Giulia Perroni |
La tribù dell'eclisse di Giulia Perroni FRAMMENTI BAROCCHI E FIGURE FIABESCHE di Paolo Lagazzi
Giulia
Perroni La tribù dell’eclisse Passigli,
pag. 176, € 20,00
Commento
di Paolo Lagazzi
Il
nuovo libro di Giulia Perroni, La tribù
dell’eclisse (Passigli, 2015), è un testo in fuga, un precipizio di
immagini che si cercano, si corteggiano e schivano, un vortice liquido di versi
che si compongono e scompongono a perdifiato per evocare qualcosa che incombe e
sfugge come l’impossibilità di accostare tra loro bellezza e male, coraggio e
ferocia, amore e morte, follia e grazia. Infiniti echi di vita vissuta
galleggiano tra figure fiabesche e grumi sanguigni, tra ipotesi mitiche e
schegge di battaglie insensate. Come una galleria di ricordi risvegliati da
frenetici dolori, il testo vacilla, si arriccia, si ritrae in se stesso, s'indurisce
poi si annebbia, si disperde in «granelli di brezza», genera rivoli di immagini
che scivolano in altre immagini debordanti come riflessi di specchi, nubi
gocciolanti, fantasmi del tempo, sguardi ebbri, paradossi, sberleffi.
Introducendo l’opera con eleganza, Marcello Carlino ne riconduce le invenzioni ai
«frammenti barocchi» di una Sicilia «che è terra reale, ma è pure paese
dell’anima e sta per ogni luogo, luogo-non luogo della casa dell’essere e di
una ferita che non si rimargina». Molti anni fa Attilio Bertolucci scrisse
l’introduzione a una delle prime raccolte di Giulia Perroni, ma la voce della
poetessa si è sempre più allontanata, nel tempo, da quella del maestro di
Parma. Forse qualcosa della lezione della «Capanna indiana» e della «Camera da
letto» ha continuato a innervare questa ricerca: il bisogno di aprire il respiro
della lirica al passo largo dell’epica. Ma «La tribù dell’eclisse» è
l’espressione di un’epica polimorfa e magmatica, assediata dall’eclissi del
senso, refrattaria alle misure e ai giudizi. Se il passo del Bertolucci della Camera da letto è quello del rêveur, capace
tanto di abbandonarsi al movimento della vita
quanto di orientare il proprio sguardo, di nutrirlo di attenzione e pazienza,
il ritmo dell’autrice di questa «tribù» di versi è quello dei sogni in cui il
filo narrativo si smarrisce di continuo, si perde fra tracce di storie che
restano vaghe, erratiche, fluide, sospese. Forse il modo più proficuo per leggere il libro è di concentrarsi sui suoi
frammenti più luminosi, sulle sue tarsie più intense; penso ad esempio a un
distico come questo, solenne e icastico come certo Ungaretti: "Anima mia
conducimi in quel punto / dove è più mia la forza della notte".
estratto da La tribù dell'eclisse
Mestieri di re e regine un sogno di cristallo
una rupe un deserto una prigione
un fascino tranquillo un grido un suono
di collera e violette
C'era un destino un ramo pazzo
una luce più forte delle stelle
un giardino inoltrato di scintille
un falco con la luna
Come udire quel suono?
e nel suo ghigno un candore acutissimo
una fretta di farfalle geniali
e nei più santi le notti con le pietre
un dolce andare un viavai strepitoso
C'era il mare l'albedo irraggiungibile
C'era il mare degli angeli la luce
del sogno verde di curiosa stella
Nel mare ineguagliabile
Nel mare
Io feci un giro estremo nella folla dei miei pensieri
a un angolo preciso nel riposo di foglie acquartierate
nell'estremo disagio del languore
ebbi un sussulto per dire basta a ciò che non cantava
La natura era intensa nelle mani di un vibrare celeste
ed il cuore ed il mondo inorgoglivano
si facevano impero tra le stelle
la natura e lo splendido certame
del cuore che è in faville
Ogni vibrare è specchio
e si confonde nel mistero soavissimo che incontra
la natura e la storia
Il vento è un'arpa e gli risponde l'eco
Gli risponde anche un pianto dolcissimo
*
O un immobile destino in cui penelope verdeggia
Omero avrà una tomba sotto la melodia degli uccelli
anche quando Venezia turberà la sua musica
e quando la formella non dipingerà più il suo impeto
l'istinto sa che ci si incontrerà nella vibrazione della
frivolezza
nell'occhio dato di sbieco al foglio che rovina il
mandato
per una buccia esausta di desiderio
Io ricordo un viale
e un fiacre fermo nel viale
e mia zia morta giovane in quella carrozza
eternamente immobile nel silenzio dell'ora
e quasi pioggia nel cielo
Nell'acronia si incontrano le forme i personaggi il sole
la nebbia iridescente in cui si ignora anche quelli che
vissero
Come sei alto e candido e in quanto inconoscibile
come amico del vento e del mio cuore!
