Claudio Fiorentini collaboratore di Lèucade |
Molto si è dibattuto e si dibatte su cos’è
la poesia, ma trovo che troppo spesso in questi dibattiti si risolva la
questione con la definizione della forma, che sia metrica o meno non importa,
pur sempre di forma si tratta. Non intendo aggiungere nulla su come la poesia
debba essere strutturata, questo lo lascio fare a chi se ne intende. Vorrei
però dire la mia, impostando questo contributo su qualcosa, secondo me, di
essenziale affinché la poesia sia tale: il percorso interiore.
Già, il poeta (o l’artista in generale), a
prescindere dalla sua capacità tecnica, ha iniziato un percorso misterioso, e
questo fa la differenza tra parole messe insieme e poesia. Intendiamoci, non
dico che la tecnica sia da buttar via, dico semmai che non è l’essenza del
momento compositivo o dell’atto creativo. C’è dell’altro, e forse è importante
soffermarsi a parlarne.
La poesia, infatti, è, prima di tutto, una
ricerca, o meglio, un’espressione del mondo profondo e intimo che anima
l’artista. Insomma, prima di tutto vi è una spinta, qualcosa che non si può
spiegare, che non è l’ispirazione, che porta qualsiasi poeta ad esprimersi in
modo inedito. E che sia attraverso le parole, i colori, i suoni, il movimento,
non importa. Ciò che anima l’artista è l’energia potenziale che preme per
trasformarsi in movimento nel momento in cui si confronta con lo spazio e con
il tempo. Ora, lo spazio può essere il foglio bianco, la tela, il palco…
qualsiasi cosa che permetta l’espressione di questa spinta al movimento.
Quindi si passa da energia potenziale a
energia cinetica, e la trasformazione di qualcosa di inespresso in qualcosa di
espresso, che resta apparentemente inutile perché privo da qualsiasi servitù,
diventa un momento creativo.
Questa trasformazione nasce dall’esigenza
intima di esternare un mondo interiore, nascosto nel profondo, che può
esprimersi solo attraverso l’irrazionalità del gesto. Quando Ungaretti scriveva
versi in trincea, utilizzando qualsiasi pezzo di carta gli capitasse in mano,
non lo faceva certo per soddisfare un pubblico, ma per quella voce che aveva
dentro che chiedeva solo di esprimersi.
Ora, se noi guardiamo una piantina
insignificante, una di quelle che spuntano nelle crepe dell’asfalto, sul ciglio
della strada, in mezzo allo sterile nulla, e poi vediamo che da quella piantina
sboccia un fiore colorato che altro non è che un minuscolo puntino di colore
nel grigio, dobbiamo chiederci perché proprio lì, dobbiamo chiederci quale
forza misteriosa ha spinto quel fiore a sbocciare, nonostante l’ambiente gli
sia avverso… bene, quella è la forza della natura, la forza della vita che non
teme nessun condizionamento, che semplicemente deve manifestarsi.
La poesia è un po’ come quella forza
misteriosa, che deve assolutamente sbocciare, deve dire “io sono qui, ora, per
te”. È una voce interiore, e deve essere ascoltata!
Se la si ascolta, nasce qualcosa che prima
non c’era, e se la si capisce non si può fare a meno di continuare ad
ascoltarla. La capacità di ascoltarla è il motore dell’artista, perché
percorrere il cammino poetico significa premiare quella voce ogni volta che si
manifesta.
Per questo sostengo che la poesia sia un
cammino spirituale, perché è proprio quella la voce dello spirito che ci spinge
a sentire il flusso della vita e ad amarne il passaggio. Non si può, e non si
deve rimanere indifferenti a quella voce, così come non è indifferente quella
piantina sul ciglio della strada alla vita che ha in sé. Il poeta è quindi un
mistico perché percorre la via di questo mistero e ne capta i messaggi. Non vi
è nulla di razionale in tutto questo, anzi, è quanto di più assurdo si possa
fare. Se si trattasse solo di tecnica e di competenza, allora saremmo ingegneri
della poesia, ma non è così. La nostra esistenza percepisce il tocco magico
della vita, e a volte questo tocco è così elettrizzante che siamo tenuti ad
onorarlo attraverso un atto creativo, come se l’intelligenza fosse
improvvisamente contaminata dall’intuito più puro, e in questo intuito ci fosse
lo spirito che ci anima, e che in fondo è il soffio vitale che ci spinge più in
là del “dovuto”.
Diceva un amico: il mistico nuota nel mare
del mistero, il pazzo farebbe la stessa cosa se solo sapesse nuotare. Il poeta
è, in fondo, un mistico, anche lui ascolta la voce possente della vita, dello
spirito, dell’anima o di quello che sia… io mi limiterò a chiamarla “la voce
interiore”, che forse è la voce dell’archetipo…
Se poi il poeta continua il suo cammino
alla ricerca di quella voce, vive la sua arte come un percorso iniziatico che
lo porta alla comprensione del senso della vita, senso che si svelerà
completamente forse solo nel giorno della morte, ma che comunque è guida,
comunque è vita, comunque è la direzione da seguire per non tradire quel
germoglio sul ciglio della strada, che come noi è una manifestazione della vita
più pura.
Concludo dicendo che la poesia non è
necessariamente un racconto di qualcosa, tradurre in versi le emozioni è
probabilmente un buon esercizio, ma rimane un moto emotivo. La poesia deve
andare oltre, deve essere il velo che si squarcia e che si richiude, perché la
poesia esprime ciò che non è possibile dire in altro modo, che non sia poesia.
