A
furia di sfogliare - di Roberto de Luca
Recensione a cura di
Angiolina Bosco
Quando
ho finito di leggere il libro del nostro autore Roberto De Luca, “A furia di sfogliare” ho capito di aver letto
dei racconti non solo interessanti, ma scritti con grande estro artistico.
Come
dice il critico letterario Angelo Marchese: <<Nella lettura di un testo
si possono dare due diverse modalità di approccio: la prima è eminentemente
intersoggettiva perché il lettore tende a immedesimarsi con l’opera, l’altra è
oggettiva nella misura in cui il testo è considerato una struttura chiusa che
deve essere decifrata>>
Ecco
che il libro fin dall’inizio riesce ad instaurare un rapporto tra lettore e
scrittore di pieno coinvolgimento e ci porta subito ad entrare nella
narrazione, anche perché la scrittura è fluente e si arriva alla fine di ogni
racconto quasi senza rendersene conto. I temi trattati poi sono vari, anche se
talvolta potrebbe sembrare, a mio parere, che vi sia un filo conduttore, un
nesso tra una storia e l’altra, e quindi che si tratti di un grande libro di
narrativa. La tecnica descrittiva del nostro Roberto De Luca risalta con forza;
si può notare il suo soffermarsi sui particolari, sia umani sia paesaggistici,
che rende l’universo nel quale si muovono i vari personaggi come un tutto unico
con quanto li rappresenta. E ognuno dei protagonisti è descritto con ricchezza
e varietà di notizie, con una tecnica di immedesimazione dell’autore
all’interno del testo, così da rendere ogni figura viva e partecipata , tale da
rimanere impressa nella mente di chi legge. La capacità di calarsi nelle azioni
che si svolgono via via e che rendono fruibile il racconto è una peculiarità di
Roberto De Luca: così non stupisce trovare nel libro un titolo significativo
come “Uno scrittore”, quasi a voler descrivere le problematiche e lo spirito di
chi si accinge a dar vita ad un’opera letteraria, esperienza che il nostro ha
affrontato in prima persona e che trasferisce in scrittura. Nel racconto infatti si dice: <<Voleva
scrivere quel racconto per uscire da quella sorta di apatia, cioè per un fatto
puramente personale, oppure lo voleva scrivere per riportare alla luce un fatto
che gli sembrava potesse avere dei contenuti interessanti per gli
altri?>>
E
ancora:<<Come ogni artista che si rispetti anch’egli soffriva di una
grande immaginazione e di un carattere visionario e queste sue caratteristiche
a volte erano spinte all’estremo dalla sua volontà di trarre un buon racconto o
un buon romanzo dagli spunti offerti dalla vita>>.
Ecco
proprio gli spunti offerti dalla vita caratterizzano ogni scritto di questo
libro, nel quale la bravura dell’autore sta nel saper trarre storie da temi
insoliti, come ad esempio in Notte, dove lo spunto è dato dalla lunga giornata
e dalla notte trascorsa nell’ imbiancare le stanze di una casa, o in Denti,
dove si parla del lavoro necessario del dentista.
Naturalmente
i tratti narrativi qui, come nelle altre pagine sono improntati sulla figura
del Protagonista, quale centro focale della storia che si sta svolgendo,
intorno al quale si muovono figure di contorno che arricchiscono la capacità
narrativa di Roberto De Luca.
Come
sosteneva il filosofo Montaigne nei suoi Saggi, <Una forte immaginazione
genera l’evento>, per noi questo evento è il libro “A furia di sfogliare…”,
che già nel titolo vuole evidenziare a mio parere sia una pregressa cultura
letteraria del nostro autore fatta di pagine da sfogliare, sia l’impegno nello
scrivere che genera una lettura e talvolta una rilettura attenta di quanto
scritto, così da poter giungere pienamente fruibile al lettore.
