mercoledì 12 agosto 2015

CLAUDIO VICARIO: "SANT'ANNA DI STAZZEMA, 12 AGOSTO 1944"


Sant’Anna di Stazzema, 12 agosto 1944

Ahi, dolce borgo che vago ti culli

nella Versilia, in quella terra ombrosa
che, di smeraldi e zaffiri vestita,
scopre ogni giorno le sue rose al sole,
zona d’antichi incanti e di splendenti
marmi e divine case generose,
io non vorrei, no, non vorrei vedere
su la tua bella fronte ampia e spaziosa
quella specie di solco doloroso,
quella ruga, quello spettral ricordo,
che ogni dodici agosto, alla memoria,
ancora e al mondo attonito t’addita!
Era d’agosto, il mese delle sagre
semplici e buone, in che s’incensa e onora
ciò che da Dio fu dato a sostentarci:
l’abbondante raccolto delle messi;
e la tua sagra avesti, orrenda sagra,
ed empia e scellerata, senza canti
fu celebrata, ché la disumana,
barbara e cieca legge della guerra,
fece scempio dell’innocente sangue
dei figli tuoi, che, disperatamente,
oggi tu invochi, e inviti alla memoria.
Forse stan vagolando, aerei spettri,
intorno a quelle case ormai risorte,
senza sostanza né più forma alcuna,
invisibili ombre, che giammai
poseranno serene nella tomba.
Oh, se la voce mia sì forte fosse
d’esser udita alfine, anime erranti!
Se a voi comunicar mi fosse dato
quanto il mio cuore opprime ed addolora
ed a tutti color che ancor non sanno,
allor sapreste, se ciò fosse ignoto,
ch’oggi, così come in quel dì funesto,
altre sagre di sangue, orrende sagre,
stragi, carneficine e orridi scempi
l’uom fa dell’uomo e non per quella legge
disumana che dalla guerra è scritta,
ma nei confini della propria terra
che piange pei suoi figli e s’addolora.
Allor sapreste ciò ch’io non vorrei:
io non vorrei che questa bella donna,
che sul più azzurro mar lieta protende
le sue procacità, macchiata fosse
da sì grav’onte, che piagar le fanno
il suo bel corpo intorbidando l’onde
su cui soggiace morbida e splendente.
Io non vorrei, no, non vorrei che questi
orrendi eccidi restino impuniti,
io non vorrei gli orrori e le ingiustizie,
io non vorrei che i grandi della Terra,
sordi all’amaro ed infinito pianto
che da più parti in sino al ciel si leva,
pianto di tanti sventurati e tristi
nostri fratelli di tragedia oggetto,
stenti, sfiniti ed affamati sempre,
dell’armi micidiali faccian uso
rabbiosamente per distrugger l’uomo,
accelerando i tempi della fine
onde la Terra, assassinata e vinta
dai figli stessi, roteasse invano
nello spazio infinito senza tempo,
già come fanno numerosi mondi,
libera e sola, senza scopo alcuno.



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