Claudio Fiorentini
Con uno sforzo mentale non indifferente il Prof. C, Fiorentini ha puntato l'attenzione sulla spinta iniziale, su quel momento misterioso, su quella forza propulsiva che impone l'autore a mettere nero su bianco dalla quale nasce la poesia in embrione (canovaccio) dal quale ne delinea a priori il contenuto, il messaggio. Conseguentemente, sopraggiunge la forma che passa ovviamente attraverso lo stile unico e personale dell'autore. Capita, a volte, nell'enfasi dell'estro, che tale canovaccio viene stravolto o del tutto accantonato per il quale l'eleborato prende un altro contenuto, messaggio, soggetto; e ciò avviene per il fatto che l'autore, in preda al suo estro creativo, in quel momento è l'essere più libero in assoluto ponendolo "oltre da se". Ho sempre sostenuto che l'uomo, con le sue categorie umane, sarà sempre incapace a definire in assoluto che cosa sia la poesia imprigionato com'è dal tempo e dallo spazio. Pasqualino Cinnirella
RispondiEliminaOttima interpretazione della Poesia. Complimenti, Claudio. Anche se non si finisce mai di scavare nei meandri di questo messaggio medianico che avvicina di più un poeta ad un guru...è difficile definire il significato di Poesia, se ne possono capire: tecnica, studio, linguaggio, categoria, estro, stile, non si potrà mai pervenire al suo mistero: vi è nella poesia l'imponderabile, l'Assoluto, una verità oltre, che preme per addivenire all'atto creativo di una "perfettibilità", mai alla perfezione. L'uomo incapace di assoluto, in poesia quasi sfiora l'infinito e ne riporta una traccia dal suo itinerante viaggio che risulta essere < l'archetipo > di ogni visione e sovrastruttura. E' l'anima a tessere la tela, mai la trama verrà a comporsi, se non vi è l'interferenza animistica dell'essere.
RispondiEliminaNinnj Di Stefano Busà
Permettetemi questa citazione: "Non si fanno poemi con la poesia. Solo l'artista scadente parte dall'arte; il vero artista la sua materia l'attinge altrove: in se stesso..."
RispondiEliminaEmil Cioran, La tentazione di esistere, 1956
Claudio Fiorentini
Sono pienamente d'accordo con questa impostazione estetica. Esiste un'infinità di stili e di forme poetiche, ma non si può confondere la veste con l'insondabile e incontenibile mistero che in essa si imprime. "Imprime" ho detto? E' sbagliato: più esatto dire "balena". Un bagliore, un lampo che decide da se stesso come presentarsi e come apparire. E non è che per questo il poeta non debba studiare. Tutt'altro! Il maestro che egli deve seguire è interiore, e può trovarlo soltanto nell'aula della vita: una scuola molto più rigorosa di quella accademica o ufficiale.
RispondiEliminaFranco campegiani
Caro Claudio, la tua dissertazione è molto vera e profonda, ti ho risposto sulla pagina di Artisti di Via Giulia. Complimenti.
RispondiEliminaQuesta riflessione di Claudio mi coinvolge ancora. Sono d'accordo con lui sul fatto che la poesia racconti l'extraordinario e che debba esplicitarlo in tale senso. Questo succede anche in teatro, che è locus mobilis, spazio che abbiamo in mente, a me congeniale. "Con- geniale"... dunque conforme all'indole della persona. Con-forme perché? Perché la forma non può essere separata dall'espressione artistica e meno ancora dalla poesia. Forma non come contenuto né come contenitore ma essenza stessa del dire poetico che si liberà poiché conosce la sua sostanza. C'è genialità nell'espressione artistica che pure ha bisogno di impegno, di studio, attraverso sé stessi in un cammino di parole che si fanno suoni, colori, gesti. Il tutto si inscrive nella totalità di un'opera.
RispondiEliminaIl contenuto dell'articolo di Claudio é puro scintillìo e, in tutta sincerità, avendo preso la misura dei miei limiti ed essendomi allontanata dal mondo della poesia scritta, non credo di poter essere la più idonea a esprimere un parere, ma alcuni termini citati da Claudio e dagli amici del blog mi hanno sedotta e, al tempo stesso, indotta in riflessione. Bellissima la definizione del nostro Fiorentini: "La poesia deve andare oltre, deve essere il velo che si squarcia e che si richiude"; Il dottor Pasquale Cinnirella ha scritto: "l'autore, in preda al suo estro creativo, in quel momento è l'essere più libero in assoluto ponendolo "oltre da se". La cara Ninnj asserisce: "L'uomo incapace di assoluto, in poesia quasi sfiora l'infinito"; l'amico Campegiani parla dell'ispirazione come di "un bagliore, un lampo che decide da se stesso come presentarsi e come apparire"... E la dolce Patrizia, infine, si sofferma sul punto che mi ha indotto in riflessione. "Genialità", ella scrive, ma che ha bisogno 'di impegno, di studio attraverso se stessi'. Ecco, mi sono chiesta, quanto si può 'nascere' poeti e quanto é necessario aggiungere alle proprie innate capacità lo studio tecnico? I poeti 'lavorano di notte', diceva la Merini, ma da figlia di un Poeta amante della metrica, mi chiedo se nel corso di quei 'lavori', tornano ogni tanto sulle orme del passato. Il mio intervento non ha assolutamente carattere di provocazione. Sono solo affamata di pareri, di risposte. Il dibattito é di una bellezza disarmante. Ringrazio Claudio, gli amici e, come sempre, il carissimo Nazario.
RispondiEliminaMaria Rizzi