martedì 17 novembre 2015

N. PARDINI: LETTURA DI "FIORE DI LOTO" DI SERENELLA MENICHETTI

Serenella Menichetti collaboratrice di Lèucade


Serenella Menichetti: Fiore di loto

Aprire le ali per un’avventura che ci elevi al di sopra del contingente


Ampie ali
per volare ed atterrare
oltre le tue radici,
che con cura conservi
sotto bianco piumaggio.

Passato e presente,
non si sommano.
Il futuro:
complessa operazione
in perpetuo mutamento
.

Poesia schietta, folta, rotonda i cui versi con tutta la loro forza iconico-intimistica si fanno concretezza di un sentire ampio e polimorfico. Passato presente e futuro si embricano in questo canto per dare plasticità al senso della vita; ad una vicenda vissuta in tutta la sua pluralità: immaginazione, realtà, sogno, speranza, memoria, saudade, illusione, delusione, amore; e sperdimento totale in un trasporto contemplativo di memoria leopardiana:

E sempre mi disperdo nell’oblio
del canto delle sirene.
Le palpebre  battono in un turbinio di coralli,
mentre inseguono il segreto dell’oceano.

Intanto, tu:
attendimi sulla soglia!
Ferma  il pensiero sulle mie mani.
Ai miei ritorni, esse
non saranno più nude. (Partenze).

  Tutto contribuisce a rendere questo “poema” umanamente lirico; liricamente suadente e vicino, dacché ognuno di noi vi trova una buona parte di sé stesso, del suo mondo, degli abbrivi di una  navigazione che volge le vele verso un porto di difficile approdo per un mare spesso in tempesta, pieno di scogli che rendono dubbiosa la rotta e in cui non è difficile naufragare:

Anche la vita
come l’onda urla
E proprio come l’onda
affonda.

E percuote, col suo bastone.
A volte in vita lascia il corpo
Ma straccia l’anima.

E la quiete a cui anelavi:
presto, si fa chimera. (Chissà se l’onde).

  E partendo proprio dalla citazione testuale è agevole penetrare fin da subito nella complessa poetica di Serenella Menichetti: poetica plenitudinis vitae.  Ci sono le radici, simbolo del nostro vivere ed esser-ci; simbolo di una storia in cui ogni ambito, ogni piccolo oggetto ha la sua ragione di essere; c’è il passato, il presente, ognuno con la propria identità, col proprio sacco di immagini, con la propria portata di sentimenti; c’è il futuro “complessa operazione in perpetuo mutamento”. Ma soprattutto c’è il volo, questa voglia di aprire le ali per un’avventura che ci elevi al di sopra del contingente, spesso folto di delusioni. E ambire all’oltre è umano, fortemente umano; è dell’uomo cercar di svincolarsi dal terreno per azzardare sguardi oltre la siepe. D’altronde è il tempo che ci misura e ci ragguaglia sulla futilità del nostro esistere; sulla precarietà di una vicenda in cui è difficile orientarsi, diventare padroni del nostro destino, essendo oggetti in mano di una clessidra che ci pilota a suo piacimento:

Chi sono ?
Forse una,
o tutte ?
A volte
Non riesco a trovarmi.
Vorrei uno specchio,
ampio.
Dove riflettere e rintracciare
la mia immagine
E ricomporla
con tutte le donne che io sono
. (A volte mi smarrisco).

Tanti sono i perché irrisolti e irrisolvibili in questa nostro andare; tante le domande che ci poniamo senza avere risposte: motivo di inquietudine e di dolore; di incertezze e insoluzioni; ed è il tempo col suo implacabile movimento, col suo inarrestabile viaggio a darci la contezza della nostra insufficienza. Ed è così che la poetessa è volta alla ricerca di quella parte di sé che la completi; di quei profumi nativi su cui costruire il suo firmamento:

Senza i piani inferiori,
il grattacielo
non tocca il firmamento
si sfascia al suolo.

