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Claudio Vicario collaboratore di Lèucade |
Udii una
voce
Tra cupe forre
serrate
da pareti di roccia nuda
chiazzate
a tratti
da
macchie scure di terriccio
odoroso
di muschio;
tra
innumeri querce
generose
di rame e foglie
agl’implumi
dei nidi nuovi;
tra
rovi pungenti
in
siepi infinite
punteggiate
di more selvagge;
tra
larici, abeti e mirti e l’acuto
olezzar
dei ciclamini,
e
il fresco profumar d’erbe non tocche,
e
il chioccolar sommesso
tra
smeraldine sponde
d’una
linfa d’argento,
tenue
carezza danzante
sui
sassi muscosi,
e
il sospirar delle fronde
appena
mosse
dall’invisibile
mano insidiosa
del
vento,
udii
un giorno
levarsi
possente una voce:
“Qui
regna Iddio!”
Sussultai,
e
le mie fibre tremarono.
E
andai, andai
come
automa ch’altro non oda
che
la voce interiore
e
il canto misterioso
della
natura che vive.
Scesi
sui campi
ondeggianti
di messi odorose,
tra
chiazze chiare
di
ulivi d’argento
dai
miseri tronchi incavati,
inverosimili
esempi d’anime generose,
tra
lunghi pendagli di pampini
fùmidi
di tenue rugiada,
tra
alberi ricchi di molteplice frutta,
che
tutto davano di sé
ne
le gagliarde braccia tese
a
prodigar doni,
tra
il tenue pigolare innocente
di
piccoli esseri
paghi
dell’ombra di una fronda
e
qualche grano
dolce
dell’amor d’una madre,
e
udii una voce:
“Qui
regna Iddio!”
E
andai, andai ancora:
lambii
col piede
l’acque
dorate del fiume;
sfiorai
l’aspre
sabbie
d’argento,
volai
sui prati di velluto
costellati
di rustiche margherite,
su
terreni palustri,
su
Oceani sterminati,
nell’immenso
infinito fragore
delle
onde irrequiete
schiaffeggiate
dalla
pazza furia del vento,
e
udii una voce:
“Qui
regna Iddio!”
E
venne la sera.
E
intorno scesero
tremolanti
di paura e pensosi
di
sogni
i
fantasmi della notte:
vagarono
un poco danzanti
nel
crepuscolo soffuso di pace,
poi
si posarono,
come
l’inesorabile artiglio della morte
implacabili
su tutte
le
cose.
Guardai
in alto, lassù,
ne
l’immenso lenzuolo
ricamato
di stelle…..
E
dall’alto, come portata
sull’ali
misteriose del vento,
una
voce mi toccò
con
mano di fuoco:
“Qui
regna Iddio!”
Infinito, incomparabile mistero
dell’Universo!
Nulla
io dissi,
ma
mi aprii alla vita.
E
andai ancora, andai
per
le turbinose strade
dell’uomo,
tra
la tumultuosa incessante folle
corsa
delle macchine
dal
cuore d’acciaio,
e
una voce insistente
metallica,
cupa
gridò:
“Qui
regna l’uomo!”
Cieco uomo!
Perduto nel vortice
della
vacuità della vita,
altro
non chiedi
che
la gioia dell’oggi
e
tutto vuoi per te,
a
tutto agogni, e ridi
dei
mali altrui o non ti curi
e
sogghigni
sulle
bare che passano,
e
inganni il fratello,
e
rubi la pace altrui, e tradisci
l’amico,
e porti guerra,
e
stermini, e uccidi…..
Cieco
uomo!
Ch’entro
le caduche spoglie
della
vita che passa
freme
eterno uno spirito,
un
qualche cosa
che
sfugge al comune sentir
perché,
l’Eterno,
solo
a chi sa guardare
è
destinato.
Claudio Vicario
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