Lucianna
Argentino: “La parola in ascolto” ed. Manni 2021- pagg. 78 - € 12,00 //
Se
desideriamo indagare sulle origini dell’atto poetico credo che dobbiamo scavare
nei meandri del sub conscio, dove la fantasia trova il pabulum necessario per
evidenziare l’integrità dei rapporti interpersonali, basati sulla comprensione
del significato della parola stessa, quella parola che riesce a creare metafore
e simboli nel ritmo del verso. Il bagaglio della psiche sfuma nell’imprevedibile
e diviene di volta in volta la lente rifrangente del pensiero e di tutta
l’esperienza culturale, di fondamentale importanza per il
vettore trainante dell’arte.
Questo
per introdurre alla lettura di un volume di particolare intensità e coerenza
con l’incontro / scontro della interpretazione, perché qui ci troviamo per la
poesia innanzi ad un corposo saggio, che come indicato prende spunto dalla
parola “Silenzio”.
La
scrittura di Lucianna Argentino apre, con chi la sa ascoltare attentamente,
profonde consonanze armoniche. Le sue parole all’apparenza semplici, ben
disposte sulla pagina, chiare e allo stesso tempo quasi ondeggianti, risuonano
a lungo, internamente, e continuano a creare fecondi echi con l’esperienza del
lettore.
Le
immagini e spesso anche le situazioni non disdegnano passi di una prosa breve e
lirica, conservano le impronte della complessità di una esistenza concreta, ma
rivelando anche una sorta di alone mistico, austero e rilucente di una propria
forza vitale. Ella cerca di realizzare un approfondimento che sembra nascere
dalla filosofia e con essa si addentra nel reticolo del subconscio per svelare
gli accenti culturali che accarezzano la
pagina nel segno della ricerca e della durezza del pensiero.
Una
lettura piana e lineare qui è a portata di mano. La poetessa si abbandona ad
una scrittura densa e pregnante, palpitante e suggestiva e, pur non trascurando
di annotare momenti della realtà quotidiana, affonda in un lirismo che ha la
saggezza del dire contemporaneo e la voce della grande tradizione. Lo dimostra
anche il fatto che ricorre l’immagine impalpabile dell’indagare e che ricorrono
le stagioni del immersione metaforica, nel compiere il senso dello scorrere del
tempo, e ricorrere il colore , la folgorazione che illumina e converte in promessa
ogni sillaba.
L’invito ad abituarsi al “silenzio” diviene
gioco indiscutibile di probabili allucinazioni, o addirittura di improbabili
lampeggi che avvolgono il nostro sub conscio, per avviarci alle immaginazioni
policromatiche dell’irreale. Un fantasticare sottoposto al flusso irrefrenabile
del quotidiano e alle armonie di un dettato impaziente che punta a dei cardini
irrinunciabili della mente.
Dobbiamo quindi arrischiare, osare una
intuizione momentanea che in fondo è libero fluido di più contese del simbolo,
nutrito da ansie erratiche, da controlli dell’ora, da sorvegliate incertezze
della emotività, da sottaciute cicatrici.
L’argomento
di derivazione analitica è ineccepibile: il bello estetico, comunque sia
realizzato, magari anche in controcanto, ossia autonegandosi nello stesso
momento in cui si crea, attenua o addirittura oblitera gli orrori degli eventi
storici se ve ne siano, dal momento che il bello estetico è quanto di più umano
vi sia. La stilizzazione poetica di un dolore lo rende funzionale a un piacere,
ossia al suo contrario, alla sua negazione. Non solo quello estetico ma
qualsiasi discorso sull’indicibile produce un’analoga contraddizione, ed è
certamente la consapevolezza della parola che cerca gli abissi dell’anima.
*
Parlare di questo lavoro risulta
alquanto difficile, complicato, proprio perché più che un saggio completo esso
è come un trattato di ermeneutica, nel quale trovare, salvare e studiare il
tomo che viene dedicato alla parola silenzio.