Venivi ed eri tutto eri le specie che sussurravi
quando nel mio letto sentivo nel silenzio la campagna
eri tutto per me e sempre sei l'azzurro nell'ordito
del pensiero al di là di ogni cosa e di parole
Sei alto e inconoscibile e per questo alto mio Dio sei
Tutto
il greto il fiume la rugiada d'oro che nel sole si spegne
Io sono una bambina in ordine sparso
Dio come è profondo l'abisso!
Lotto tra le pupille per dire che ci sei
raso di mille lune abbarbicato alle gomène
Un'altra civiltà appoggerà la scena
nel piccolo sonno delle finzioni
la nostalgia ripara l'eccesso
la buia cornice le ruote...
Giulia Perroni, nata a
Milazzo (Me), vive a Roma stabilmente dal 1972. Unisce alla sua attività
poetica un impegno di organizzatrice culturale e di attrice. Sue raccolte: La libertà negata prefata da Attilio
Bertolucci, ediz. Il Ventaglio,1986; Il
grido e il canto, prefazione di Paolo Lagazzi, 1993; La musica e il nulla, prefazione di Maria Luisa Spaziani, 1996, Neve sui tetti, 1999, La cognizione del sublime, 2001, Stelle in giardino, 2002, Dall’immobile tempo, 2004 (tutti testi
pubblicati dall’editore Campanotto di Udine); Lo scoiattolo e l’ermellino edizioni del Leone, 2009, con
postfazione di Donato Di Stasi e Quarta
di copertina di Renato Minore. Nel gennaio 2012, quasi contemporaneamente,
vengono pubblicati una “Antologia di percorso”, La scommessa dell’Infinito, introdotta e accompagnata da un vasto
commento critico di Plinio Perilli, per le edizioni Passigli, e il poema Tre Vulcani e la Neve, prefato da
Marcello Carlino, Manni editori. L’ultimo libro, La tribù dell’eclisse, edizioni Passigli, marzo- 2015, ha la
prefazione di Marcello Carlino.
Presente
in antologie e riviste in Italia, U.S.A, Giappone e Francia, numerose
recensioni le sono state dedicate su importanti riviste nazionali - anche
On-line, come le Reti di Dedalus - e
internazionali: Gradiva, a New York, Il Fuoco della Conchiglia, in Giappone, Les Citadelles, a Parigi. Di lei si è
interessato anche il grande poeta giapponese Kikuo Takano, che le ha dedicato
il suo ultimo libro, Per Incontrare.
Suoi testi sono stati musicati e portati in tournée in diverse università
canadesi da Paola Pistono dell’Accademia Santa Cecilia di Roma. Vincitrice di
molti premi, tra cui il Montale, il San Domenichino, il Contini Bonaccossi, R. Nobili
al Campidoglio, Omaggio a Baudelaire, il
premio Cordici per la poesia mistica e
religiosa, il premio Europa Piediluco
2014. È stata invitata nel 2012 per La
scommessa dell’Infinito al Festival
Internazionale della Letteratura di Mantova. Giorgio Linguaglossa ha
scritto, in “ Appunti critici” Roma 2002, per lei un saggio e ancora in
“Poiesis (n. 23-24) scrive su “ La cognizione del sublime”. Dante Maffia, le
dedica a sua volta un saggio su Poeti
italiani verso il nuovo millennio, Roma 2002. Rosalma Salina Borrello, in La maschera e il vuoto, Aracne 2005 e in Tra
esotismo ed esoterismo, Armando Curcio editore, 2007. Luca Benassi su La Mosca di Milano nel 2009. Paolo
Lagazzi su La Gazzetta di Parma.
I suoi
libri sono stati presentati in Campidoglio e in altri luoghi prestigiosi di
Roma e del territorio nazionale; ultimamente a Villa Piccolo, centro mitico
della cultura siciliana.
Ha
gestito l’attività letteraria al Teatro
al Borgo, al Café Notegen, al Teatro Cavalieri.
Con il
poeta Luigi Celi organizza dal 2000 presentazione di libri, incontri di arte,
letteratura e teatro al Circolo culturale
Aleph nel cuore di Trastevere.
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