Paolo Bassani
UNA
DONNA, UN QUARTIERE, UN CANTO:
Anna
Maria De Ghisi e Migliarina
Pagina
della memoria
di
Paolo
Bassani
Frettoloso passante, quando giungi al numero
civico 118 di via Sarzana, alla Spezia, fermati un attimo e alza lo sguardo. Vedrai
una targa marmorea. Leggila. Fu posta il 28 settembre 2002. Ho ancora viva
nella mente l’immagine di quel lontano giorno di festa. Sì, Migliarina era in
festa. La sua via principale era stata chiusa al traffico, per accogliere una
marea di gente intervenuta a quell’evento straordinario, con cui si rendeva omaggio
ad Anna Maria, alla sua poesia. Un evento semplice e, nello stesso tempo,
solenne, cui intervennero le massime autorità civili e religiose.
Altre
volte, sempre in onore di Anna Maria e della Poesia, via Sarzana fu chiusa al
traffico. Mi ricordo, per esempio, la manifestazione “Poesia e musica sotto
le stelle” del 18 luglio 2003.
Anche
quella sera di mezza estate fu festa popolare, ove la Poesia e la Musica
donarono a tutti un momento sereno. Parlare di Anna Maria De Ghisi a
Migliarina, anche tra chi non è appassionato di poesia, è abbastanza facile,
poiché Anna Maria ha lasciato un profondo ricordo nella sua gente. Invero, non soltanto
a Migliarina, ma nell’intera città e fuori. Anche oggi, a più di trent’anni
dalla sua scomparsa, il suo nome e i suoi versi sono rimasti vivi; sono tornati
puntuali come augurio in occasione delle nostre più care festività: Natale e
Pasqua. Angela, sorella della poetessa, ha continuato con amore a divulgare il canto
di Anna Maria. Centinaia e centinaia sono gli auguri inviati (e
contraccambiati) a amici, personalità della cultura e autorità: dal Presidente
delle Repubblica Giorgio Napolitano a Papa Benedetto XVI; ed anche fuori dei
confini italiani: dalla Svizzera, alla Polonia, al Brasile. Per Angela, il
ricordo della sorella e della sua poesia è diventato una ragione di vita, che
dà nuovo vigore e significato al suo esistere. Ora, attingendo dai ricordi,
vorrei raccontarvi come conobbi Anna Maria. Il mio primo incontro risale all’inizio
degli anni settanta. Fu durante la premiazione ad un concorso letterario (il “Nicola
Lisi”). Lei era presidente della commissione giudicatrice, io uno dei tanti
concorrenti venuti a ricevere una sofferta medaglietta. Se avete dimestichezza
con i concorsi letterari, sapete che spesso sono quasi l’unico strumento che
consente a scrittori anonimi di far conoscere le proprie opere. Pensate! Annualmente
sono più di 2.000 le manifestazioni di questo genere che si tengono in Italia.
Purtroppo, non tutte offrono sufficienti garanzie di serietà nei giudizi e nei
fini. Ci sono concorsi (spesso tra quelli che più hanno risonanza) ove il nome famoso
conta più dell’opera presentata e dove, non di rado, s’innesta un chiaro
disegno speculativo. Al contrario, i concorsi presieduti da Anna Maria hanno
sempre dato certezza di genuinità, ove la Poesia era la vera protagonista e i “poeti”
autenticamente onorati.
Mi piace ricordare il Premio “Il Dono del Sangue”, organizzato dal
Gruppo AVIS TMI, la cui premiazione si tenne solennemente nella Sala Consiliare
della Provincia, il 10 giugno 1978, alla presenza delle massime autorità e di numerosi
poeti giunti da tutta Italia. Memorabile fu l’intervento di Anna Maria. Le sue
parole, oggi come allora, mantengono inalterato tutto il loro valore: “Noi,
poeti, non vogliamo sentirci coinvolgere da un progresso che rischia di
uccidere la civiltà. Per questo, pensiamo con fede che l‘unica salvezza che ci
rimane sia la Poesia, intesa come sentimento
vero che esiste in noi, cantori della verità del cuore. Poesia che ci ripaga
delle ore negative della vita; che ci consola: libero e dolce canto spirituale
e umano che può elevarci dalla materia e salvare l’Uomo. Poesia: manifestazione
di Dio attraverso il Creato”. Prima dell’incontro al “Lisi”,
tuttavia, il nome di Anna Maria De Ghisi non mi era ignoto: sapevo del suo
legame con 4 la poesia, e qualche volta avevo avuto l’opportunità di leggere i suoi
componimenti poetici. Ero rimasto colpito da alcuni suoi versi, una sorta di
enunciazione, quasi un manifesto della poesia: “Non
voglio che la mia vita/ imbianchi e muoia,/ erba soffocata dalla pietre./ Tu,
Poesia, raccogli il mio grido/ e mi dai cuore di sorgiva,/ ali di gabbiano/ per
spaziare sul mare/ e intenderne le voci./ Così le mie mani accarezzano/ le
rugiade dell’aurora,/ così i miei occhi vagano/ fra le stelle innocenti/ e frugano
nelle vene del cuore. /Semi di umanità mi doni,/ forza di luce nel buio/ e
volontà e libertà/ che danno valore alla vita/ e ne spezzano le catene,/
mitigando l’arsura/ degli umani laceranti deserti./ No! dietro il muro/ non mi
voglio nascondere,/sconosciuta agli altri/ e a me stessa./ Oggi cresce l’azzurro/dalle
mie mani.” Sapevo
anche delle sue non buone condizioni di salute: forse per questo, quando la
conobbi personalmente, rimasi colpito dal suo spirito di vitalità superiore a
quello di altri che dalla vita avevano avuto tutto. Il
suo segreto era dunque la poesia. In essa credeva ardentemente e in essa
trovava la forza per sentirsi partecipe, al pari di ogni creatura, del sublime
disegno della vita.
