COMMENTO A
“IL SORRISO DEL MARE”
“IL SORRISO DEL MARE”
DI NAZARIO PARDINI
W.H.Auden, nella sua più famosa raccolta poetica, pregava ironicamente (e disperatamente)
i suoi lettori di rivelargli la verità sull’amore, scrivendone tuttavia come se
si trattasse di un mistero inestricabile, sospeso tra lo scetticismo incombente
e la passione inspiegabile.
Forse
non occorre precisare che la risposta comunque non c’è, o forse ci sono
infinite risposte, tanti quanti sono i versi che i poeti di tutti i tempi hanno dedicato a questo tema così fondamentale
e sfuggente, pur se la verità è sempre una sola e irraggiungibile.
Anche
Nazario Pardini, da straordinario poeta-filosofo qual è, in questa sua essenziale
e quanto mai affascinante silloge, ci dà la sua esemplare risposta.
E ce
la dice senza dirla mai esplicitamente, lasciando parlare le immagini fatte di sguardi
intensi o appena accennati e di accattivanti sorrisi, tra squarci di solarità
primaverili o estive, e scene idilliache su cui incombe sempre il temuto
inverno. Immagini espresse nell’attimo fuggente, ovvero nella consapevolezza
della tirannia del tempo, del cambiamento e della sparizione, e insieme nella loro
persistenza stessa. Immagini che talora riemergono
improvvise dai misteriosi meandri della
memoria, come direbbe Sant’Agostino. Cito non a caso Agostino, perché
stranamente in questa raccolta intravedo anche una sorta di mitologia
religiosa, che mi ricorda anche un altro grande mistico d’Occidente, ovvero San
Giovanni della Croce, il quale nel suo Cantico
spirituale ci dà anche lui la sua
risposta sull’amore, parlandone come di un’esperienza del tutto sconvolgente, per poi suggerirci:
“Bada che l’afflizione d’amore, non si
cura se non con la presenza e la figura”…
Nazario
Pardini invece cura la sua afflizione d’amore – che è sempre platonicamente “mancanza” - rincorrendo a un sogno
dell’adolescenza, pur ben sapendo che l’amore reale è presenza importante, ma
ricordando anche come il poeta abbia bisogno di ritrovare quel ragazzo
timido, emozionato e perso dietro a una giovane donna
che, anche se davvero incontrata, in fondo rappresenta la sua anima inquieta,
alla perenne ricerca della bellezza e della gioia, irrimediabilmente sulle “orme di una corsa senza fine”.
Ed
infatti si chiede, pur senza alcun bisogno dell’ interrogativo: “ma tu dove sei, anima dei giorni miei”… e
subito dopo aggiunge con rimpianto
“portasti via con te la giovinezza”… Pure la giovinezza non è solo un fatto cronologico,
è l’entusiasmo, il batticuore, la
meraviglia, è la voglia di vivere… ed è nello stesso tempo la felicità afferrata
per un istante ma come se dovesse essere eterna.
Di
queste cose ha soprattutto nostalgia il poeta, senza accorgersi che queste
cose, basta un attimo, e le ha di nuovo all’improvviso tra
le mani, proprio non appena si abbandona a queste miracolose immagini interiori.
Così
la poesia assolve al suo straordinario compito di vedere l’invisibile, ma anche
di trasformare il cuore di chi lo legge, come se fosse una preghiera o un inno.
Di qui la sua connotazione tendenzialmente religiosa come dicevo, e non è a
caso che tra tutte le poesie dedicate all’amore della donna perduta, appaia la
struggente mancanza della figura paterna. Perché non della madre, mi sono
chiesta, essendo la silloge dedicata alla natura femminile dell’anima? E al di
là della testimonianza del commovente rapporto con la figura paterna, non ho
potuto fare a meno di pensare alla metafora del divino, che sicuramente è anche
“madre”, ma che nell’archetipo fondante è caratterizzato dall’immagine del padre,
ovvero di colui che guida e che accende la luce come una cometa, per indicare
la strada.
Le
ultime due poesie parlano della musica e della sua magia. Il sogno e le
immagini stesse si stemperano nell’armonia del suono e della luce dove la donna
amata riappare in una visione di bellezza. Forse per riportare il cielo
sulla terra e ricordare a chi se ne dimenticasse che la divinità è anche laica
quando ritorna viva in mezzo a noi e si fa natura festosa e coinvolgente.
Proprio
come il sorriso del mare, che sempre fa da sfondo, perché è tutto.
Giusy, sei un critico che fa tremare i polsi! Bellissima questa pagina nella quale sai connotare le dieci liriche d'amore, di saudade e di sogni del nostro magico Condottiero, con la filosofia tanto cara al tuo cuore. La tua interpretazione dei versi possiede un quid che li impreziosisce, li rende più completi e, comunque, sempre fruibili. Non ti nascondi dietro i chimismi, sai essere vera e ispirata anche quando leggi. Dono raro e purissimo. Il Poeta che recensisce il Poeta rappresenta sempre il cerchio che tende a chiudersi. Tu, come altri maghi dei versi, sai entrare nelle liriche e riesci a porgerle nella loro arcana, primigenia essenza. Stringo te e il Sommo con infinito affetto e gratitudine.
RispondiEliminaGiusy Frisina commenta le poesie de "Il sorriso del mare" di Nazario Pardini, una silloge che canta l' amore. Giusy parla d'amore in modo profondo, toccante, condivisibile.
RispondiEliminaE il mare, così presente e caro alla penna di Giusy, fa da sfondo e sorride.
Un caro saluto alla poetessa e al nostro Nume tutelare....
Loredana D'Alfonso