mercoledì 14 gennaio 2015

UN FRAMMENTO DALLO SPETTACOLO "IO PARLO IL JAZZ" DI C. FIORENTINI


Claudio Fiorentini collaboratore di Lèucade

Il 30 e 31 gennaio, al Teatro Porta Portese, si terrà uno spettacolo tratto dal romanzo di Claudio Fiorentini: "Io parlo il Jazz".  Riportiamo un frammento estratto dal libro e dallo spettacolo:

Eleanor Fagan nacque da una coppia di adolescenti non sposati, figuriamoci l’accoglienza che ha avuto quando è venuta al mondo. Eppure era viva ed aveva tanta di quella vita da resistere senza rimedio anche in un atroce sobborgo nero di Baltimora. Dall’età di dieci anni venne ripetutamente violentata da un vicino di casa, ed invece di assistenza ed affetto che la salvassero, davanti le si aprirono le porte del riformatorio. Immagina che poteva venire fuori da una così. Eppure… Scoprì di amare la musica facendo le pulizie in casa di una quotata prostituta e, cantando e ricantando le canzoni che suonava un vecchio grammofono, scoprì anche di avere una bella voce. Qualcun altro la scoprì, e fu così che cominciò a cantare nei locali malfamati delle budella delle città americane, e quando c’era lei che folla, quanta gente, da non credere! Era bastato fare due, tre spettacoli perché si spargesse la voce che una bella e formosa nera con passato poco raccomandabile cantava da dio. Era lei. Eleanor Fagan per l’anagrafe, Billie Holiday per le locandine. Cantava come un angelo, solo che gli angeli neri all’epoca non erano previsti e per le autorità del suo paese lei fu sempre una puttana. Morì dopo una vita estrema che neanche Dio avrebbe avuto il tempo di ascoltare la sua ultima confessione. In ospedale, distrutta da droghe e alcol, piantonata dalla polizia che l’avrebbe comunque arrestata, ormai priva di canto, si spense una delle più belle voci della storia.
Le leggende metropolitane ti fanno credere che nella grande mela vi siano opportunità per tutti, emergere dovrebbe essere possibile e se non ti tagliano le ali puoi volare con quello che sai fare. Eleanor Fagan dovrebbe essere un esempio di opportunità date a tutti. Immaginate una che ha passato l’adolescenza nel peggior riformatorio del globo terracqueo, che ha vissuto di stenti facendo le pulizie in casa delle puttane, che forse è stata del giro pure lei… e che diventa una delle più grandi stelle del jazz. Ma che diamine. Hai capito che vita ha avuto? Altroché terra delle opportunità.
La verità è che il jazz è come la sifilide: si diffonde nei postriboli.
Lennie Tristano con la sua band ha fatto conoscere il Jazz ai bianchi perché era bianco pure lui e poteva suonare nei locali dei bianchi. E siccome dei neri al mondo non gliene è mai fregato niente a nessuno, il Jazz aveva bisogno di Lennie Tristano e dei bordelli per bianchi per diffondere la sua piaga.
Se non ci fosse stati i nostri eroi, ma prima ancora, se non ci fossero stati i locali malfamati, se non ci fosse stata la voglia di divertirsi, se non ci fossero stati gli schiavi neri e se non ci fossero stati gli sfruttatori, la scoperta dell’America, il colonialismo… chi lo conoscerebbe il jazz? Ma andiamo. Il jazz ha una storia drammatica fatta di commercio di sesso e di tratta di schiavi, fatta di droga e di contrabbando. Il Jazz è, per definizione, un tipo di cui ci si può fidare poco, un losco personaggio che ha fatto dei bassifondi la sua dimora preferita divenendo la redenzione dei disperati e il Jam & Jazz è un miracolo di incoerenza perché è vissuto di Jazz aldilà di ogni bisogno di redenzione. Non è un bordello: è un locale dove si fa musica. E quanto ci ha messo il jazz per riuscire a sopravvivere senza dover ricorrere ai bordelli? Il jazz è musica viscerale, ma non è viscere… Il Jam & Jazz è viscere di cemento e calcestruzzo ed il Jazz vive in quelle viscere come non vive in nessun luogo. E grazie a quei musicisti che si sono passati il testimone e che hanno lasciato un poco della loro musica là dentro, e grazie al fatto che il Jam & Jazz non digerisce la musica, non la vomita, semplicemente la ospita e la lascia libera di vivere come vuole lei, il Jam & Jazz è stato come una bibita gassosa in lattina che se la agiti scoppia. E se stappi il Jam & Jazz fa pffffssssciàck e ti schizza puntualmente la faccia con tutta la sua voglia di essere musica vera e dal vivo, che dal morto non c’è che il silenzio.


Vi invitiamo a partecipare numerosi alla rappresentazione che, oltre ad essere innovativa per follie letterarie, gioielli musicali, genere e trama, tanto ci dice, in maniera originale e ironica, di idee che libere si divertono a combinare guai.



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