UN
INCONTRO DI AMICIZIA E DI ARMONIA
A
Stanghella (Padova), nella bella cornice del Salone Centrale del Museo Civico
Etnografico, la sera del 22 settembre, si svolge un incontro veramente unico.
Unico per la partecipazione e per il clima di condivisione e amicizia creatosi
dalle prime battute tra i relatori, l’autrice e i presenti. Il tutto perché
organizzato dal cuore, dalla mente di Rosetta Menorello e dall’energia vitale
degli stessi relatori: Eva Zandonà, studentessa diciottenne del liceo classico
Celio di Rovigo, e dalla avvocatessa Ilaria Ghirotti. Eva si profonde in una
brillante presentazione del testo con spiegazione della sua struttura,
contenuti e lettura sapiente di alcune poesie, aprendosi in modo spontaneo al
colloquio con Maria Luisa Daniele Toffanin su particolari temi sociali e
personali dell’autrice. Si è parlato infatti del ruolo della donna con
riferimento alla lettera di Giovanni Paolo II, delle sue potenzialità da sviluppare
in un discorso positivo mirato nel contesto della società. L’autrice poi si sofferma
a lungo sui nomi di grandi donne come Rita Levi-Montalcini, Fatima Terzo, sua
madre Lia che dimostrano che il femminile non è solo immagine ma anima,
pensiero che ogni giorno può migrare verso l’infinito, inventare, creare e
nello stesso tempo realizzare se stesso con forza e determinazione come
Penelope o come la madre, sola nella seconda guerra mondiale con il marito, uno
dei 650.000 I.M.I., prigioniero nei campi di concentramento tedeschi. E
aggiunge che doveva seguire la figlia piccina (la stessa autrice), la mamma e
la zia anziane, affrontare i pericoli continui ed improvvisi della guerra e il
lavoro di insegnante dimostrando una tempra indicibile, già provata, ancora
bambina, dall’esperienza dolorosa della perdita del padre, l’onorevole
Sebastiano Schiavon. Eva e l’autrice accomunate dall’urgenza che la donna
ritrovi valori quali il pudore, l’attenzione alla famiglia e ai figli, sentimenti
espressi attraverso immagini floreali dalla poetessa, sono applaudite
dall’Assessore alla Cultura Renzo Pivetta e dal bel pubblico. Anche
l’avvocatessa interviene esprimendo la sua condivisione sull’importanza della
maternità, dell’infanzia e offrendo varie interpretazioni personali ad alcuni
testi: mostra così come la parola può divenire per ognuno strumento per nuove intuizioni.
Un incontro corale quindi in cui anche molte signore presenti accettano di
leggere delle poesie come pure alcune compagne di classe di Eva e degli alunni
della stessa Rosetta. Quindi forze giovani e più mature finalmente insieme
nell’esaltazione della Parola. Incontri che ci vorrebbero spesso afferma
l’assessore, realizzati in quella cornice architettonica abbellita dalla mostra
fotopittorica di Toni Gnan e Adelina Albiero, da opere scultoree di Giorgio
Sperotto. Un ambiente animato da persone di estrema sensibilità ognuna con uno
scrigno segreto di gioie e dolori. Un clima creato, come si è detto, dall’opera
di Rosetta Menorello qui ringraziata pubblicamente dall’autrice insieme ai
relatori nel momento del commiato, avvenuto ad ore tarde, proprio per questo
particolare intenso vissuto. Bella anche la promozione del libro a cura dell’avvocato
Ghirotti, espressa con convinzione e passione.
Sarà proprio
interessante leggere il testo completo della presentazione di Eva realizzato
con un’intelligenza e conoscenza non comuni per una studentessa dei nostri
giorni.
Maria Luisa Daniele Toffanin è
un’autrice padovana di Selvazzano che è stata insignita di prestigiosi premi
letterari.
Promotrice di iniziative culturali ed
educative, collabora con dedizione con l’associazione “Levi - Montalcini”,
volta al sostegno, all’assistenza e all’orientamento scolastico dei giovani, e
organizza nelle scuole laboratori di poesia per avvicinare in primo luogo i
ragazzi a questa forma d’arte, che purtroppo al giorno d’oggi sembra ormai
essere caduta in disuso, desueta, in un mondo non più abituato a soffermarsi a
riflettere, osservare, comprendere le sue stesse emozioni.
Fin da quando era bambina ha sempre
nutrito una fervente passione per la scrittura, ma anche per l’arte, in ogni
sua sfaccettatura.
Tuttavia ha iniziato a scrivere in
versi in un periodo buio della sua vita, un «tunnel di dolore», lo definisce in
un’intervista: è stato in quest’occasione che ha avuto modo di lasciarsi
guidare verso la risalita, di scoprire la funzione salvifica della poesia. Si è
trattato di un incontro fulmineo, dunque, quasi un amore a prima vista.
I versi sono diventati catartica fonte
di consolazione, di espiazione, di recupero del proprio equilibrio interiore,
poiché sovente “scrivere” ha il potere di far liberare, di far aprire
completamente dinanzi al dolore o anche al solo turbamento, di rendere
vulnerabili, ma soltanto per permettere poi di riuscire a percorrere la via
d’uscita, e di approdare nuovamente alla serenità perduta.
