Nadia Chiaverini: Poesia stregatta.
Carmignani Editrice. Cascina (PI). 2015. Pg. 74. € 10.00
La poesia (come una strega o una fata)
viene associata all’immagine del gatto- o dei gatti/e della mia vita- emblema
di libertà e di mistero (non tutto si può spiegare, c’è sempre un margine
d’irrazionalità, di follia, dentro di noi). Come lo stregatto di Lewis Carroll,
gatto un po’ magico, che appare e scompare , con un sorriso, qualche volta
anche malefico, come lo è a volte anche il fato, o destino, che dir si voglia.
Si può fare poesia dell’indicibile,
del non detto, del significante? Queste poesie sono l’estremo tentativo
di quella ricerca che ho cristallizzato nelle sezioni de “i segreti
dell’universo”; non vogliono raccontare fatti o emozioni accadute, vanno oltre,
verso qualcosa che si può soltanto intravedere o intuire, senza mai arrivare a
scoprire completamente.
L'Autrice
Poesia nuova,
questa, di Nadia, audace, innovativa, zeppa di abbrivi esistenziali frammentati
in azzardi speculativi di catartici flashs immaginifici. Visioni estemporanee,
voli sublimanti che vanno oltre il sensibile per agguantare il non detto e
tutto ciò che misteriosamente antecede o oltrepassa il pensiero. Una ricerca
spontanea e magica. Uno slancio iperbolico, un ardito confronto con la sorte,
un tentativo quantomeno improbabile di scavalcare il senso del razionale per
scoprirne i lati più nascosti, meno visibili alla percezione umana:
Sorride
l’abisso
mentre il
fato intreccia i
destini
e infila il
coltello nel ventre molle
come della
noce il mallo.
Urla il
silenzio: penetra la
poesia nelle
viscere della sera
Emozioni,
schizzi sensoriali, affreschi accennati, inquietudini, lamenti, sgomenti, voci
inascoltate o non espresse, il tutto inanellato in rime assonanze e consonanze
di stupefacente sonorità:
Ti dono la
mia voce
inascoltata
una voce a
volte dolce
o
di/sgraziata
una voce per
carpire le parole al vento
per gridare
lo sgomento
una voce che
a volte piange
con un
flebile lamento
una voce di
passione
che stravolge
la mente
una voce per
chi sente
ribollire
nelle viscere
l’eco del significante
A volte è
proprio il suono che si cerca, il ritmo, al di sopra o al di fuori del
significante. Tutto ciò che comporta una ricerca meticolosa e attenta,
puntigliosa, e neologica del verbo: un linguismo di non comune fattura che si
differenzia dalla cifra poetica fin ora espressa dalla Chiaverini. Sta qui
la novità: nel sintagma, nello stilema, nell’essenzialità verbale, e
nell’assemblaggio lessicale; l’Autrice va in cerca di una novità
fonico-allusiva che abbracci il suo senso del magico e del mistero.
Con la coda
dell’occhio
la vedo /
appare e scompare
stregatta
acciambellata
sulla
sedia
nascosta
nella valigia
sopra il
letto come un pupazzo
sul pavimento
come un vecchio straccio
(Stregatta).
E quello che
veramente colpisce è l’eguaglianza che riesce a creare fra versificazione e
spinte emotivo-speculative; spinte che vanno al di là dei canoni sintattici
tradizionali, al di là del comune intendere la poetica, per scalare cime che si
elevino oltre gli orizzonti terreni. E da là poter osservare lontano i miracoli
degli azzurri per agguantare e sciogliere quell’inestricabile anello mancante
che inquieta il fatto di essere umani. Un mèlange di concretezza e surrealismo.
