Claudio Vicario |
Fiori
di ninfea
Spuntano
dall'acqua
fiori di ninfea
ancor non schiusi, in boccio.
fiori di ninfea
ancor non schiusi, in boccio.
Troppo
è il silenzio intorno
e le
parole, donate al tempo,
rincorrono
quel raggio
dell’ultimo
sol che si defila
cedendo
dietro al monte.
S’ode
cantare un usignolo
che
cerca invano una compagna
in
questa tarda primavera
che
l’anima ferisce col sospiro.
E’ qui
che torno ad essere bambino,
ed è
qui che sono nato e qui ritorno,
in
questo incanto verde
ove
cerca riparo il mio pensiero
che
distende le braccia verso cielo
in
cerca di una pace
che con l’inganno uccide.
Guardo
i miei passi
Guardo i miei passi di ieri
che paiono tanto romiti,
e la ginestra che volge al sidereo,
lontano da ogni città,
in questo borgo senza luci
privo dell’eco delle grandi
voci,
dove tutto è già programmato.
Questa è terra di ghiaccio
che cattura e si espande
in un vortice spazio temporale
su bianche tele di sorrisi
screziati
ove tutto il mondo finisce
tra solchi tracciati dalle
rughe
della vita che si consuma
e ardente è il sognare,
ammantato d'Universo,
verso voli siderali senza
vincoli,
senza visioni di estati
perdute
e domande sfumate nel dubbio,
e i sensi prendono forma
creando silenzi smisurati
aridi come pareti che crollano
mosse dal sospiro del mare
elegante nella sua spuma di
cristallo,
nel velo d’argento del
riflesso lunare
che cade in fiori dal cielo
stellato,
mentre brezze di vento alitano
il leggero profumo della
ginestra
e s'ode lontano un flebile
canto.
Guardo i tuoi occhi di gatta
Guardo
i tuoi occhi di gatta
che mi fissano:
gocce di mare liquido
dal riflesso azzurro acqua marina
oltre i confini del visibile,
quasi fossi stregato
da impalpabile incantesimo.
Sto in silenzio, non parlo,
c’è solo comprensione,
presunto privilegio
di un gioco irresponsabile.
Abbandono i pensieri,
i dubbi e le incertezze
per correre su un prato
arso e spogliato di tutto,
spalancato all’anima.
Ruvide fessure di un tronco,
sul quale scorre la mano,
danno nuova forza
nella notte che declama versi
sussurrati dal vento
in un mormorio sommesso,
gli occhi si aprono alla luce
di una improvvisa violenza
e cedono alle stelle,
fragili gocce di cristallo
dove s’aggira silenzioso
lo stupore che arriva furtivo
là dove s’affaccia l’alba
su una spiaggia vuota
e il sole guarda un’ombra fuggitiva
lasciata da uno scoglio
e da una piccola barca
che danno un senso all’infinito.
che mi fissano:
gocce di mare liquido
dal riflesso azzurro acqua marina
oltre i confini del visibile,
quasi fossi stregato
da impalpabile incantesimo.
Sto in silenzio, non parlo,
c’è solo comprensione,
presunto privilegio
di un gioco irresponsabile.
Abbandono i pensieri,
i dubbi e le incertezze
per correre su un prato
arso e spogliato di tutto,
spalancato all’anima.
Ruvide fessure di un tronco,
sul quale scorre la mano,
danno nuova forza
nella notte che declama versi
sussurrati dal vento
in un mormorio sommesso,
gli occhi si aprono alla luce
di una improvvisa violenza
e cedono alle stelle,
fragili gocce di cristallo
dove s’aggira silenzioso
lo stupore che arriva furtivo
là dove s’affaccia l’alba
su una spiaggia vuota
e il sole guarda un’ombra fuggitiva
lasciata da uno scoglio
e da una piccola barca
che danno un senso all’infinito.
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