Giorgio Manganelli. Ah, l’America! Un’esplicita allegoria. Mds Editore. Pisa. 2017. Pgg. 96. € 12,00
Giorgio
Manganelli, (1922-1990), nato a Milano, ma di origini parmensi, è stato
scrittore prolifico, traduttore, critico letterario, autore di programmi
radiofonici. Aderì al Gruppo 63, ed ha scritto reportage dei suoi viaggi che hanno fatto storia. Tutte le sue
opere sono in corso di pubblicazione presso l’editore Adelphi.
Così
si chiude l’acuta autoptica prefazione di Lietta Manganelli sull’intrigante
opera del padre: “… Ma così torniamo ai paesi irreali e fantastici del Manga,
ai paesi allegorici, che sembrano quello che non sono e sono quello che non
sembrano. Forse ancora una volta
Manganelli aveva sbagliato aereo, oppure era salito su un allegorico aereo che
lo aveva portato in un’esplicita, quanto misteriosa allegoria?
Certo sembra un ossimoro, anzi
sicuramente lo è, ma cosa c’è di più manganelliano?”
E
in quarta. “Ora l’aereo vuol portarmi a Buenos Aires. Anzi, siamo già a Buenos
Aires, basta scendere. Abbiamo fatto quindici ore di aereo, a Buenos Aires sono
le dieci del mattino. L’aereo si abbassa, vediamo sotto di noi la città enorme,
miniaturizzata, vediamo le automobiline, i minuscoli autobus, pieni di
argentini che si danno da fare. Ma non possiamo scendere. L’aeroporto di Buenos
Aires è invaso dalla nebbia. Pare
strano. Uno non si aspetta la nebbia in un aeroporto che sta al servizio di una
città il cui nome fa pensare a climi miti e brezze delicate. Infatti è una
stravaganza.”.
Ammicchi,
fughe e ritorni, voli e svoli: insomma un metaforico gioco narrativo che tanto
sa di vita, di una storia dai risvolti dicotomici, di antitetici guizzi odeporici che traducono il
personale cammino artistico di Manganelli; il suo bilancio di pensiero e di
azione; un viaggio di sapore odisseico alla ricerca di un’isola che forse non
esiste: “non è possibile che esista una città così… Oppure, ancora più probabile, Buenos Aires non esiste…
Si può fotografare un’allucinazione? Un mondo irreale, un mondo inventato, un
mondo “che non esiste?””. Sì, proprio quell’isola a cui ogni umano sente il
bisogno di approdare e verso la quale azzarda allunghi di difficile ancoraggio;
forse perché Manganelli alla fin fine è più umano di quanto si possa pensare e
come tutti tenta di completare quella deficienza che si trova in noi per il
fatto che esistiamo: esistiamo sì, ma piccolo lo spazio del nostro soggiorno ed
esserne coscienti significa soffrire di questa nostra situazione, fragile e
provvisoria. E viaggiare significa dimenticare in parte la nostra condizione;
distrarci da noi stessi. II fatto sta che per Manganelli è essenziale che non esista
tale isola, dacché solo nel suo realismo immaginario, nel suo ossimorico
slancio verso luoghi fra la nebbia e il sereno, sta il terreno fertile della
sua ironia; del suo sarcasmo; del suo gioco intellettivo che lo rende unico.
Indicativa,
molto indicativa la citazione dello scrittore che fa da antiporta al testo:
“Come staremo bene noi qui, se noi fossimo altrove”. Dà segno della sua irrequietezza,
della sua inquietudine, del suo bisogno di partire con in seno l’esigenza del
ritorno; mi vengono in mente i versi di un mio poemetto dal titolo Partire, e non lo si prenda come uno
scivolone di egotico narcisismo:
(…)
Incendierà
la foce dell’arrivo
un
faro che portiamo dentro il cuore;
e
se ingoiati dai flutti del mare,
non
importa di arrivi, di ancoraggi,
quel
che conta è partire, viaggiare,
avere
in seno voglia di scoprire,
e
nel viaggio voglia di tornare
e
di tenerla stretta questa voglia
nel
cammino di un’intera vita;
averla
a fianco,
avere
dentro noi il suo ristoro,
i
suoi bagliori a illuminarci il canto.
(…)
Come
indicativa la nota dell’editore alla seconda sezione del testo: Lo sguardo odeporico di Manganelli:
“Manganelli riceve del materiale per commentare una serie di manufatti, di
nuovi ritrovamenti e altro. Tutto rimane come arrivato dal corriere a lungo.
Poi Manganelli si decide: apre il pacco, squaderna ogni cosa, e scrive. A
leggerlo vi sentite lì, con gli antichi Egizi e con gli Etruschi, potete
alimentare le vostre passioni in fatto di antico e i vostri sogni, viaggiare a
ritroso nel tempo, ma l’autore di questa magia alchemica non si è mai mosso da casa. Niente di più
odeporico, niente di più
manganelliano!”. Sta qui il magico flusso della narrazione: nel saper rendere
l’immaginario reale, ed il reale immaginifico. E se il percorso
sintattico-stilistico ti viene incontro con un abbraccio caldo e suasivo il
gioco è fatto: viaggi, osservi, incontri, parli, discuti, commenti senza bisogno
di aerei; è sufficiente una ricca metafora ad imbarcarti verso l’isola che non
esiste.
Nazario
Pardini
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