Ninnj Di Stefano Busà: Il sogno e la sua infinitezza, (pref. Walter
Mauro), Ed. Tracce, 2012
di Gianna Sallustio
L’ultima composizione (pag. 79) del testo è freccia che penetra
sentimento e intelligenza del lettore: “La
poesia.../involontaria fragilità e forza/ ha parole tremanti, dirompenti/ in
grado di impregnare mente e anima, di mutare/ l’universo sensibile e le cose.”
Da tempo conosco l’autrice, sia attraverso la lettura delle sue opere,
sia per averla conosciuta personalmente. A lei è ispirata una mia composizione nella quale canto l’affinità che
riusciamo a (ri)creare immediatamente, anche a distanza di anni trascorsi senza
scriverci o telefonarci. Sufficiente incontrarsi in un aeroporto e scatta
l’abbraccio senza tempo.
Dunque entriamo nell’infinitezza
del sogno percorrendo i versi della Busà come strade e sentieri, itinerari del cuore che dalla Gerusalemme dei vinti
ci sublimano a cieli di catartico dolore. “...anche la vita con le sue distanze
minime/ è un giro di valzer scordato.../la morte, una lingua muta/ che sbianca
carne e sangue...”
Le metafore, i simbolismi che l’autrice crea, emersi dal suo immaginario
lirico, sono ad un tempo allegorie di memoria d’aria, di sorrisi di radici.
Ella tratteggia il paesaggio della ns. psiche, franta tra desideri e
delusioni, innestandolo a paesaggi arborei, i quali intersecandosi ci
propongono con dolce, prepotente, innocente meraviglia, ipotesi di volo, raggi
di sole nelle brume dell’inverno.
Non è un testo facile da capirsi, poiché la parola lirica è smaliziata,
strutturata su analisi storico-razionale, laddove di storico non ci sono
ordinarie stazioni di date, località e nomi, perché la Storia universale ed eterna
di ogni essere umano, animale o vegetale, è in funzione e significato della
lirica.
Voglio dire che ogni composizione di quest’autrice non è solo onirica
mediazione, è anche coraggio, visione oggettiva della fralezza, caratteristica
sapiente e saliente di sentimenti e vicende, di ispirazioni e azioni.
Le ali dell’animo, tese a candidi voli, col tempo e le intemperie perdono
ardimento; la resa più esplicita è la solitudine che come fiume sfocia nel leopardiano
mare: “Ognuno sa, ognuno vede il
florilegio/ farsi fosforo e porpora, svagato amore/ come di passeri al loro
cielo agostano...” L’orizzonte della Poesia s’innesta a quello della
Religiosità e diventa preghiera, coro di suoni armonici, elegia di memorie,
oracoli di futuro.
E allora?...”Ci turba il paesaggio
che riecheggia/ il diluvio delle mutate sembianza” nonché nostalgie e
rimpianti, come relitti inabissano la mischia dei perdenti (pag.41).
Così l’ultima sfida – vita o morte - dei clandestini serrati in scafi di angosce e deliri che tentano incerti
tragitti verso la speranza di libertà. Anch’essi uomini che nessuna legge
ispirata da razzismi vari riuscirà a respingere totalmente.
Sono esodi biblici, rappresentano la nemesi del Sud di ogni nazione o
continente nei confronti dei Nord, una sorta di maledizione. La ricchezza è per
gli emigranti come la panna (o la m?..) che attira le mosche. Trattare queste
tematiche è Storia; capacità di indignarsi attraverso gli strali dei versi è
liricità eccelsa di Ninnj Di Stefano Busà.
I colori della Natura in questa poesia sono fragranti come all’aurora
della Creazione: “verdi pascoli distesi
al sole che allevano/ l’oro delle foglie, le sponde da cui presaghi/ ci aprimmo
al nuovo giorno.” La scrittura di alto livello è epifania e presagio
ottativo di un diverso modo di vivere e di convivere.
Il sogno-Poesia è ossigenante alternativa che i grandi poeti oppongono
alle contraddizioni feroci del reale. Le illusioni, le gioie...”sciamano come fasci di fosforo nella
penombra/ quando assaporano l’attesa che li nutre.” Il pascoliano fanciullino
(l’innocenza attraverso la quale il poeta, anche a tarda età, osserva la vita
sino a meravigliarsene...) nutre la poesia e ne fa resistenza al banale, inno al
valore civico, etico, al coraggio: “dove
le strade divergono c’è ancora/ quella speranza che non si arrende/ quel grido
immenso di libertà/ che la fatica del divenire sorprende.” Nell’acuta
prefazione del compianto Walter Mauro la poesia della Di Stefano Busà è
riconosciuta come “densa e sottesa rinascita di proposte, drammaticamente e
gioiosamente umane nel contesto del riscatto liberatorio... senza
sovrastrutture... una lingua poetica semplice e naturale come sempre si addice
alla poesia vera e autentica”.
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