Poesia
ampia, densa, pensosa, i cui versi, con generosa perlustrazione epigrammatica,
si fanno corpo e vigore di plurimi abbrivi esistenziali. L’Autrice, con un
linguaggio carico di metaforicità e slarghi iperbolico-allusivi, cerca di dare
spazio alla ipertrofia emotiva; il carico di visioni, covato in animo su
fecondi strati di cospirazioni vicissitudinali, si è tramutato in immagini di robusta
corposità. Sono le riflessioni sul correre dell’ora, sull’idea che la vita è il
tempo prestato dalla morte, a spingere l’animo della Galasso alla ricerca di
mondi che vincano la precarietà del soggiorno umano; a cercare spazi che
slarghino l’orizzonte al di là dei limiti del nostro esistere, dacché non siamo
che “naufraghi senza zattera” in balia di venti:
eppure
stiamo al mondo come balordi
naufraghi
senza zattera
solo
vento e una croce d'acqua
Ma
è il travaglio di odeporico senso, la voglia di un nostos che mira a lontananze, a dare al
poieio quel substrato di inquietudine che sa tanto di ultraumano weltschmerz in
un dire ammiccante, robusto e innovativo.
Nazario Pardini
L’ultimo
dei cieli
Ognuno
viene dall'ultimo dei cieli
invaso
dalla luce e dal disgelo
quattro
ossa un benvenuto
e le
unghie per scavare in fondo ai giorni.
Impariamo
ad applicare filtri al cielo
argini
per fare giorno dove cade la notte
una
folla di abbandoni in forma d'acqua
dentro
una casa salda di naufragi.
Abbiamo
chiuso gli occhi dentro queste stanze
di
alternative travestite d'abitudini
come
se la porta fosse solo un abbandono
per
scappare dal tempo che ci muore addosso.
Bisogna
forse imparare dalla pioggia
che
siamo gravidi d'amore e di sera
come
una condanna di pace
e
sulla fronte vaghe eternità
eppure
stiamo al mondo come balordi
naufraghi
senza zattera
solo
vento e una croce d'acqua
e il
posto da dove veniamo
è un
buco di buio
un
cuore di pietra.
Lontano
Ci
siamo messi in fila per cadere
come
il vento sopra la città
e
quando hanno smesso di battere le ore
siamo
rimasti muti come palazzi
una
base di cemento e un anniversario di polvere.
Ma
prima di tutto questo eravamo pronti
a
gettarci nel vuoto con un click
a
farci passare per diamanti di terra
con le
mani della giusta misura
E poi
invece
ho
deciso di passare a guardare come sta il mare
affondato
in un sogno di petrolio
che
appena si addormenta piange
ma noi
siamo troppo svegli e non dormiamo mai.
Ho
ordinato un passaggio per cena
che mi
porti lontano come quando sono nata
con un
buco nel respiro
tra le
costole e la schiena
dove
potevamo solo fingere di odiarci.
Io non
so contare
Ogni
nuovo inizio
è una
scritta hai vinto appesa al cielo
gli
occhi rotti
e un
odore di pietre.
Sarà
stata tutta colpa dei diavoli atterrati con la pioggia
della
notte che lascia a casa i giorni senza malinconie
e
delle vene la nostra casa di sangue
se
ogni passo in certi giorni
è
soltanto concime
per Amazzonie di pensieri.
Io non
so contare
i
numeri sono solo il tempo per avvicinare la fine
e così
ho preso una barca piccola
ogni
pensiero opera omissione dorme in fondo alla cambusa
in una
sera dolce e una pace antica
il
vento è come un padre che mi porta da mangiare
i nodi
in gola
la
voce del sonno
il
largo come un letto grande.
Biobibliografia
Mi
chiamo Mariagrazia Galasso, sono nata a Benevento nel 1982. I miei studi di
sempre appaiono lontani dall' interesse per la poesia che si manifesta da
sempre come un'esigenza inevitabile ed
irreversibile.
Nel
2008 ho pubblicato per Subway la poesia “Senza Titolo” nella raccolta
“Viaggiatori sotterranei, la nostra parte invisibile”.
La
partecipazione a Subway 2008 e 2009 segna, finora, l'unico tentativo di far
conoscere la mia voce.
Ci
sono giorni che al vento spuntano i denti e il mondo non è più che una coperta
ruvida sulle ossa lasciate a casa. Non sottrarsi mai a quel vento è
l'esperienza da cui nasce tutto.
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