Modugno
e le sue “canzonette”
Il bel
testo di Modugno che Pardini pubblica mi stimola a fare il punto (il mio,
naturalmente, altamente contestabile) sull’annoso tema del rapporto testo
canzonette –poesia.
Lo
sappiamo tutti: «le canzoni non si leggono, si cantano». I testi delle canzoni
non si leggono quasi mai e quando si leggono, senza la musica e senza il canto,
di solito sono ridicoli o puerili: sono la musica e il canto –
l’interpretazione – che ne rendono memorabile il ricordo. Ma le canzoni sono
pur sempre congegni verbali, sono testi, che possono essere studiati come si
studiano i romanzi e le poesie, e alcuni testi offrono una qualità
alta almeno quanto quella delle poesie che imperversano sui blog
letterari e ai concorsi. Ciò significa che ai testi delle canzoni si possono
porre domande simili a quelle che si pongono ai testi delle poesie che si
studiano a scuola. Si tratta di leggere davvero, riflettere, fare ipotesi,
capire.
Tullio
De Mauro, il celebre linguista, mise in
relazione i testi dei cantautori genovesi degli anni ’60 con le liriche dei
crepuscolari italiani, sostenendo che “
la quotidianità linguistica, entrata nella poesia italiana con Guido Gozzano (e
in seguito portata avanti da un numero considerevole di poeti, tra cui i
giganti Ungaretti e Montale), era approdata in canzone, con circa cinquant’anni
di ritardo rispetto alla poesia, a partire dai testi dei cantautori genovesi
(…come Gino Paoli, Luigi Tenco e Fabrizio De André), che avevano spazzato via
una patina di aulicità, retorica e pseudo-poeticità che caratterizzava i testi
delle canzonette italiane fino alla fine degli anni ‘50”. Siamo negli anni in cui vengono definiti
cantautori gli autori di canzoni impegnati nella sfera politica e sociale,
(soprattutto De André, Guccini, De Gregori e Vecchioni..). Tra i cantautori
impegnati Roberto Vecchioni sostiene esplicitamente che «la letteratura è l’arte delle parole, non
importa se esse siano scritte, disegnate o cantate».
La
questione è stata riaperta
dall’assegnazione del premio Nobel per la letteratura 2016 a Bob Dylan,
premiato per «aver creato nuove espressioni poetiche all’interno della grande
tradizione della canzone americana». Dopo questa consacrazione illustre si
ritorna alla questione di partenza: che rapporto intercorre tra i testi di
canzone e la poesia? entrambe le tipologie di testo utilizzano gli stessi
materiali linguistici la «quotidianità
linguistica» o le «nuove espressioni poetiche» che hanno consacrato Dylan.
Arbasino
del resto sosteneva che "Il cielo
in una stanza" è superiore a qualsiasi sinfonia minore di qualsiasi
periodo... Pasolini diceva che le canzoni hanno “un valore obiettivamente
poetico” (cioè che se non sono proprio
poesia ne hanno il pieno valore). Lo stesso Pasolini oltre che Calvino offrirono
i propri versi da destinare alle canzoni.
Le canzoni che si sono scritte negli ultimi decenni sono più complesse, profonde,
elaborate di quelle che si scrivevano cent’anni fa. Come ha scritto un grande
poeta e critico letterario, Franco Fortini (I poeti del Novecento,1984): ci
sono cose, come le poesie e in generale la bellezza, che non vanno comprese
razionalmente, ma a ci si deve abbandonare ad esse.
«Appena
ricevuta notizia del premio, (il Nobel per la letteratura 2016) mi sono chiesto in che modo le mie canzoni
riguardassero la letteratura. Ho voluto riflettere e trovarne il nesso», ha
esordito B. Dylan , per il quale le
canzoni “sono vive nella terra dei vivi. Ma le canzoni non sono letteratura.
Devono essere cantate non lette. Le parole delle commedie di Shakespeare devono
essere recitate sul palco. Proprio come le parole delle canzoni devono essere
cantate, non lette sulla pagina .”
In
un’epoca in cui si dice che la poesia è morta è stato però uno shock per molti
critici scoprire che la poesia non è mai stata così popolare. Non c’è nulla di
scandaloso nel definire poesie i testi di Dylan, come quelli di molti altri
grandi cantautori, visto che la poesia è nata per essere cantata fin dai tempi
di Omero, anche se poi con la diffusione della stampa si è persa questa
tradizione (come quella della lettura a voce alta).
Nondimeno
la poesia è l’esatto contrario della velocità di fruizione che la canzone
offre. Per leggere poesia occorre un’infinità di tempo, i versi vanno letti e
riletti, pensati e a volte richiedono una vita per essere davvero comprese. In questo la musica
facilita perché permette alla poesia di
essere ascoltata e riascoltata più volte fino entrare suggestivamente in
sintonia con le parole.