D’altra parte “poesia” è anche innata e
autentica esigenza di comunicare, di trasmettere, innanzitutto, ma anche di
veicolare un messaggio. E “Florilegi
femminili controvento” è venuto alla luce proprio con questo elevato intento.
Ma già facendo alcune considerazioni
sul titolo si possono cogliere gli aspetti fondamentali dell’opera.
In primo luogo “femminili” da sé illustra qual è il fil rouge che percorre l’intero
libro: la tematica della donna.
“Florilegi”
fa riferimento alla scrematura, alla rosa di liriche scelte che la scrittrice
ha composto nel corso della sua vita. Il termine in sé tuttavia rimanda
indubbiamente anche al campo semantico dei fiori: la componente floreale gioca
infatti un ruolo peculiare in molteplici poesie.
Il fiore viene abilmente associato alla
figura femminile, per delinearne i dettagli che la connotano: in tal modo
l’autrice riesce nell’obiettivo di proiettare nella mente del lettore immagini
di soavità, purezza, leggiadria che accomunano questi due soggetti, in un
connubio dal potente significato evocativo.
Le donne prese in considerazione
vengono pertanto adornate di una veste di unicità, attraverso questa loro
associazione a fiori particolari, sui quali i nostri occhi non si posano così
frequentemente: espediente che già in partenza sottolinea il fatto che siano
contraddistinte da qualcosa di fuori dal comune.
Ma continuiamo ora a soffermarci sul
titolo: abbiamo analizzato “florilegi
femminili”, non rimane che “controvento”.
Con quale accezione l’autrice può aver
definito le sue liriche controvento?
Il suo libro raccoglie exempla di
grandi donne, famose e non, che hanno saputo dare con orgoglio il loro
contributo in ambito familiare, sociale e nel mondo (come nei casi di Madre
Teresa di Calcutta e Rita Levi Montalcini). Donne per le quali la scrittrice
nutre stima e ammirazione, dunque, ma anche donne che ha incontrato lungo il
suo cammino di vita: quelle appartenenti al suo nucleo familiare (la zia, la
madre, la nipotina…), le amiche, ma anche quelle che ha avuto modo di conoscere
tramite l’arte, come nel caso di una poesia la cui destinataria è nientemeno
che la Gioconda.
Tutto questo per l’intento che vuole
avere questo libro: la donna, portatrice di vita, ha secondo l’autrice il
compito, inserita nella famiglia, nel lavoro, nel sociale, di riportare in auge
quei principi che sembrano oggi ormai smarriti: il senso del sacrificio, la
concezione della vita come un dono, la vocazione al rispetto per se stessa e
per gli altri, in modo tale, come fine ultimo, da tenere ben saldo quello che è
il valore del nucleo familiare, cellula prima della società.
Ecco la ragione di quel “controvento” presente nel titolo: si
riferisce a questa visione per la quale la donna in primis deve cercare di
difendere e proteggere strenuamente la famiglia. È una posizione un po’
controcorrente, quindi, quella assunta dalla signora Toffanin. Si tratta per
questo motivo di un libro che è al contempo esaltazione
e provocazione, nei confronti del
genere femminile:
“esaltazione”, poiché di fatto
l’autrice mira a farci comprendere l’immenso potere di cambiamento che possiede
la donna, nel momento in cui riesce a mettere a fuoco la potenzialità positiva
che risiede in lei;
“provocazione”, invece, perché pur
mantenendo la sua libertà nell’ottica del raggiungimento della parità dei
sessi, questa non può entrare in competizione con l’uomo, e soprattutto, non
può permettere per prima che principi che oggi sembrano fuori moda, quali
“pudore” e “sacrificio”, vengano così svalutati. Ne sono esempi il modo in cui
per esempio noi giovani siamo particolarmente e costantemente bombardati,
soprattutto nei social, da questa nuova filosofia di esporre il corpo come un
oggetto, al pari di una merce, di un
prodotto, e il modo in cui il senso della fatica e della rinuncia, per
l’appunto, viene paragonato a scontentezza.
A tal proposito, in una nota dell’
autrice a inizio libro, leggiamo:
“In queste storie di donne
rappresentate in dediche, immagini domestiche, incontri, in floreali
composizioni sono ricorrenti temi quali rinuncia, sacrificio, pudore,
vocazione, dignità, espressioni proprie di un linguaggio ormai desueto. Forse
coniugate nel paradigma dei fiori e piante garanti di naturali universali
verità, potranno gettare semi per nuove intuizioni, donare gocce di stupore,
incantesimo per una rinata armonia interiore, familiare, sociale? Che il
profumo ci inebri!”
E lasciamoci inebriare, dunque, dalla
lettura di queste poesie, chiavi di lettura non solo della scrittrice stessa,
ma anche del mondo odierno.
Eva Zandonà
Nella strada del ritorno l’autrice ha
avvertito profondamente di aver lasciato una terra d’approdo ancora vergine, autentica
nella fede dei grandi valori della vita.
Da sinistra:M. L. Daniele Toffanin, Eva Zardonà, Ilaria Ghirotti |
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