E il tuo castello oggi, vacilla.
Paurosamente, barcolla.
Crolla, si disgrega.
In una massa senza identità

Un profumo di cera d’api.
Fu: Epifania. (Profumo di cera d’api),

di quel castello che la porti a toccare le stelle e che la renda totale in un mondo fatto di imperfezioni, di dubbi, di viaggi che spossano; ripescare fiori e colline di antiche primavere, profumi di giorni zeppi di luce, di altalene che toccano il cielo, per Serenella significa fare poesia; una poesia buona, ben strutturata, e ben alimentata di significati che si traducono agilmente in significanti:

Vorrei distendermi in un prato di girasoli
Assorbire parole gialle e feconde.
La vita che troppe volte s’inabissa.
Fugare il dubbio che crivella la certezza.
Scendere dall’ altalena: 
che tocca il cielo e torna.
Senza una sosta.
Viaggio che spossa e disidrata
Abbeverarsi alla sorgente del dubbio
lascia la bocca arida
. (Viaggio precario).

      Forse è la memoria che, con la sua ripulitura, col suo potere drenante, può avere un ruolo determinante nel creare un’alcova in cui trovare rifugio. Sì, il memoriale con tutta la sua energia evocativa, dove la realtà si è fatta immagine, serbatoio a cui attingere per ampliare la vita e dare terriccio fertile al canto:
Avrò di vento voce e canterò
col mare.
Sarò: buio e luce
e sabbia e roccia
e sole e luna.

"Sai, la memoria è una laguna,
 dove i ricordi, sono organismi vivi
 e, coralli preziosi, da evocare:
 quando ti senti sola
.". (Ti lascerò ricordi).

 E qui il memoriale assume un ruolo risolutivo, una funzione decisiva per il rendimento poematico; ci si affida alla natura per dare rilievo a stagioni, a personaggi, a avvenimenti che hanno segnato tappe fondamentali nel percorso vitale della Menichetti:
La bellezza superba della natura
ti lascia sospesa fra cielo e terra
Setacci le parole del vento
cadute sul fondale di un oceano
di conformismo.
E costruisci la tua collana di giorni. (Perle).

Tappe che, alimentate dal fervore emotivo, dalla attitudine alla meditazione, dalla riflessione sul rapporto emblematico fra rien e tout, fra terrenità e universalità, fra bellezza e bruttezza, dànno un forte incremento di polisemico abbrivo al fluire dell’opera; cosciente, la Nostra, dei danni irreparabili che la natura stessa subisce per mano di un uomo egoista e insaziabile:
Prati senza profumi, usurpati 
da enormi fiori di plastica.
E barattoli di latta dal bordo
spinoso.
Chi sarà stato a nascondere i cadaveri 
delle farfalle?

Se riuscissi a spostare lo sguardo oltre l’orizzonte
forse troveresti le tue risposte.
Magari tra i fili della tela di un paracadute
da indossare per atterraggi di luce
. (Più in là)

Ed è così che la poesia scorre fluida, potente, dolce, intimistica, in scarti semantici, in soluzioni linguistiche, dove la parola arriva puntuale ad assecondare i subbugli dell’animo; dove il verbo si forgia agilmente in nessi, metafore, e costruzioni iperboliche di ampia valenza visiva:
La voce sgorgò dalla foce,
in un mare di parole.
le onde lambirono d'azzurro il verso.
D'argento guizzarono i suoni.
L'alba iniziò il suo semantico canto.
Alchimia, magia, non so.

