FORNAINIANA
(SINFONIA
CROMATICA DI UN ARTISTA PISANO)
Una
vita d'arte tra dipinto-narrato-poetato: questo è il significato più autentico
di Enrico Fornaini, ritrattista d'affreschi, pittore di Altari.
Riflessioni,
osservazioni, rievocazioni,visioni, versioni, costituiscono il suo “zibaldone”
d'immagini che squarciano episodi del tempo, forzano ogni frammento di memorie,
fluttuano vorticosi tra Pale di Altari e studi di Artisti, bizze d'Arno e
nobiltà di glorie da una modesta stanzuccia in S. Martino a Teheran, da Edoardo
e Luca De Filippo a Teresa di Calcutta.
In un
dipanarsi lucido, ironico, umile, divertente (l'ulivone di Filettole), spesso
commovente (Franco e Anna – gli amati genitori – il quartiere S. Martino di
Pisa), Fornaini ci appare tra un rigo e l'altro, come un “ritratto”
esponenziale congenitamente scolpito nelle sue mani dalla fanciullezza. Potrei
immaginarlo studente-apprendista sui Lungarni, rapito dal genio di
Michelangelo, con la tavolozza a fronte di un mix cromatico che si ravviva nel
suo romanticismo popolare così sanguigno e sincero, metamorfico richiamo antico
e ritmicamente sacro di antiche “botteghe” d'arte. E' il richiamo di una
mitologia personalissima che si riscopre in mille volti di un volto, in mille
affreschi di un Santo e Cristo e Madonna; in mille pannelli di un dipinto per
ogni chiesa. Mi piace immaginarlo squattrinato idealista con famiglia, ma non
sfiduciato che si rilancia nella scenografia pucciniana suscitando la
generosità di un amico, la benevolenza di un parroco (Don Ghilardi), il
sacrificio di una madre, la serietà di un padre sempre presenti al bisogno.
Le sue
“visioni”, anche si intrecciano nell'umanesimo di colleghi pittori, di modelle,
di singolarità in un mondo che il suo “tempo” accoglie con entusiasmante semplicità
di un tracciato artistico brulicante di piccole cose, di fiori ed erbe, di
naturalità autentiche, di emozioni forti (memorie maremmane), di sentimenti
intensi (Saverio...), di accenti delicati (la “polacchina”...).
Pioggia
– le acque le canne – interno di un giardini Villa Manzi – L'Arno 1962... sono
alcuni dei suoi sogni interiorizzati in parole dipinte, macchie di luci che la
narrazione storica non può ignorare mai, e questa “Fornainiana” testimonia in
un mosaico unico multiforme ed irripetibile.
Quella
Storia (Pisa-1944) che si apparenta con la memoria di una Napoli originalissima
e delicata e si nasconde nelle vicende personali (una sassaiola, una caduta...)
a confrontarsi poi con il “nudo” ovvero il maggior realismo esistenziale
concepibile per un poeta del segno.
Il
“maestro” di modestia Fornaini, educato a imparare e trasmettere, non potrebbe
essere più creativo di come in “Filiberto (il pescatore di Torre del
Lago)” testimonia la rude vitalità dell'esistere nel pescato consumato in una
“tana” da bucaniere; di come nel Santo Fondatore risorge la genuinità di
un buon proposito ecumenicamente condiviso (la sacralità delle opere); di come
le sue poesie dipingono e narrano scenari immaterialmente materici, riunendo i
vari composti (dal naturale al sacrale, dal trascendente all'umano) in un
contesto “quadro” d'affreschi che si alimentano di spazi e strumenti per
rivivere liberamente la creazione. Spazi e materie delineate dalla mano e
dall'interiorità più nascosta sul lago ghiacciato di Massaciuccoli o nei
“piccoli” - grandi personaggi come Saverio
o Johon l'americano...