La poetessa prende spunto dai minimalismi della quotidianità per allungare lo
sguardo verso gli occhi dei gatti, che tanto hanno a che vedere con
l’inspiegabile:
Quella
macchia sulla tovaglia
bianca/
petalo appassito
d'una rosa
stanca
d'assorbire
il sole l'aria l'amore
per la vita
chissà se ne
è valsa la pena
d'averla
vissuta
per
quell'ombra grigia
che
l'accompagna
che forma
quella macchia
sulla
tovaglia bianca
Sì, dalle
cose più comuni come una macchia sulla tovaglia bianca, per allargare l’anima,
però, al gioco inquietante dei dilemmi esistenziali. Ed è lei ad affermare che:
“La poesia (come una strega o una fata) viene associata all’immagine del gatto-
o dei gatti/e della mia vita- emblema di libertà e di mistero ( non tutto si
può spiegare, c’è sempre un margine d’irrazionalità, di follia, dentro di noi).
Come lo stregatto di Lewis Carroll, gatto un po’ magico, che appare e scompare,
con un sorriso, qualche volta anche malefico, come lo è a volte anche il fato,
o destino, che dir si voglia.”.
Ma se si deve
cercare un prolungamento, una continuità ispirativa nella poesia della Nostra
non è certo difficile farlo. E tanti i motivi: intanto il suo amore sviscerato
per questa antica arte che non l’appiattisce, non la immobilizza, ma la stimola
di continuo verso nuovi percorsi, alla ricerca di una verità e forse, ancora di
più, di se stessa; poi l’inventiva, e la grande passione che la porta a cercare
linguaggi altri che convalidino il suo grande magma interiore; quindi la
sua filosofia di vita: un travaglio continuo, una inquietudine che la spinge a
protendersi oltre la precarietà del nostro esserci. Perché questo è il suo
sentire: siamo viandanti sperduti, (come direbbe Cardarelli) in una società
liquida (come aggiungerebbe Baumann); in lei è presente la coscienza della
futilità del nostro essere, del limite del nostro vivere. E non accetta
passivamente l’edenica teoria del carpe diem. La sua è una continua meditazione
sul rapporto della vicenda umana col tempo. Tutto questo lo ritroviamo in
questa silloge di intenti nuovi, ed ermeticamente essenzializzati. Per non dire
degli accorgimenti panici di cui la Nostra si serve per dare corpo ai suoi
sentimenti ed alle sue riflessioni: il suo è un occhio verso una natura viva
e mai semplicemente bucolica; a una natura che assume sembianze
antropologiche e che si inserisce in un discorso di ampia struttura
esistenziale:
Appena sente
un rumore lei fugge
vaga
leggera come una piuma
nascosta al
mondo, sempre in attesa
entra in casa
guardinga come un ospite
poi riparte - è primavera –
sono nate nuove farfalle
e la brezza è leggera (Strregatta)
Insomma non è
azzardato dire che Nadia Chiaverini si ripete rinnovandosi; il suo è un
messaggio di perspicua sapidità disvelatrice; un messaggio sulla vita ed il
mistero della sua origine e del suo fine; sulle incertezze dell’esistere;
un’inquietudine vicissitudinale che deriva proprio dalla sua umanità, e dal suo
amore per questo sapido mistero che nasconde il vero, che, al fin fine, è ed è
sempre stato un terriccio fertile per la grande poesia:
Attesa
Al vento
porgo l’incavo della mano tesa
Vaga la sera
incerta
in cerca d’
una novella
L’ombra che
m’insegue
è l’unica
certezza
Nazario Pardini
DAL TESTO:
inspiro e ritrovo l’io bambino
leggera d’ispirazione
propensa ad ingravidare parole
mentre un sorriso s’allarga sulle labbra
senza far caso alle rughe
agli angoli della
bocca
*
Sorride
l’abisso
mentre il
fato intreccia i
destini
e infila il
coltello nel ventre molle
come della
noce il mallo.
Urla il
silenzio: penetra la
poesia nelle viscere della sera
*
la poesia è
una fata ignorante
non
conosce a memoria citazioni
vaga
pensierosa senza saper di filosofia
solo la vita
aspira
e l’immenso
suo piacere respira
cabala
meteora alchimia
Ringrazio Nazario Pardini che ha condiviso ancora una volta i miei versi con una recensione raffinata e sensibile
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