Una poesia apodittica, allusiva, di forte
capienza emotivo-introspettiva. I versi non dicono mai tutto e lasciano in
sospeso interrogativi e questioni sulla
vicenda umana; lasciano spazio ai lettori sui perché del vivere e
dell’esser-ci; su un dolore che attanaglia “… a cui non t'arrendi/ troverai la fuga per un nascosto cunicolo/ o
dolcemente spirando, a mo' di volo./ Io la vedo oltre il bordo dei monti,/ dov'è
lo scolo delle stelle cadenti.”. Un allungo oltre il mistero del vivere; oltre
le ristrettezze della nostra vicenda terrena; un allungo verso scappatoie che
aprano orizzonti agli spazi ristretti del quando e del dove. Ed è umano, fortemente
umano il richiamo del poeta; il suo breve e conciso poetare chiama alla vita;
alla sua intricata questione con una metaforicità di urgente resa poematica.
Prendendo spunto anche da un minimalismo ontologico di effervescente
intrusione, come ad esempio: l’odio, la bocca, il bavaglio, lo sbaglio; motivi
che si fanno oggettivi e universali tanto che valgono come parenetico invito
per ciascuno di noi:” Non c'era motivo d'avere paura/ per l'odio che scaturiva
dalla fessura/ della bocca. Pochi punti di sutura/ con un filo di calma o un
premuto bavaglio/ sarebbero bastati a fermare quello sbaglio”. Ma è nel modo di
proporre i sentimenti e le obiezioni, nel trattare il verbo, che il poeta
raggiunge una modernità espressiva di
piacevole caratura. C’è qui uno slancio etimo-fonico che supera il semplice
significato, e volge la mira al di là della grammatica tradizionale; verso un
significante dai risvolti iconici. Il tutto si fa ampio e orizzontale, stretto
e verticale; geometricamente rettilineo, vòlto a mete senza confini se si
considera l’intenzione di una cifra metrica che travalica spazi di comune
intendimento, partendo da un minimalismo che fa di un ascensore una riflessione di quotidiana
esistenzialità:
(…)
È trasparente come una serra,
lì si coltiva il silenzio,
gli sguardi maniacali
tra il pavimento e il soffitto,
lo stare sospesi su una palafitta.
È trasparente come una serra,
lì si coltiva il silenzio,
gli sguardi maniacali
tra il pavimento e il soffitto,
lo stare sospesi su una palafitta.
Nazario Pardini
I
L’alto campanile varca il reame
scialbo della nebbia. Tempesta
uno sciame di rintocchi il paese,
i tuoi orecchi, la foresta.
2.
Da questo dolore a cui non t'arrendi
troverai la fuga per un nascosto cunicolo
o dolcemente spirando, a mo' di volo.
Io la vedo oltre il bordo dei monti,
dov'è lo scolo delle stelle cadenti.
3.
scialbo della nebbia. Tempesta
uno sciame di rintocchi il paese,
i tuoi orecchi, la foresta.
2.
Da questo dolore a cui non t'arrendi
troverai la fuga per un nascosto cunicolo
o dolcemente spirando, a mo' di volo.
Io la vedo oltre il bordo dei monti,
dov'è lo scolo delle stelle cadenti.
3.
Non c'era motivo d'avere paura
per l'odio che scaturiva dalla fessura
della bocca. Pochi punti di sutura
con un filo di calma o un premuto bavaglio
sarebbero bastati a fermare quello
sbaglio.
4.
Tra arroccate nubi
s'apre una botola,
la luce cola
sui nostri incubi.
5.
Si è arrivati al piano terra
tramite l'ascensore, slitta
che scia su due rotaie verticali,
si scende, poi perfino si sale.
È trasparente come una serra,
lì si coltiva il silenzio,
gli sguardi maniacali
tra il pavimento e il soffitto,
lo stare sospesi su una palafitta.
La prima poesia e altre, con un buon numero di prose poetiche usciranno a giugno presso Puntoacapo editrice (Collezione letteraria) con titolo: Acquerelli. Capodiferro Egidio
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