Il sole transita sul punto gamma.
La barca bianca:
soccorre naufraghi. (La barca bianca),

dove ispirazione, panismo, intuizione, e creatività dànno luogo a sprazzi lirici di urgente effetto simbolico (poesia-luce, poesia-foce, poesia-mare, poesia-suoni d’argento, poesia-salvezza), in un canto che dà l’idea chiara di quanto la poetessa si sappia districare tecnicamente nell’utilizzo delle  misure metriche: poesia libera, in endecasillabi, settenari, novenari… Insomma una varietà di versi adatta a concretizzare la plurivocità emotiva che anima un percorso ampio, diluito in ben otto temi: Sul percorso, Sulla poesia, Sulla donna, Sulla natura, La mia Toscana, Sulla pioggia, Sulla fragilità, Fine? No.     
E anche se a fare da leitmotiv alle varie tematiche c’è un certo sentimento di melanconia che mai, comunque, si risolve in pessimismo; e anche se la Poetessa è cosciente della precarietà dei suoi spazi e della sua vicenda; tuttavia quello che emerge alla fine della lettura è il grande amore che la lega alla vita; a questo irripetibile miracolo che, seppur comporti travagli e delusioni, sa offrirci speranze, amore, gioia, illusioni, e affetti che tanto sanno di poesia. Per questo, non fosse altro, vale la pena viverla con tale intensità da sentirla unica, nostra; da tenerla stretta:

Perché ognun non si perda
in strade senza uscita.
Nei labirinti infiniti
della terrena vita. (Vola speranza).


Fase diversa
di un’esistenza eterna
tutta da svelare.

Non pianto per la goccia
che si fa vapore:
leggera sale
verso azzurri orizzonti
. (Esistenza nuova).

Nazario Pardini    



DAL TESTO

PER STRADA

Arduo viaggiare nelle intasate arterie del cosmo.
Desideri lentamente rosicchiare la circonferenza
dei giorni avanzati dal piatto sbeccato della vita
in girotondi lievi.

Alla ricerca di paesi nuovi rimasti intrappolati
nei buchi della tua solitudine.
Sporca di alghe vorresti nasconderti
dietro i merli, della torre del castello di sabbia
smarrito nella marea del tempo.
Vorresti sostare ai limiti del bosco selvaggio,
dove il profumo dei fiori celati dai rovi
non viene mai reciso.

Dell'albero dei vocaboli temi la stagione priva di frutti.
Per non cadere sul fondo del pozzo vuoto di suoni,
ti arrampichi come glicine sopra un muro di parole.
Credi nell'innocenza del vento.
Attendi ancora il sogno:
residuo dei petali di una primavera mai colta.


FLUSSO

E’ un fluire lento
di memorie, rituali
e dati nuovi.
Radici si allungano
nuovamente s’impiantano.

E tu sei airone a ricamare cieli.
per approdare, in acque di laguna.
Un becco, a sapori e saperi
spalancato.

Ampie ali
per volare ed atterrare
oltre le tue radici,
che con cura conservi
sotto bianco piumaggio.

Passato e presente,
non si sommano.
Il futuro:
complessa operazione
in perpetuo mutamento.



A VOLTE MI SMARRISCO

Quando troppe persone mi abitano
mi smarrisco.
In luoghi dei quali non conosco
strada né nome.
Luoghi silenziosi.
Luoghi statici.
Senza movimento
né memoria.
Sono luoghi vuoti.
Sono non luoghi.
Sono luoghi infiniti.
Senza luce né vento.
A farmi compagnia,
ombre senza corpo.
Chi sono ?
Forse una,
o tutte ?
A volte
Non riesco a trovarmi.
Vorrei uno specchio,
ampio.
Dove riflettere e rintracciare
la mia immagine
E ricomporla
con tutte le donne che io sono.


PROFUMO DI CERA D’API

E’ tempo di riannodare
fili recisi dall’ascia affilata
di un menefreghismo cosmico.

E’ tempo di nutrimento.
Con le radici mozzate
tutto secca e muore.

Senza i piani inferiori,
il grattacielo
non tocca il firmamento
si sfascia al suolo.

E il tuo castello oggi, vacilla.
Paurosamente, barcolla.
Crolla, si disgrega.
In una massa senza identità

Un profumo di cera d’api.
Fu: Epifania.