Nel
racconto “Uno sperimentatore” troviamo ancora spunti letterari che si
esplicitano nell’interrogarsi sulla realtà di fare poesia: <<La Poesia
reclama il saper cogliere l’eterno in mezzo a un mondo futile ed è lì, nella
sua disarmante semplicità, per cui è difficile saperla cogliere e
trascrivere.[…]>> E si continua: <<Quel che mi affascina è la sua
irreperibilità, eppure tanta ne è stata scritta e raccolta in centinaia di
volumi sotto al nome di centinaia di autori con il termine: Poesie>>
Sono
tutte considerazioni queste che rivelano come il nostro autore scavi nel
profondo della dimensione poetico-letteraria, traendone motivi veramente
probanti ed interessanti, e dando messaggi ben precisi al lettore.
Il
mondo in cui si muove Roberto De Luca è di riferimento al narrato del suo
libro, che oscilla tra fatti reali da descrivere e fantasie da elaborare. E
allora ecco che in diversi racconti compare il sogno, ovvero l’utopia di
cambiare il mondo, di rivivere storie antiche, una utopia che è un modus
vivendi di sfida al quotidiano. E come ideale e progetto irrealizzabile, con
riferimento anche al significato filosofico di utopia, come luogo che non è in
nessun luogo, ossia che non esiste, si presenta soprattutto “Breve viaggio agli
inizi degli ‘Ottanta’”, che narra appunto di come il periodo fosse
caratterizzato dal cercare di sperimentare situazioni nuove e diverse dalla tra
virgolette normalità. Non per niente l’autore intitola viaggio il racconto e
descrive un viaggio, un muoversi controcorrente, come se non potesse esistere
un saldo luogo al quale ancorarsi con le proprie certezze e sicurezze.
Un
merito grande del nostro autore è anche la sua notevole capacità descrittiva,
capacità che fa da contorno indispensabile agli eventi che si svolgono nel
testo. Un esempio è nel racconto “Cambiare”, dove si focalizza una serie di
immagini particolari: <<Si era guardato intorno e aveva visto che tra gli
alberi c’era ancora qualche pianta di melo, mentre i noci, che lui ricordava
piccoli alberi, ora erano maestosi e dominavano la valle. C’era una solitudine
ovattata, piena di quelle piccole invisibili presenze che un bosco fa sempre
venire in mente, specie quando gli alberi sono diradati e si vede in lontananza
tra di essi.>> Qui l’attenzione è sull’ambiente ma non mancano squarci
anche sui personaggi, come nel finale di “Uno scrittore” dove si dice:
<<Arrivato a casa si diresse nella sua stanza e accese il computer,
accese la lampadina, prese il taccuino, stappò una bottiglia di birra, si fece
un altro caffè, accese una sigaretta, poi cominciò a roteare in alto come fa un
falco che ha appena avvistato la preda; fino al momento in cui non piombò sulla
tastiera con le mani in atto di aggredirla.>>
Ecco,
vi è una accurata attenzione alla disposizione delle parole, all’impostazione
visiva che si vuole offrire a chi legge, un modo di scrivere che vuole fissare
con forza l’immagine nella memoria, che vuole essere comunicativo al massimo.
Del
resto sempre nel racconto intitolato “Breve viaggio agli inizi degli ‘Ottanta’”
vi è un chiaro esempio di cosa sia l’incomunicabilità umana. Il personaggio
di Alessandro, che non riesce ad entrare
in sintonia con alcuno, si trova poi in chiesa con la perpetua a tracciare un
quadro netto di due realtà che si sovrappongono l’una con l’altra senza
dialogare. Eccone un esempio: <<Allora la donna cominciò a indicare i
santi e a parlargli del suo povero marito, dei figli che erano lontani, per la
loro strada, di lei che era sola e che ogni tanto andava lì ad aiutare il
povero prete che ne aveva bisogno. Alex però, senza curarsi affatto delle
ciance dell’anziana, la rassomigliò seduta stante a una che andava ad
acquistare la carne da lui e le chiese se stavolta lo spezzatino lo voleva di
manzo o di vitella. Quella gli rispose che il povero marito, da giovane,
nell’immediato dopoguerra, aveva fatto il muratore e che poi aveva cambiato
vita nel momento in cui lo avevano assunto in ministero. Di contro lui le chiese
se le fettine le voleva tagliate fine per fare gli involtini o se le voleva più
spesse per cuocerle in padella o sulla brace e quella gli rispose che non
appena l’ultimo figlio era uscito di casa lei e il marito avevano fatto un
magnifico viaggio in Grecia e cominciò a raccontargli di Atene, del Partenone
ecc…>>
Insomma
la penna di Roberto De Luca chiarisce con perizia situazioni e sfumature
dialogiche che forse ad una prima lettura non vengono percepite in tutta la
loro importanza, ma che si manifestano a chi si cala nella narrazione e prende
in esame il testo con grande accuratezza. E’ un po’ il lavoro di decifrazione
di cui parlavamo all’inizio a proposito della citazione di Marchese.
