Canto
d'autunno
I
Silenzi
rubavamo sulla traccia
di
questo nostro esistere negato.
Ancora
chiedo
a
Te Signore degli Afflitti un segno
che
mi riporti al regno dei ricordi
dove
alla nave l'albatro afflosciato
era
presagio già di oscuri lutti.
Si
arrotola il ricordo come all'uva
il
viticcio sul palo di sostegno
ma
i grappoli che turgidi si mostrano
non
sono tutti frutti della vite.
Si
mescolano i sogni là imperfetti,
mi
danno rimembranze mai vissute
frantumano
con rabbia la memoria.
Voglio
i ricordi, datemi i ricordi
per
sapere
quanto
mi resta ancora del passato
e
quanto rimarrà agli altri in mano
quando
il ciclo degli astri avrà concluso
il
suo cammino alla mia stanca pianta.
II
Da
te fuggivo, Dafne innamorata,
fuggivo
in mezzo ai boschi e alle giuncaie
senza
avere paura delle belve
-
tu mi eri dietro nella corsa folle -
solo
il timore del tuo primo bacio.
Vis
grata puellis un motto dice
ed
io, l'ansimo in petto, già attendevo
che
mi ghermissi con le forti braccia
ma
quando mi voltai tu più non c'eri.
Tu
più non c'eri ed io non ero alloro,
ero
una farfalletta variopinta
con
troppi fiori attorno. Ben altri Apolli
forse
mi riservava il mio destino.
III
E
fosti tu un giorno di settembre
a
metterti sull'ara a Dei invidiosi
del
bell'aspetto tuo, a porre fine
alla
manciata piccola dei giorni.
Cremisi
tutto intorno, la vitalba
sventolava
bandiere alle finestre
della
tua rossa casa e pure l'acero
fiammeggiava
indolente verso il cielo.
Tu
solo rimanevi verde alloro
nella
mente di chi ti volle bene.
Sì
io ti amai, ti amai alla lontana
scambiando
solo sguardi nello strano
gioco
che un giorno ci mostrò le mani
nude
di anelli ai fiati delle ombre.
IV
Ecco
perché i sogni oggi prevalgono
senza
dare contezza di un passato
che
germogliò nei cuori, i nostri cuori.
Sapevano
anche gli altri ma nessuno
volle
ridare il volo al goffo albatro
che
gemeva prostrato, le grand'ali
quasi
a croce per terra e non per aria
a
solcare del mare il vasto spazio.
Voglio
i ricordi, datemi i ricordi
dei
nostri batticuori innamorati,
di
quei silenzi gonfi di parole
che
tumultuanti esplosero nel petto!
Dafne
fuggiva, rinnegava il mondo
il
suo mondo di ninfa quindicenne
aspettando
di avere l'età giusta
per
l'Apollo dagli occhi di velluto
che
con lo sguardo le spogliava l'anima.
Era
illusione ché tu mai giungesti
al
nocciolo di quel mio verde mallo
dove
celavo vergini speranze.
Non
ci sarebbe stato il mio mutare
nel
verde alloro dai luttuosi frutti
in
un settembre cremisi d'autunno.
V
È
un altro autunno questo, forse bianchi
divenuti
sarebbero i capelli
e
un po' velato
sarebbe
il nero fulgido degli occhi.
Ancora
tutto è rosso, la vitalba
sventola
serti accesi dalle mura
ed
il tramonto infuoca
le
vaste praterie dell'orizzonte.
Color
del sangue che zampilla, vino
nei
calici levato al dio amore.
La
torre dei Leoni nel castello
ha
le segrete buie. Ed altri cuori
furono
castigati alla vendetta
in
questa mia città che rossa appare
quando
gli uccelli van levando il canto
nel
serotino abbraccio del riposo.
VI
Rosso,
rosso, è rossa anche la torre
che
custodì gli sfortunati amanti.
Lì
sotto ci incontrammo ed è sol questo
uno
dei pochi miei ricordi veri,
un
attimo leggero impresso in cuore
come
quel marchio a fuoco che rimane
malgrado
l'aspro scorrere degli anni.
Tu
sei di fianco alla torre dei Leoni,
l'acqua
s'increspa lieve nella fossa
e
l'orologio è fermo sopra un'ora.
E
non sappiamo ancor che da lontano
già
impazienti scalpitando vanno
gli
atri destrieri, quei cavalli neri
della
tua fuga incontro alle comete...
Che piacere ritrovare su Lèucade, dopo tanto tempo (se si eccettua la lirica dell'antologia a tema "Il padre") la poesia di Carla Baroni, i suoi endecasillabi armoniosi, fluidi, musicali, la sua autobiografica Dafne, gli accenni d'amore, i tempi e i luoghi cristallizzati nella memoria."Voglio i ricordi, datemi i ricordi / dei nostri batticuori innamorati,/ di quei silenzi gonfi di parole / che tumultuanti esplosero nel petto!". Ha canto ampio, Carla, e cuore volto al sole della poesia.
RispondiEliminaPasquale Balestriere