Lettura
di
Imperia Tognacci. Il richiamo di Orfeo.
Edizioni Giuseppe
Laterza. Bari. 2011. Pp. 64. Euro 8,00
Gioiva
il verde del bianco sorriso
del
mattino. Il viottolo, dopo
il
tornante, non sa cosa l’aspetti.
Cipressi
non reggono il vento
e
si piegano mentre, da diverse
altezze
sondano l’azzurro.
Più che una silloge di
poesie definirei questa plaquette un vero poema per il leit motiv che la permea
e la rende organica e compatta. Un poema di grande intensità emotiva. Zeppo di
riferimenti intellettivo-esistenziali
attinenti alla visione estetico-filosofica di Imperia Tognacci. L’amore,
forza determinante della vita , della terra e dell’universo, può essere annientato dal tempo impietoso che
tutto distrugge? A questa sottrazione si può riparare, dando forza e valore a
una concezione edonistica dell’esistenza in considerazione della sua precarietà?
Si espande e si diluisce
il canto,
non trattengo carezze di
note.
Nulla è per sempre. Si
allontanerà
l’amore con passi
felpati? Diventerò
cirro dolente e pensoso,
attratto
e fuggente dal raggio che
mi dissolve? (Pp 33 vv 2-6).
E il vento,
personificazione di un soggetto naturale in cui l’autrice tende a concretizzare
il suo sentire, cerca di offrire una soluzione consolatoria a questa coscienza
della fugacità dell’esistere. D’altronde
è umana la nostra avventura terrena, è costretta a spazi ristretti , soggetta
alle intemperie dei giorni e delle sere. Ma come può l’amore, momento
essenziale, superbo, etereo ed eccelso, quella parte di noi che più si avvicina al cielo, come può sottostare alle leggi di
una natura che disfa. Sì!, perché l’amore è l’essenza del nostro esserci, è il
cuore.
E il vento sussurra:
Perché
pensi
al
domani? Penelope imitando
disfi
e tessi la tela? Sulla riva
sosti,
il noto veliero attendendo?
Di
là dalle vetrate del cielo avverti
voragini
d’infinito? Tira tende oscure.
Ascolta
il tuo corpo, la tua richiesta
d’amore.
Lascia gli schemi prefissati.
L’armadio
del cuore svuota
d’inutili
cose, il fluire profondo
di
emozioni ascolta. (pp. 33).
Il vento, seconda anima
della poetessa, per reazione a Thanatos, invita a vivere la vita senza tabù, senza
preconcetti, lontano dalla visione di un amore plurale, totale che tutto
avvolge e tutto domina per dare pace, serenità, equilibrio. Da un amore puro e
sostanziale che avvolge nelle sue braccia la stessa umanità, tutta, per riportarla ai grandi sentimenti, alle
grandi virtù. Lascia gli schemi
prefissati.
Il tessuto formale si
distende su uno spartito vario e articolato ad accompagnare con forza, musicalità e morbidezza - libera la metrica ma
rispettosa di ispirazioni tecnico-foniche spontanee che danno effetti di scorrevolezza,
fluidità, e armonia - il susseguirsi delle scansioni sentimentali e meditative.
E tanti i temi, anche se tutti convogliati verso un’unica direzione: Eros e Thanatos; amore e odio; pulsione di
vita e pulsione di morte; dualismo empedocleo che, nella sua diacronica dialettica,
determina l’essenza della storia e della vita. Ma nella Nostra tutto è
liricizzato, ed è l’amore che domina il
verso. Sarà nella morte, allora, che si
potrebbe eternare quell’attimo superbo e irripetibile, tanto vicino alle
vertigini dell’azzurro?
Mi
piace, a proposito, citare dei versi di un mio poemetto riguardante Saffo, la
grande, tratti da Alla volta di Leucade.
Quando Saffo, nell’attimo superbo del suo stato sentimentale, si chiede se
forse non sia meglio morire proprio qui ed ora per eternare l’apogeo
dell’esplosione erotica e sottrarlo alla profanazione della caducità dell’esistere:
…
Come si potrebbe
pensare
ad un banchetto senza canto,
senza
il suono del flauto così querulo
ma
subito propizio con il suono
a
dare gioia all’anima.” “Volevo
che
tutto il mio sentire si spegnesse
nella
notte soffusa e che l’immagine
non
guastasse la luce. Era la morte
ch’io
bramavo nell’attimo superbo
di
eternare la gioia dell’amore.
La
poesia e il canto il grande dono
furono
degli dèi per il deforme
involucro
dell’anima. Nessuno
pronuncerà
di certo il verbo furono
per
i miei versi. Aleggiano con piume
leggere
dell’Olimpo in questo incontro.
Moriranno
gli eroi, le bellezze
di
cortigiane effimere e procaci,
ma
un cantico se eccelso volerà
oltre
gli spazi frali degli umani… (Da
Agape di vino e poesia, da: Nazario
Pardini. Alla volta di Leucade.
Baroni Editore. Viareggio. 1999.)
Tante, quindi, le
occasioni per l’autrice: il panismo esistenziale, il patrimonio memoriale, con
la sua funzione catartica e vitale, il senso eracliteo dell’essere e del vivere.
Ed è forse proprio
l’efficacia delle rappresentazioni paniche a dare consistenza al motivo
centrale del poema. Sì!, quella natura che con le sue lucerne di stelle, colla sua eco
di vento fra le rocce, con la sua neve
che copre assorte orme, con le sue notti
a coricarsi sull’anima, o con la luna
che scioglie i suoi chiari, prende per mano la poetessa e l’accompagna nel
tragitto del suo poiein, dando sostanza e corpo agli stati emotivi.
Guardati
intorno:
ogni
albero, ogni erba ha respiro
e
nutrimento dalla terra, respiro
e
nutrimento dal cielo. Solo
così
c’è equilibrio, c’è pace, c’è vita,
materia
e spirito nell’umana natura. (Pp. 28)
L’amore
sentieri indora,
guizza
la sua luce nbei fondali
dell’anima.
Imperioso richiamo
che
non soggiace al calpestio
del
tempo, dove si fondono lame
di
selce e ossa d’animali.
(…)
Amore
sintesi di vita: ebbrezza
Di
cielo, aroma di terra. (Pp. 29)
E Imperia Tognacci nel
suo Il richiamo di Orfeo, pur essendo cosciente che anche la forza di
Eros con la sua assoluta valenza sugli esseri e la vita è soggetta a
dissolversi per lo scorrere inesorabile del tempo, e, pur essendo consapevole
che la leggerezza floreale delle primavere veleggia inesorabilmente verso i
pallidi e fievoli autunni, fa, comunque, della poesia un solido credo, affidandole
il sacrosanto compito di rendere eterno il suo messaggio, issandolo sull’altare
di chi incantava e incanterà, sempre.
Poesia
aleggia nel viaggio
Dove
si ripete il canto dell’amore
Che
si tuffa nel cosmo dell’anima
E
fili allentati riannoda.
(…)
Dell’homo
tecno sapiens
Che
all’angolo ammicca
Raddrizzerai,
poesia,
gli
orgogliosi sentieri. (Pp. 59)
Nazario Pardini 08/11/2012
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