Allegorie
si diceva, simbolismi effervescenti, riferimenti quasi misteriosi si sfilano
nella sua pulsione cromatico-plastica, quasi incisivamente scultorea per gli
umili, i poveri cristi, gli esclusi, che si trasformano magicamente in
personaggi d'eccellenza iconica come Leone l'ortolano o Isola (la raccoglitrice
di cartoni e carte)...
Allegorie
e simbolismi di sacralità sublimante si alternano poi nella sua capacità
intuitiva decorativa e metamorfica (dal disegno al dipinto; dall'inciso
all'affresco...) particolarmente nel settore della trascendenza teologica (come
gli affreschi di Staffoli – lo “Stabat Mater” - la Pala processionale di San
Ranieri – l'Ultima Cena – la Pala di Siena – le nozze di Cana - la conversione di San Ranieri – gli affreschi
nella chiesa del Redentore in Madonna dell'Acqua – gli affreschi di
Lappato...).
L'artista
pisano quindi in tutte le tecniche sperimentabili (non ultimo il pastello)
medita la storia dell'esistenza e ne traduce ogni frammento come restauro della
propria espressività. Dai frammenti dunque l'importanza del piccolo-grande
particolare (la veste sacra di Lappato – la scatola delle scarpe di Don
Ghilardi – il neo del vescovo – l'Artistone del Teatro Puccini...).
Di qui
il “narrato dipinto” puntuale , chiaro, misterioso, allusivo e quasi
subliminale per illustrare un “attimo” di auto-genesi creativa che potrebbe
sfuggire allo sguardo dell'inconsciamente presente se non fosse “catturato” in
un lirismo espressivo identificato in un Cristo, una Madonna, una modella, un
vicolo di Pisa, un medico provvidenziale, un amico collezionista, un Maestro
artista (Annigoni), o se non fosse a tale punto scolpito da immaginare
sensazioni tanto materiche quanto spirituali.
Tutto
ineffabilmente concepito anche nelle “visioni” cromatico-liriche (il Temporale
– una villa abbandonata...) e nel suo modello originalissimo di interpretazione
della “sacralità” come “vissuto” della natura, ovvero decisiva possibilità per
l'essere umano di comprenderne il più profondo significato “incarnando” uomini,
donne, animali, vegetali, paesaggi, cose (il Tutto) in simboli estatici di
“credo” spiritualmente accessibili alla quotidianità esistenziale che si
distanzia dalla comune percezione della realtà. Enrico sembra infatti accedere
all'illuminazione di un “vedere” più ampio di quanto consentito dalla nostra
minuscola gamma di frequenza nell'ambito della “luce visibile” (ovvero lo
spettro elettromagnetico) e il suo “universo” artistico sembra sconfinare in
quell'invisibile che sfugge all'attenzione della normalità riconoscibile (ne
testimoniano le esperienze esoteriche e la “sensibilità” conduttiva trasmessa
in tutta la produzione pittorico-letteraria).
La
“personalizzazione” di una più complessa “realtà” (peraltro inesistente ed
illusoria; la materia è costituita da “atomi” che non hanno solidità, sono spazi
vuoti al 99,99% e quel che ne resta è energia) costituisce quindi l'ultimo
“appello” dell'artista alla comunione spirituale della visione
universale. La luce del suo “credo” illumina quindi ogni immaginazione e le
“opere” continuano, tra esperienze pubbliche e private, ad arricchire la nostra
possibilità di avvicinare il “mistero” che ci circonda e ci turba.
Ma
quale “mistero” avvalora il suo percorso?
Evidentemente
quel “regno” di pace, amore, beatitudine in cui tutto è “Uno”, (senza conflitti
e paure) e l'Infinito, unica verità che sembra confermarci ogni possibilità e
sensibilità dell'impegno di un profeta del colore.
