DAL BLOG TACCUINO ANASTASIANO DI GIUSEPPE VETROMILE
La
"Fragilità" nella Poesia di Ester Cecere
Che la poesia
possa essere una cosa fragile, è anche possibile. Non nel senso che possa
rompersi fisicamente, certo, ma piuttosto nel senso metaforico di delicatezza,
di particolare trasparenza, di cristallinità e di immediatezza. Maneggiarla
con cura, come suggerisce volutamente l'autrice di questa interessante
raccolta di poesie nel sottotitolo, è dunque indispensabile, se non perentorio,
necessario, se non si vuol "rompere" l'atmosfera e l'incantesimo
della intera costruzione poetica. Che è fragile, come ancora una volta il
titolo, in modo molto esplicativo, afferma, perché potrebbe sfumare,
sfrangiarsi, sfinire nella generale disattenzione della quotidianità,
frettolosa e indirizzata verso altri obiettivi, più specificatamente legati al
sopravvivere in questo tempo così caotico e in perenne crisi sociale e di
valori. Voglio dire, che la poesia va letta e interiorizzata con attenzione,
per integrarla nel proprio io direttamente, altrimenti c'è il rischio di
banalizzarla, di non capirla: può volatilizzarsi, infrangersi sugli scogli
metaforici di una realtà dura e difficile, come quella attuale: è fragile, la
poesia, in questo senso, dunque. Ed Ester Cerere, che non allontana da sé la
sua esperienza come ricercatrice biologa dall'atto creativo letterario, sa bene
quanto sia importante porgere agli altri, ma soprattutto a se stessa, un mondo,
quello poetico appunto, che ha una intelaiatura sottile, delicata, serica.
E'
esplicativa in questo senso la prima poesia del libro, dal titolo che
s'inquadra molto bene nel complesso disegno poetico propositivo dell'autrice,
"Bolla di sapone": D'aliti di vento sospinta, / elegante e
fragile, / nell'aria danzo. / Iridescenze mi vestono. / L'arcobaleno mi adorna.
/ In me il mondo si specchia. / Oscuro d'insidie / il mio cammino. / Il volo
d'una farfalla, / la foglia d'un pino, / temo. / Persino, il dito d'un bambino.
E' evidente
l'immedesimazione dell'autrice, che canta in prima persona, nel tessuto fragile
della vita, della quotidianità, e quindi la sua poesia, fragile, ricalca la
delicatezza e la sobrietà, l'innocenza persino, di certi aspetti della natura e
del sociale. Ester Cecere scrive quasi con distacco le sue liriche, ma è un
distacco tecnico, non emozionale, un distacco che indica rispetto e pregio del
contenuto, del detto, non quindi un'assenza di sentimento, un freddo narrare
asettico. Anzi, la sua "delicatezza", la sua "fragilità",
assume un carattere di precisa affermazione, a volte anche di velata denuncia: Maschere
/ d'un carnevale impazzito / nella mente impotente / s'accalcano, / grottesche,
cudeli, irridenti, / all'angolo il cuore mettendo..."
Abbiamo detto
del distacco, ma è proprio grazie a questa sua prerogativa, quella di
accostarsi quasi in punta di piedi al mondo poetico, al suo mondo poetico, con
grande rispetto e persino timore, che Ester Cecere riesce a creare strutture
poetiche dolci, apparentemente pacate, ma cariche di una visionarietà eccezionale,
che abbraccia la natura e l'uomo, visti con i propri occhi, la propria mente e
il proprio cuore: è lei stessa infatti la protagonista del suo dire poetico, è
lei al centro delle cose e del panorama intero. Osservatrice attenta, la nostra
autrice riesce a penetrare nel minimalismo delle cose per ricavarne frutti di
grande valore etico e morale, fino ad allargare il suo orizzonte privato a
quello più ampio dell'intero consesso umano: "Ch'io viva / godendo / di
notti senza luna. / Ch'io viva / fremendo / allo schiaffo del maestrale. /
Ch'io viva / apprezzando / il volo basso dei pipistrelli"...
Ester Cecere
si pone dinanzi al mondo e al suo mondo non con atteggiamento di sufficienza né
di ampollosa certezza: lei non ama definire le cose, ma lascia sempre un velo
di incertezza, di indefinitezza, il che non è pessimismo o riluttanza o
rassegnazione di fronte all'inestricabile visione e percorso della vita, bensì
consapevolezza poetica del grande mistero universale che ci circonda e ci
permea, nonostante l'affannosa ricerca di un perché ancora squillante, sempre
risuonante nel nostro cuore e nella nostra mente: "Incerta / la mia
alba. / Nel mare rosso sangue / annaspo."
Questo libro
di Ester Cecere, impreziosito da un'ottima e dettagliatissima prefazione di Nazario
Pardini, davvero è da "maneggiare con cura", anzi da apprezzare e
gustare con cura, perché offre motivi di riflessione da cogliere attentamente
nei suoi versi, e tra i suoi versi, brevi, delicati, ma veramente profondi.
Ester Cecere,
"Fragile, Maneggiare con cura", Kairos Edizioni, Napoli, 2014.
Prefazione di Nazario Pardini.
Giuseppe
Vetromile
6/7/14
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