Insomma,
mi pare che il problema sia ricomponibile.
“Non
disprezzate la musica popolare. Giacché la si suona e la si canta ben di più, e
ben più appassionatamente di quella scritta. A poco a poco si è riempita del
sogno e delle lacrime degli uomini. Rispettatela per questo.” (Marcel Proust, Éloge de la mauvaise musique, da Les
plaisirs et les jours).
M.
Grazia Ferraris
"Montagne che v'innalzate / quasi a toccare il sole, / vette immacolate, lassù... / Montagne, montagne blu, voi conoscete / la gioia di cieli azzurri ed infiniti, / ed io conosco te, amore mio, / questa mia gioa la devo a te". Ricordo questa canzone di Domenico Modugno, insieme a tante altre, in particolare quelle del repertorio dialettale, che mi folgorarono nel periodo dell'adolescenza e della giovinezza. Straordinario poeta o straordinario cantante, Modugno? tutte e due le cose, indubbiamente. "Le canzoni non sono letteratura, devono essere cantate non lette", avverte Maria Grazia Ferraris, ma subito dopo aggiunge: "La poesia è nata per essere cantata fin dai tempi di Omero". Concordo. Sulla scia degli antichi aedi, a mio parere, si trovano tutti i cantautori citati, con l'aggiunta anche di altri (che dire di Gaber e Dalla? o di Battisti e Vasco Rossi?). Certo, dalla lista va esclusa la vasta pletora dei tanti diffusori di banalità canzonettistiche che non meritano neppure di essere citati, ma la grande tradizione dei cantautori italiani, come quella degli chansonniers francesi (Edith Piaf, George Moustaki, Yves Montand e altri ancora) merita, anche a mio modestissimo avviso, il lauro che spetta all'autentica poesia e bene ha fatto Maria Grazia, dietro lo stimolo dell'immenso Nazario, ad evidenziarlo.
RispondiEliminaFranco Campegiani
I miei amici hanno scritto dei post da autentici critici letterari.Ricordo il lungo dibattito su Claudio Baglioni, eletto Poeta e anche le obiezioni al Premio Nobel a Bob Dylan. In parte ci schierammo e, sinceramente, mi schiererei ancora, ma d'altro canto, come negare le potenzialità poetiche di Modugno, Gaber, Dalla, Battisti e altri,come ha sottolineato Franco. E come ignorare il concetto che asseriscono entrambi che dai tempi di Omero, come ha evidenziato la nostra immensa Maria Grazia, la poesia è nata per essere cantata?
RispondiEliminaSi è arrivati a Modugno, al quale ho dedicato un lungo post. Viveva tra le pareti di casa mia, e pur essendo salito alla ribalta, vincendo due Festival di Sanremo con canzoni ritenute per i tempi- 1958 e 1959 - rivoluzionarie, ha dato il meglio di sè nel repertorio dialettale. Per guadagnarsi da vivere scriveva in pugliese e in siciliano, terra della moglie, alimentando leggende sulle sue origini. In realtà nacque a Polignano a Mare, dove troneggia una meravigliosa statua dell'Artista nell'atto di spiccare il volo. Oltre ad "Amara terra mia", composta in lingua, ma di significato profondo e quanto mai attuale, come dimenticare "La donna riccia", "L'affetto della memoria", scritta in dialetto salentino, "Lu pisce spada" e il meraviglioso musical "Rinaldo in campo", rimasto una pietra miliare dello spettacolo? Abbiamo avuto 'cantori' italiani, che hanno saputo valorizzare la poesia, anche in vernacolo, come Modugno, e altrettanto bene in italiano. E' stato reso 'Poeta' Baglioni, ma sono rimasti nella gabbia della canzone artisti bravi quanto e più di lui.
Maria Grazia cita Marcel Proust e ci invita a credere nei cantautori pop. In fondo sono le colonne sonore delle nostre vite.
Mi piace ricordare che il Presidente dell'Accademia Alfieri di Firenze, scomparso recentemente, fu l'autore del testo "Erano i giorni dell'arcobaleno", che vinse il Festival di Sanremo 1972, grazie all'arrangiamento di Nicola Di Bari, che ne fu anche l'interprete. Dimostrazione palese di quanto i Poeti possano mettersi al servizio della canzone...
Mi sovviene che anche il testo di Francesco De Gregori "La donna Cannone" è stata utilizzata negli Ospedali Psichiatrici infantili per tenere calmi i bambini...
Io vidi il mio primogenito piangere mentre l'ascoltava e aveva solo nove mesi. Restai basita.
Il valore della musica pop è quindi, anche a mio avviso, ineludibile. Anche se la Poesia resa qualcosa di diverso.
Ringrazio i miei amici per avermi permesso questo inadeguato spunto di riflessione. E li abbraccio.
Maria Rizzi