Tutta
la sua produzione artistica infatti sembra ispirarsi ad un “Amore infinito” per
la Coscienza sino al punto da ritenerlo il nucleo dell'esistenza, senza
temporalità né spazialità manipolanti e condizionanti. E' il “regno” di tutte
le possibilità ed è il “cuore” di ogni esistere che trova la propria totalità
nell'immobilità e nel silenzio gestuale della scintilla che la narrazione
pittorica, oltre ogni interpretazione convenzionale, rivela.
L'Armonia
intelligente non può interpretarsi diversamente e rimane l'incompiuto suo
incantesimo autentico desiderato.
Incantesimo
di un “chiostro” (la magica stretta del silenzio...), di una “solitudine”
(vivere con l'entità che si riflette nel cuore...), di un “passato” (...ricordi
che si scompongono in cromatismi celesti...); incantesimo da un'alluvione
“miracolata” (4 novembre 1966 a Pisa), incantesimo di un Santo(Ranieri) che
l'artista reinterpreta nella sua umiltà ieratica con l'Acqua, la Croce Pisana,
il Vangelo..., incantesimo dei dipinti di una Vergine Maria senza spazio-tempo (profonda
intuizione, infatti spazio e tempo sono illusori, già considerati tali dal
grande poeta Blake e testimoniati peraltro da molte esperienze di pre-morte).
In
effetti tempo e spazio si ritengono esistenti solo come informazioni
codificate in struttura in forma d'onda e poi decodificate dal computer
Corpo-Mente nell'esperienza di tempo e spazio. Solo l' ORA eterno è l'unico
momento esistente, come l'Infinito.
Dunque
stimoli stuporici, meraviglia alla coerenza tematica e capacità tecnica
manifestate in questa
Fornainiana ( non
ultimo il grande affresco dedicato alla “giustizia” realizzato a Pontremoli,
gli affreschi dedicati alle due guerre mondiali dipinti a La Spezia e l'olio su
tavola per Sant'Antonio da Padova) che rimarrà un punto fermo per capire
l'artista e decifrare il suo più intimo e inafferrabile “universo”.
MARCO
dei FERRARI
(scrittore
- critico)
In direzione del pittore e maestro Enrico Fornaini e del critico e scrittore Marco dei Ferrari si muove un desiderio di fratellanza che entrambi sono capaci di ispirare.
RispondiEliminaEntrano nella ristretta cerchia delle mie amicizie.
La lettura che il critico d'arte fa in relazione alla vasta e accreditata opera del pittore pisano mi dispone nella condizione di pura felicità.
Ubaldo de Robertis
Ancora una volta ammiriamo la preziosità del lessico , la policromia della prosa dello scrittore Marco dei Ferrari. In questo caso perfettamente idonea ad illustrare l'opera del pittore Marino. Edda Conte.
RispondiEliminaSempre attento e suggestivo, Marco dei Ferrari ci introduce nel mondo dell'arte con sensibilità e maestria: in questo caso,attraverso la lettura competente e appassionata delle opere del pittore Enrico Fornaini, ci permette di entrare nell'universo affascinante e misterioso dell'artista pisano. Un grazie sincero a chi sa farci vedere al di là di ciò che appare!
RispondiEliminaCristiana Vettori
Chiedo scusa . Nel mio commento riguardo allo scritto critico di Marco dei Ferrari per un lapsus ho fatto il nome del pittore Marino anziché quello del pittore Enrico Fornaini. Ovvio che si tratta di distrazione, di cui chiedo venia .
RispondiEliminaEdda Conte
Un affresco di personaggi vivi,quello di Marco Dei Ferrari, seguendo la suggestione emotiva che Enrico Fornaini trasmette dale sue opere,sempre palpitanti.
RispondiElimina...E Pisa è così dolce sotto una luce che la rende eterna !
Un affresco di personaggi vivi,quello di Marco Dei Ferrari, seguendo la suggestione emotiva che Enrico Fornaini trasmette dale sue opere,sempre palpitanti.
RispondiElimina...E Pisa è così dolce sotto una luce che la rende eterna !