L’incontro
di quel lontano giorno non rimase isolato: ne seguirono altri nella sua casa di
Migliarina e, anche se non divennero frequentissimi, rimasero costanti fino
alla sua morte. Mi riceveva nel suo studio: lì c’era tutto il suo mondo, tutta
la sua vita; lì sentiva nascere e morire le stagioni senza poterle vedere,
perché la finestra dava sulla strada chiusa da alti palazzi. Mi sono chiesto
spesso quanto conforto avrebbe avuto, invece, da una vista aperta sulla
collina, verso gli olivi, i pini e il mare. Ma,
forse, per Anna Maria quello studio non era chiuso. La sua poesia l’aveva
aperto come un verde pascolo nel sole, dove poteva ricevere i suoi poeti e dove
giungevano le voci dei suoi amici più lontani: Quasimodo, Montale, Bargellini,
Carlo Bo e tanti altri.
Lo
studio è ora vuoto, ma tutto è rimasto come allora: le medaglie d’oro e gli
antichi dipinti dei De Ghisi alle pareti, la biblioteca, la scrivania, la sua
penna d’oca, la vecchia pendola. Non c’è più l’usignolo. Il suo canto si era
spento qualche anno prima della scomparsa della poetessa. In questo studio
posso dire di aver conosciuto veramente Anna Maria, la sua poesia, la sua vita.
La
poesia che nasceva, e si rafforzava negli anni, dava forza, speranza all’esistenza,
colmava solitudini e diventava ragione di vita. Non tutti forse capivano. Ma
nonostante questa necessità di poesia – senza voler fare un’approfondita
analisi della poesia della De Ghisi – non mi è difficile riconoscere la validità
di un linguaggio che spesso raggiunge grande intensità emotiva e lirica, in
perfetta sintonia con la definizione data da Mario Luzi: “La Poesia è un
elementare bisogno dello spirito che s’incontra con la cultura, cercando di far
diventare il segno convenzionale, la scrittura, parola viva”. E, tutto
questo, non nasceva da improvvisazione, ma era frutto di anni di studio e di
ricerca.
Anna
Maria De Ghisi non aveva timore di classificarsi “autodidatta”. Ma noi
sappiamo che si dedicò con grande impegno allo studio della letteratura, della
filosofia e dei classici, indirizzata e seguita con affetto da alcuni
autorevoli amici del campo letterario. I testi di Pascal e di Tagore le erano
familiari e, soprattutto, amava i versi di Emily Dickinson che spesso citava. In
essi la sua spiritualità trovò nuova linfa, dandole forza e gioia di vita e
facendole cogliere il valore del creato e delle creature; una spiritualità che
trovava nel messaggio cristiano il suo compimento ideale. Anna Maria De Ghisi è
entrata nella Poesia del Novecento della nostra terra e, giustamente, con
quella targa ricordo posta sul muro della sua casa, la Città della Spezia ha
voluto onorarne la memoria e perpetuarne il messaggio di vita, d’amore e di
speranza.
Ciao
Anna Maria, volevo dirti che oggi ho ritrovato il tuo libro “Umanità nel
tempo”. Commosso ho riletto la tua dedica: “Al caro amico… dono il mio
canto umano, le perle del mio cuore.” Sono passati molti anni da quel
lontano 1975, ma il tuo canto è rimasto vivo come allora. Lo sento nel silenzio
di questa collina battuta dal vento di mare e arsa dal sole, tra scale bianche
di marmo e alberi sperduti. Sì, qui rimane ad attendere i bianchi gabbiani che
tornano a sera; a vegliare le stelle nei cieli infiniti di limpide notti; a
sfogliare in silenzio l’ingiallita corolla del tempo.
Scolpito
sulla pietra della tua ultima dimora, leggo l’estremo tuo pensiero: “I sogni
che non ho voluto scrivere/ spargili, vento del mattino, in un mare lontano/
perché l’onda li canti/ nella limpida luce./”.
Paolo
Bassani
Soltanto due parole, con le quali esprimere ciò che immediatamente ho sentito leggendo questa "Pagina della memoria" di Paolo Bassani: VERA POESIA.
RispondiEliminaSandro Angelucci
Ho ripreso questa pagina della memoria e l'ho riprodotta nel mio ultimo libro che sta uscendo in questi giorni.
RispondiEliminaPaolo Bassani