Alla luna
Tu mi
donavi un mondo e ti sforzavi
a farlo perleo
agli occhi inteneriti
e all’anima
feconda, quanto basta,
di spasimi
e di slanci. Gocciolavi
le stille
di dolcezza sulla pelle
di lei, che
svariava nel colore
latteo
delle ninfee, camminando
lungo il
ciglio del lago. Tutto era vago .
al lume che
addolciva il troppo vero
sulle
piaghe del seno. Lei incedeva
distante.
Ricordava
le tenui
ninfe ch’io spesso leggevo
sparire e
riapparire in sogni flebili
di pagani
cantori. Ricordava
mistiche
ebbrezze, immagini negate,
parvenze di
misteri giovanili
intrise di
notturni. Ma è settembre.
E ora cosa
sei pallida luna!
A cosa mi
somiglia il tuo pallore
sfumato nei
canneti di lacustri
rumori.
Solamente
una povera
luce che non brilla,
che fragile
si estenua nella notte
consumandosi
stanca. Solamente
la parvenza
più povera che prova
a imitare
una stella. Ma io lo so
che tu non
hai la forza. Servi solo
a rifugiare
male le menzogne,
e l’ombre che
tanto si atteggiano,
mimetizzate,
a sogni che poi ingannano.
Ora ti
vedo, luna, nella tua
disperazione
simile a un fantasma
che piange
e si lamenta con la voce
di nibbi e
di gipeti. Tu non eri,
ora lo
vedo, a rendermi fatali
e divini i
notturni. Era soltanto
lo sguardo
suo celeste che predava
alla notte
cobalto il mio dolore
per
renderlo preghiera,
d’oltresera.
Da Alla volta di Lèucade, Baroni Editore, collana Mediterranea, 1999
Nazario carissimo, in questa lirica che non conoscevo e che, come sempre accade, mi ha stordita, evochi la luna, come un tuo illustre predecessore, senza consentirci di rimpiangerlo. Giacomo Leopardi ha in comune con te una bellissima opera, il titolo della stessa, l'evocazione dell'astro notturno e le rimembranze, ma tu sei nuovo, appartieni a questo secolo, anzi anticipavi il 2000, vista la data nella quale è stata concepita la lirica. Continuo a stupirmi del tuo stile moderno, che attinge al metro classico rendendolo attuale, arricchendolo di figure retoriche magnifiche e impreziosendolo di immagini che fanno bene e male al cuore. La luna, un tempo galeotta, invecchia insieme ai sogni, impallidisce:
RispondiElimina"A cosa mi somiglia il tuo pallore
sfumato nei canneti di lacustri
rumori."
E non la riconosci, ti sembra altra, nuova e lontana.
"fragile si estenua nella notte
consumandosi stanca."
Non si può fermare le lacrime dinanzi a versi così ispirati, lacerati dal dolore, dalla dolcezza e da quell'innocenza che ti appartiene, che mi continua a stupire e ad accarezzare. Leggere poesie simili è resurrezione. Si crede nel Poeta che sublima ogni stagione del proprio tempo, che trasforma la luna in compagna di viaggio e di preghiera... Sei malinconico, comprendi che l'amore di un tempo non indossava l'abito argenteo della luna, ma il tuo ardore, eppure doni umanità all'astro notturno, lo antropomorfizzi, per renderlo vicino alle storie di oggi. La luna è 'disperata', 'simile a un fantasma': riflette la nostalgia, soffre di saudade come te... ha conosciuto altri cieli, altre notti. Sì, sembra proprio che ti rivolga a una compagnia di viaggio, che seduta in un angolo del cielo, ricorda e sbiadisce, invece di imbiancare come te, come ognuno. Ripone i sogni in un angolo segreto e, nel suo pallore, attende l'aurora del tempo. Sei portentoso! Un forte grato abbraccio.