PERLE


Silenzi intensi fluttuano
tra i rami e il cielo.
Inali la magica essenza
dalle pagine di un libro
seduta su una poltrona
di roccia vulcanica.

La bellezza superba della natura
ti lascia sospesa fra cielo e terra
Setacci le parole del vento
cadute sul fondale di un oceano
di conformismo.
E costruisci la tua collana di giorni.


Serenella Menichetti 







                

4 commenti:

  1. Che dire? Per me questa generosa recensione di cui il Professor Nazario Pardini omaggia la mia silloge, su questa splendida isola è un sogno antico che si realizza.
    Un sogno che ho custodito nel corso del tempo, che non ho mai mollato. Ringrazio infinitamente il Professore della fiducia che mi dona attraverso il suo meraviglioso regalo.
    Serenella Menichetti

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  2. Una poliedrica personalità che ha dalla sua parte l'estro e la fantasia nel narrarsi, nell'inseguire sogni, chimere, voci, canti che ricostruiscano la sua vera storia, in una realizzazione di bellezza , incisivi i versi: "setacci le parole del vento/ cadute sul fondale di un oceano/ di conformismo/. E costruisci la tua collana di giorni." Versi splendidi che ci raccontano la sua vena ispirativa e la sua fervida immaginazione, perché "è tempo di nutrimento" avverte in un altro splendido verso. Complimenti all'autrice augurando sempre alto il livello costruttivo e linguistico.
    Ninnj Di Stefano Busà

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  3. Grazie cara Ninnj ricevere questo commento da una eccellente poetessa quale sei mi gratifica veramente molto. Oggi grande emozione.
    Serenella Menichetti.

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  4. Leggo la meravigliosa introduzione alla tua Opera, Serenella e ancora una volta sento che il tuo versificare é disperso e inafferrabile come un'anima e, al tempo stesso vicino e lucido come specchio. In te v'é la proiezione mutevole dell'inquietudine di ognuno di noi, forse sarebbe più esatto dire di 'ognuna' di noi.
    "Chi sono ?
    Forse una,
    o tutte ?
    A volte
    Non riesco a trovarmi.
    Vorrei uno specchio,
    ampio.
    Dove riflettere e rintracciare
    la mia immagine
    E ricomporla
    con tutte le donne che io sono".
    Il tuo Poema, come sottolinea il Maestro, é conturbante testimonianza della solitudine che sperimentiamo tutti, in momenti diversi. Metti in rilievo il mondo fatto di contrari, di allegria, di tristezza, di inquietudine, di tranquillità, di solitudine e di solidarietà. E resti specchio dell'esistenza che ci è stata in dote.
    "La bellezza superba della natura
    ti lascia sospesa fra cielo e terra
    Setacci le parole del vento
    cadute sul fondale di un oceano
    di conformismo".
    Nel tuo poetare si percepisce, forse, la tendenza al j'accuse. La letteratura può soffocare la vita. E al tempo stesso, per la teoria eraclitea degli opposti, può esaltare quanto di buono e di utile vi sia nella cultura, nella forza dei versi.
    Da tempo ti leggo con ammirazione pura. Oggi ho scoperto nel tuo dire un atto di fiera indipendenza nei confronti delle aspettative del pubblico che attende liriche positive e costruttive. Ti ho scoperta libera. Decisa a sfogare il lato irriverente e sofferto del tuo carattere. Si potrebbe dire che hai dato vita a una 'seconda Artista', capace di operare una sintesi tra le proprie stagioni espressive.
    "Passato e presente,
    non si sommano.
    Il futuro:
    complessa operazione
    in perpetuo mutamento".
    Ci stordisci, ci sorprendi, ci incanti e... "fu: epifania'.
    Un abbraccio a te e al Nostro Condottiero Nazario.
    Maria Rizzi

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