Flavio Vacchetta: La
scala luminosa. Puntoacapo Editrice
<<A quanta parte di malattia
potrò ancora sorridere?
Ah siete voi che odorate
il pigiama mio che sa di chemio?
Io di rabbia, a tossire
vi chiamo in piedi
ma non per pietà o compassione
sui gradini, sotto a premere
il pulsante in ascensore
e via al piano superiore
a trovare una bella infermiera
ma molto brava professionalmente
la quale mi guarda, mi riguarda
scuotendo la testolina
penso: chissà cosa penserà di me...>>
E’
un’opera intensa, epica, direi, dedicata al fratello, dove la tragicità del
male e del fatto di essere umani esonda sentimenti e passioni, amori familiari,
tristezze di abbandoni, tormenti verso assenze irrimediabili. Ma al contempo
tutto è regolato da una solida fede che permette di trascinare l’umano, per
contenerlo, su una scala di forte poesia che azzarda i gradini verso la luminosità
dell’Eterno.
L’opera
è di una scrittura così nuova, così maturata su esperienze vitali, così agile, abbondante,
stratificata, e mai oberata, certo, di inutili orpelli di intralcio, che riesce
a fasciare (con la possibilità che il verbo possiede di accostare l’immensità
del dolore e dell’amore) tutte le occasioni esistenziali del vivere, del
decadere, del morire, del memorare e del credere.
Un
grande e violento impatto emotivo determinato dall’intensità analitico-psicologica
della narrazione in cui gli agenti principali si confondono e si compenetrano
ora in dialoghi serrati, ora in soliloqui, ora in sentimenti di abbandono, ora di
conforto, magari, richiesto, ma non offerto inutilmente. Comunque mai in
disperati gridi per un confronto fra il potenziale dell’anima ed il fatto di essere
umani con lo sguardo rivolto al nulla.
Anzi,
una sottile ironia, a volte, aiuta il discorso a stemperare i toni, quando rischiano
di farsi disperati per la tragicità di una perdita.
E’frequente anche leggere pezzi di sconcertante
lirismo che cova sempre la sua linfa vitale su un realismo immediato, foriero
di una precisa e puntuale analisi, più che di una descrizione psicologica. Ed
ogni pur minimo elemento concorre in maniera determinante alla riuscita di tale
scavo.
Talita’Kum
<<Siamo
con.te… nti
questa
chemio mi lascia
l’amaro
in bocca, dicevi
occorre
un minimo di sostentamento
per
passare le notti,
dicevi
leggevi
attentamente la Sacra Scrittura
sottolineando
di giallo
le
antiche parole dal tuo
“amato
latino”
la
sera chiudevi gli occhi chiari
tentennando
il silenzio
ti
sfioravo appena
le
tue tremanti mani
bianche
quante
parole?
Tanti
fatti?
Ora
non ho voglia di elencarteli
mi
dicevi
ora,
in silenzio
è
il venti aprile,
che
giorno è nella
tua
nuova dimora?
Ci
sorprende il fatto
di
non riuscire ad intrattenerti,
come
se avessi voglia di fuggire
lontano
e velocemente
prima
il silenzio poi
lucci
e beppe
da
tempo reclamano
la
tua assenza
instancabile
presenza
dolcemente
liberavi,
lasciandocelo
il
tuo passaggio
sento
e di gioia
l’eco
della tua voce
nel
cortile
che
s’allontana
in
unica voce>>
E
il memoriale si fa presente come realtà ritornata a vita, anche se con tutti i rimpianti
che la memoria stessa si porta dietro:
<<…
Ci sorprende il fatto
di
non riuscire ad intrattenerti,
come
se avessi voglia di fuggire
lontano
e velocemente
prima
il silenzio poi
lucci
e beppe
da
tempo reclamano
la
tua assenza>>
<<…
accompagnate da angeli custodi
mio
padre, ancora
padre,
papà
una
volta ancora
in
più risorto
eccolo
tra i risorti
raffigurato
da dio stesso
c’è
presso la mia campagna
un
campo di papaveri rossi
proprio
in direzione del monviso
si
tratta di un ipermercato
d’antenne
d’aria in soluzione equa
un
incontro tra piccioni e topi…>>
Realismo, répêchage
di affetti familiari, lirismo, e saggio utilizzo di una natura disposta e disponibile
ad aiutare l’autore nella concretizzazione dei suoi moti interiori. Questi gli elementi
portanti della poesia del Nostro. Fusi insieme in uno stile omogeneo e compatto,
trovano la loro originalità in invenzioni verbali di grande efficacia poetica.
E quanto si addice quella campagna coi suoi papaveri rossi alla
figura del padre, papà risorto tra i risorti!
<<… guido dice:
m’hanno
trovato
un
torace sfatto
tanto
sport di montagna
per
cosa? Dice guido
poi
ridice:
ci
siamo scambiati casa
per
un destino controsole
di
una storia vissuta
almeno
una volta
sto
a lungo qui
tra
le case al colombè
a
carpire silenzi sfacciati
incalliti
di silenzio
senza
accorgermi…>>
Una maniera tutta nuova di fare poesia.
Una maniera discorsiva, vicina, invitante, carica di tanta umanità, detta,
però, quasi en passant, senza pesare
troppo sull’aspetto negativo della vita e dell’esistenza. Vacchetta ha trovato,
così, il modo di compiere l’Opera. Di confermare la sua potenzialità verbale e
narrativa.
Narrativa non come sequenza, ma come
cifra poetica. L’ha trovato nel sintagma, nella parola, nel legare personaggi,
mondi, credo e substantia in un reticolo spontaneo e costruito con naturalezza
aritmica che tiene al suo interno quella musicalità sufficiente a colpire le
corde umane.
E cosa è la Poesia se non che la
maestria nel saper involucrare l’anima in un discorso che la sappia contenere.
Forse questo è il merito più grande di Flavio
Vacchetta.
<<scalciano
le tue parole
posso
avvicinarmi
e
soffiarti sulle labbra salate?
Dimmi
di sì
e
sarò oceano…>>
Nazario Pardini 24/08/2012
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