiudono
intimi di passioni impetuose
impulsi indulgenti nostalgiche trame
Oggi sguardi veloci sfuggono ogni giorno
sfilano il tempo pregando curiosi
immemori inconsci
che sbiadita smemoria di muto sepolcro
Santo smarrisce.
Marco dei Ferrari
Maria Mancini, " bruna vivace e bella", - come fu definita alla corte del Re Sole - giace dimenticata, con la sola compagnia di un epitaffio a ricordarla, nome polvere e cenere. Di fronte alla sua memoria di pietra sfila umanità indifferente...torna l'umanità distratta che caratterizza sovente i versi di Marco De Ferrari, colpito anche questa volta da malinconica consapevolezza di quanto poco resti della parabola terrena, anche di personaggi che abbiano ricamato la storia. Una riflessione sul destino dei mortali, condannati all'oblio, tra le mura di una chiesa dove anche la preghiera viene pronunciata frettolosa a fior di labbra. E poi via di nuovo, immersi nella caotica pochezza del nostro presente.
RispondiEliminaVersi che vibrano di nostalgia e risuonano in un eco distante.
Isabella Conte