Paolo
Galloni: Le affinità casuali. Fara
Editore. Rimini. 2004. Pg. 80. € 7,50
Paolo
Galloni ci presenta un excursus analitico con tatto fortemente introspettivo. Un
dire nuovo, fresco, inconsueto, sezionato in diversi brani in prima persona; una
specie di terapia zeniana nel ripescare subconsci dalle stanze più segrete
dell’animo in una vicenda in crescendo per incursioni delicate e
sentimentalmente contaminanti volte al ricupero di frammenti di vita che, anche
se scomparsi dalla memoria, come il coniglietto di pezza suo primo amico,
restano, secondo l’autore, “dentro di noi, nascosti (o) da qualche parte; e che
continueranno (à) a mancarci. Per questo
esiste l’immaginazione, per questo si raccontano storie”; un’autoconfessione giocata
in un mezzo di comunicazione molto
frequente nell’uso personale degli scrittori e non solo: il blog; un
affascinante strumento-intreccio di affinità casuali; dacché è questo, al fin
fine, il bello del web, legare
vicissitudini virtuali in un non-luogo invitante a ri-percorrere tracce del
nostro vissuto e a snocciolarle sui post
confrontandole con quelle dei nostri amici fisicamente inesistenti. E’ così che
dall’esperienza degli scout (“fui tra i membri fondatori di un gruppo di scout;
fui anche il primo a uscirne, il giorno che il Capo ci disse che avremmo
cominciato a indossare la divisa”) il racconto prosegue tra l’infanzia e l’adolescenza
in cui “il richiamo della libertà, così puro nell’infanzia, si trasformò
nell’ossessiva opposizione a qualcosa”; e da “Libri e canzoni” a “Melusina”; da
“La riconciliazione” all’incontro con Tristano ne “La preda”; tra realtà,
immaginazione, e incontri inconsueti (Amleto e Ofelia; Macbeth, Malcolm e
Edoardo il Confessore; Alexander e i suoi quantomeno strani bicchieri musicali…)
si naviga verso una libertà di difficile conquista e fortemente agognata; verso
una meta sconosciuta: quelle isole “dove è indispensabile che gli abiti
dell’arrivo siano diversi da quelli della partenza - e lo stesso vale per le
abitudini” e dove “si dovrà ricordare che il viaggio è di andata e ritorno e
non conduce al paradiso, ma deve sanare le ferite che oggi sono aperte (le più
difficili da sanare sono quelle autoinflitte)…” Una vicenda di forte identità
umana fornita da una penna che fa della metaforicità un’arma di forte connotazione
esistenziale. Lo scrittore, aduso ad una narrazione di grande spessore
culturale, si traduce, col suo personalissimo stilema, in una giostra di
andirivieni in cui sale e scende a piacimento. In fin dei conti qui c’è una
vita con tutte le sue rocambolesche fantasie; con tutto ciò che il sogno,
nutrito dal terriccio fertile della creatività, fa dell’esistenza un tour in
parte reale in parte immaginario, ma pur sempre, nel nostro caso, redditizio ai
fini letterari.
Nazario
Pardini
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