Lʼarsenico e la mandorla
lo
zinco e il miele amaro.
Non
solo il corbezzolo soffia col maestrale:
tra
le narici ora vibrano metalli.
Un
fango rosso e denso si rapprende
poco
distante da unʼacqua blu
cobalto.
Fintamente
fiere, sʼergono le scogliere,
forate
come i nostri polmoni.
Un
tempo era il carbone che anneriva.
Poi
venne il grigio della fabbrica,
la
tredicesima, la televisione.
Accettammo
il nuovo colore innaturale,
una
modernità col cellofan del danno necessario.
Sopportammo
la coltre fumosa tra le dune,
per
il pane, perché,
questa
è la dura legge –
a
che giova respirare bene,
se
poi non hai niente da mangiare?
Ora
anche i cancelli delle fabbriche son chiusi
e
un vago sentimento da schiavi
ci
fa sentire abbandonati.
Saccheggiate
le speranze, offeso anche il futuro,
non
osiamo più guardare in faccia i nostri figli,
mentre
il turista immortala affascinato
la
nostra tristezza antropologica.
Ansima
il vento trascinando a stento
le
nostre sagome sempre più pesanti.
Che
cosa siamo?
Il
nostro posto non è più nel cuore della terra,
né
in mezzo allʼaria e a
troppa luce che trafigge.
Che
cosa siamo, dunque?
Umiliati,
vaghiamo tra discariche
e
quasi rimpiangiamo.
Con
vergogna sostiamo
allo
sportello della cassa integrazione.
Intanto
lʼangelo della morte osserva,
e
lenta e silenziosa sʼinsinua nello scolo
che
arriva fino al giardino della scuola.
Qualcuno
dice che i bambini qui
non
crescono per troppo piombo
e
sono meno intelligenti,
che
lʼalluminio provoca lʼalzheimer
e
consuma la memoria,
che
il cadmio fa diventare pazzi.
Che
cosa siamo, allora?
Siamo
anime di minatori
assurti
a nuova specie minerale.
Siamo
pastori di pecore a più teste.
Siamo
raccoglitori di grano avvelenato.
Siamo
i segreti dei poligoni
con
il sangue andato a male.
Siamo
il popolo eletto dalla nazione
a
mutazione genica.
Per
lʼopinione generale
però
abbiamo un bel mare.
Paola
Musa
Nota
dellʼautrice:
la poesia si riferisce in particolar modo al territorio del Sulcis-iglesiente in
Sardegna, la zona più povera e depressa dʼItalia, con altissimi casi di
depressione e suicidi, tumori, malattie respiratorie e genetiche,
compromissione dellʼintelligenza e della crescita dei bambini. Fenomeni causati dallʼinquinamento e dallʼaltissima presenza di metalli
pesanti e polveri ultrasottili. Gli ultimi versi accennano anche allʼuranio impoverito e alle
sperimentazioni di armi nei poligoni
militari.
Paola
Musa è scrittrice,
traduttrice, poetessa e paroliere. Una selezione di poesie è stata pubblicata
dalla casa editrice Arpanet, recensita da Elisabetta Sgarbi. Nel 2008 ha
pubblicato il romanzo Condominio
occidentale (Salerno
Editrice), selezionato al Festival du Premier Roman de Chambery e al Premio Primo Romanzo
Città
di Cuneo. Nel 2009 il
suo secondo romanzo Il
terzo corpo dellʼamore (Salerno
Editrice). Con Albeggi Edizioni ha pubblicato la silloge Ore
venti
e trenta.
Ringrazio Paola Musa per questa denuncia poetica, rivolta a noi tutti, che dovrebbe farci vergognare di essere capaci soltanto di avvertire l'odore del mirto e restare estasiati di fronte al colore del mare. Forse farebbe bene respirarne un po' di quelle polveri sottili per comprendere fino in fondo il fascino della Sardegna.
RispondiEliminaSandro Angelucci
"A che serve respirare bene, / se poi non hai niente da mangiare?". Giusto, entro certi limiti, ma è pur giusto il contrario. D'altra parte oggi che cosa mangiamo? Cibi di plastica, cibi avvelenati, cibi che rattristano il palato e l'anima! E se vogliamo un piatto genuino, di quelli che fanno trasecolare, è alla tradizione che ci dobbiamo rifare, proprio a quel tempo in cui - così si dice - non c'era da mangiare. Oggi il progresso sta conducendo tanti a rovistare nei cassonetti dell'immondizia. Siamo seri, allora! Il Materialismo (questo è il nome segreto del Progresso che abbiamo voluto creare) ha procurato alla Materia offese mortali, così come le ha procurate allo Spirito (ma questo lo sappiamo). Dovremmo fare mea culpa, tutti indistintamente (nessuno escluso). I nostri nonni vivevano di stenti, ma erano sicuramente più felici di noi. Non si deve confondere la povertà con la fame. Anticamente, nel mondo nessuno moriva di fame. Mi complimento con Paola Musa per i suoi versi ispirati, pieni dei colori, dei profumi, delle immagini e dei suoni della Sardegna. E mi scuso per avere forse calcato la mano più sui contenuti che sulle suggestioni poetiche della sua scrittura.
RispondiEliminaFranco Campegiani