C’è
ancora da dire che tutto il libro del nostro autore si presenta aperto ad ogni
riflessione, anche per la miriade di argomenti e temi trattati in così poche
pagine, quasi dipinti ricchi di sfumature e tonalità. E ogni racconto non è
delimitato o definito da conclusioni predeterminate; ognuno che si pone in
veste di lettore può tranquillamente trarre gli spunti che desidera! Questa è
la ricchezza di “A furia di sfogliare…”, un grande testo che veramente merita
di essere letto.
Angiolina
Bosco
Nota critica di Claudio Fiorentini
Claudio Fiorentini collaboratore di Lèucade |
Scritto con un linguaggio che scava nei meandri dell’esistere senza avere
l’ambizione di cercare l’essere, come un moto mite ma persistente, un borbottio
incessante in una pentola che bolle. Ma non è esplosivo, non è un linguaggio ad
affetti speciali. Sembrerebbe semplice, ma è estremamente difficile mantenere
un ritmo omogeneo quando non si narrano eventi ma si narrano percezioni, si
narra il vivere degli eventi. Insomma, la correttezza formale e l’equilibrio
narrativo scandiscono il ritmo del racconto senza la benché minima caduta di
stile, e senza inutili slanci enfatici (quelli cacciano il lettore fuori dalla
storia). Roberto riesce a porre il lettore al centro della storia e, alla
fine del racconto, il lettore si sveglia da un dolce torpore e si rende conto
che il protagonista era lui, perché tutte le sensazioni descritte gli
appartegono.
A furia di sfogliare è un libro di racconti. La loro trama non è importante, potrebbe essere anche banale, ciò che non è per nulla banale è il modo di inserire il vissuto del personaggio nel momento narrato. Importanti sono i personaggi che si materializzano davanti a noi facendoci da specchio. Ad esempio, Roberto potrebbe raccontare tutto quello che succede nella testa di uno che vuole accendere un fuoco ma i fiammiferi sono umidi, e uno, e due, e tre… andrebbe già bene raccontarlo così, no? Invece Roberto entra nella testa di quell’uomo e scova le più nascoste umane assurdità, trova le sensazioni più attorcigliate e le dipana, le trasforma in trama di tessuto. Per Roberto accendere un fiammifero non è importante per la fiamma che produce tra le dita, ma per il fuoco desiderato dall’anima.
Insomma, si tratta di sana letteratura, ricca di noi stessi, della nostra ridicolaggine.
A furia di sfogliare è un libro di racconti. La loro trama non è importante, potrebbe essere anche banale, ciò che non è per nulla banale è il modo di inserire il vissuto del personaggio nel momento narrato. Importanti sono i personaggi che si materializzano davanti a noi facendoci da specchio. Ad esempio, Roberto potrebbe raccontare tutto quello che succede nella testa di uno che vuole accendere un fuoco ma i fiammiferi sono umidi, e uno, e due, e tre… andrebbe già bene raccontarlo così, no? Invece Roberto entra nella testa di quell’uomo e scova le più nascoste umane assurdità, trova le sensazioni più attorcigliate e le dipana, le trasforma in trama di tessuto. Per Roberto accendere un fiammifero non è importante per la fiamma che produce tra le dita, ma per il fuoco desiderato dall’anima.
Insomma, si tratta di sana letteratura, ricca di noi stessi, della nostra ridicolaggine.
