Mariagrazia Carraroli
Letti
bianchi
Sono dieci letti di ospedale che, umanizzati,
sentono, dicono, ascoltano, in un susseguirsi di ontologiche sensazioni, soggetti-oggetti,
essi stessi, di invenzioni di rara creatività poetica. Già avevo avuto
occasione di esprimermi a proposito del testo “Trittico” dell’Autrice: “… La poesia
della Carraroli va snella, con misure apodittiche, e slanci verbali di rara
fattura; va con eufonica andatura affidata ad una semplicità maturata nel tempo.
Il suo scopo è quello di tradurre l’amore, e il senso della vita in
oggettivazioni verbali di corposa visività…”. E qui la Poetessa dimostra tutta quanta la sua
sensibilità in un tracciato di amorosi sensi, di conurbazioni umane: Letti
bianchi; corsie; ammalati; storie; sofferenze; dolori; esclusioni; solitudini,
compagnie. Un mix umanamente coinvolgente che ci cattura con un linguismo di
rara potenza verbale; di esperita vicissitudine umana: Anche il letto vicino si conforta; Sono ancora il suo letto di dolore/
lui stringe i denti poi sorride; Piange la figlia/ sua madre scomparsa/ mentre
c’era. La storia si distende senza cadute di stile, senza deviazioni
emotive fino all’ultimo letto, vuoto:
Su
di me l’ala dell’angelo/ ha raccolto l’ultimo respiro. Poi le porte
finalmente si serrano… i letti bianchi tacciono, esausti di sangue, urina,
odore, dolore. Nessun oggetto più di loro è umano.
Nazario Pardini
DAL TESTO
LETTI BIANCHI
Al
lettore
Il
2014 è stato un anno difficile per la mia famiglia, segnato da interventi
chirurgici rischiosi e da conseguenti, ripetuti ricoveri ospedalieri, nonché da
lunghi periodi di degenza in strutture atte alla riabilitazione,
L’esperienza
dolorosa in sé mi ha offerto l’occasione di constatare la forza d’animo, il
coraggio e la determinazione del mio compagno di vita Luciano Ricci
nell’affrontare sofferenze, disagi, limitazioni… Non solo. Mi ha consegnato in
dono anche la felice opportunità d’incontrare e di imparare da altre
esperienze, storie e situazioni umane gravide di tribolazione, sì, ma più
spesso per me d’impliciti insegnamenti.
Frequentando
quelle anonime corsie ospedaliere ho potuto avvicinare molta dolente umanità
che attendeva di essere soccorsa ed aiutata dentro ai letti bianchi della loro
pena.
Letti
simbolicamente divenuti “umani” dal patire delle persone che ospitavano.
LETTI
BIANCHI che ho voluto rendere protagonisti, restituendo loro capacità di
percepire, condividere e riferire realtà diverse con una loro non asettica voce…
Mariagrazia Carraroli
LETTI
BIANCHI
E’ l’ora.
A bocca spalancata le porte del reparto
ingoiano visitatori.
Impazienti i letti bianchi vivono
nell’attesa di quel tempo/spazio in cui, mani che si stringono, sguardi,
sorrisi e parole che si scambiano, leniscono un poco il carico di dolore,
paura, stanchezza e solitudine di cui sono il contenitore.
Ogni letto un dolore, ogni letto una
storia e un sentire da raccontare…
DAL TESTO
LETTO N° 1
E’
bello il ragazzo albanese
la sua
baldanza frenata dal gesso alla caviglia
Una
rissa- dice-
lui
contro quelli della discoteca
innocente
-dice-
colpa
dell’alcol
e
senza permesso di soggiorno
Vengono
i parenti
parlano
la lingua che conosce
portano
bibite e banane
Una
sera
a lui
dintorno come ala tutelare
si
segnano tutti recitando una preghiera
Anche
il letto vicino si conforta
LETTO N°2
E’
caduto -dice-
tentava
una mossa inopportuna
in
cucina con la moglie che guardava
Anziano
già segnato d’antica amputazione
tempra
tenace
l’intervento
superato
Canta
tra sé una romanza conosciuta
e vince
la mala previsione
Sono
ancora il suo letto di dolore
lui
stringe i denti poi sorride :
ce l’ho fatta -vedi- coraggio ci vuole
coraggio nella vita !
E i
medici stupiscono
con me
che a stento lo contengo
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