I racconti sono scritti così bene che non ci si
annoia. Non parliamo della fluidità della narrativa americana, per carità, non
si tratta di un libro veloce, per fortuna si tratta di letteratura nel vero
senso della parola. La narrazione è agile, lo scrivere è equilibrato… ma la
lettura richiede arrendevolezza, serenità, pace interiore... e meno male che
esistono narratori che obbligano il lettore a cercarle.
Roberto scava nella profondità dell’animo umano, è un cesellatore di emozioni transitorie, e quello che di solito succede in frazioni di secondi lui lo spiega nel dettaglio, con una grazia ineguagliabile, a tratti ironica.
Ce ne vorrebbero di narratori così!
Roberto scava nella profondità dell’animo umano, è un cesellatore di emozioni transitorie, e quello che di solito succede in frazioni di secondi lui lo spiega nel dettaglio, con una grazia ineguagliabile, a tratti ironica.
Ce ne vorrebbero di narratori così!
Claudio Fiorentini
Cenni biografici di Roberto De Luca
Roberto De Luca, autore del libro dal titolo A furia di sfogliare, è nato a
Rocca di Papa circa mezzo secolo fa. Vive a Nemi, un delizioso e umido paesetto
dei Castelli Romani, a due passi dalle sue rocchigiane origini. Appassionato di
Letteratura (da notare la maiuscola), scrive racconti, romanzi e poesie. Ha
partecipato a numerosi concorsi letterari ottenendo buoni piazzamenti. È membro
e collaboratore del circolo culturale IPLAC.
E' pura gioia trovare sul prestigioso blog del Professor Nazario la recensione della carissima Angiolina Bosco, seguita dall'illuminante commento di Claudio sulla raccolta di racconti del prezioso amico Roberto De Luca "A furia di sfogliare".
RispondiEliminaSi tratta di un testo di grande spessore artistico, nel quale l'Autore attinge dal laboratorio neo - realista e ci sorprende poi, in vari momenti, con voli pindarici, che oserei definire di pirandelliana memoria!
Ho avuto la fortuna e l'onore di presentare il testo di Roberto, al quale auguro per il futuro il successo che merita!
Posto la mia umile recensione per onorare l'amico e l'Autore.
Roberto De Luca ci traghetta nelle sue novelle dai connotati intriganti tramite una frase
di Bukowski, uno dei suoi Scrittori prediletti, che lascia intendere un viaggio attraverso zone oscure dell’esistenza. E fa supporre, al tempo stesso, una sorta di ‘fuga’ del nostro Autore, nella quale intende coinvolgere i lettori.
Seguo Roberto dai suoi esordi e con il verbo ‘seguire’ intendo, ovviamente, che sono stata una delle prime persone che ha avuto accesso al suo segreto rapporto con la letteratura. Rapporto nascosto, seppur coltivato da moltissimi anni, che tale sarebbe forse rimasto, per due motivi: in primis perché il nostro Autore rappresenta l’esempio dell’Artista puro, che scrive per se stesso; in secondo luogo per una chiusura caratteriale, che ho scoperto nel tempo che non s’identificava con la timidezza o con la mancanza di autostima, ma con una sorta di gelosia del proprio mondo interiore, forse anche di pudore…
Roberto, infatti, nei racconti – ed è riduttivo definirli così, in quanto ognuna di essi contiene in sé il seme, la potenza espressiva e l’estensione del componimento di ampio respiro -, si è sempre svuotato, rivelando l’altro se stesso, complesso, come raramente gli uomini sanno essere, anticonformista, teso alla trasgressione, intesa nell’accezione latina, trans – oltre e gradi – camminare, quindi ‘camminare oltre’, andare oltre i limiti.
Le sue Opere rappresentano luoghi nei quali si respira un senso di intimo, di ancestrale, di sanguigno. Il termine ‘intimo’ non sta a negare l’universalità degli scritti del nostro Autore. Egli si racconta o narra di altri individui, che portano in sé i suoi aspetti, come avviene spesso in letteratura, ma arriva a ogni lettore con forza, spesso addirittura con imperiosità.
Maria Rizzi