Ed ella stessa ci avverte in prefazione:
“Da tempo sentivo il desiderio di
esprimere i miei pensieri sul silenzio come atto creativo, quello che precede,
accompagna e segue la poesia, ossia il silenzio che assieme alla parola poetica
continua a vibrare e a creare nell’animo del lettore. Il silenzio, infatti, è
parte della poesia e quindi, da poeta, frequento entrambi da molti anni. Certo,
non si può parlare di poesia senza parlare di silenzio, così come, in questo
piccolo saggio, parlando di silenzio, ho necessariamente parlato di poesia. Il
punto di partenza è stato, tuttavia, il silenzio a cui volevo dedicare delle
riflessioni approfondite. È, dunque, un saggio poetico-spirituale, in cui ho
cercato di scandagliare il potere del silenzio attraverso suggestioni e
ispirazioni nate dal mio percorso umano, quindi dagli studi, dalle letture,
dalla musica, dall’arte. Quello che si snoda tra le pagine di questo libro è,
pertanto, un distillato delle mie molteplici esperienze”.
L’impeto
di un approccio dà origine a un codice simbolico personalissimo che va da
mutamenti del colore, verso il bruno o verso l’azzurro, alla febbre, al
diffondersi di un incendio, alla perdita di una visone, al trascorrere di nubi,
alla traversata del mare, all’imbandire di una tavola cibarsi o bere, al
progredire di una stagione fino alla pienezza dell’autunno, al vuotare un’urna
che la pioggia ha riempito, al remare incontro alla notte. Una funzione di
cerniera e di centralità, una certa percezione elegiaca del ricordo, che si
forma e scorre nel senso nostalgico del tempo in pagine che attanagliano per la
loro limpida scorrevolezza e per la loro delicata fattura, degna di una penna
carica sino al massimo di un bagaglio culturale di tutto rispetto.
Dunque
“il silenzio”, quella pausa che avvolge ogni pensiero e ne determina la
sospensione quasi per realizzare il vuoto che prepara accuratamente la sorpresa
del dire o della involontaria illusione. Una stanza vuota nella quale
accogliere lo spirito eletto che attende il nostro benvenuto per imbrigliare
effusioni, per riscoprire i segni dell’arte, anche quando sembrano evaporare in
preghiera, nella giusta voglia delle scelte di testarle degne o indegne
dell’animazione, che giocano e si addestrano nella fantasia di un destino
esistenziale.
Lucianna
Argentino ci propone allora, in questo suo esprimersi da poeta, un’immersione
policromatica nei flutti di una tempestosa mareggiata, nella quale scopriremo che
il silenzio è qualcosa che diviene palpabile e raggiungibile nelle varie
illuminazioni. Esso è ascolto perché da esso nasce la parola poetica, è una
soglia perché somiglia alle porte
spaziotemporali della narrativa fantascientifica, è speranza perché dal
silenzio emerge la parola del dire, è relazione perché consente una rete di
influenze reciproche, è epifania, attenzione e libertà, scintilla, digiuno di
purificazione e festivo, voce della memoria e memoria della voce, preghiera
perché chiama a se l’illimitato, maternità perché deve nutrire la conca del
cuore, il silenzio è lo spazio nel quale ci si abbandona allo spirito carnale
della poesia, e così via proseguendo in una ricarica elegiaca simile alla
sequenza numerica dei petali di una margherita.
Ricca
di sorprese anche la spontaneità con la quale tra la parola e il silenzio
vengono proposte sorprendenti inserimenti di dialoghi con autori incontrati
quasi per caso.
Cosa
dire della scrittura? Come suggerisce stesso Lucianna la scrittura assume in
queste pagine l’equilibrio necessario per un percorso piuttosto acerbo
affondando la penna anche nell’etimologia delle parole usate, per quella
velatura multiforme che influenza il pensiero ed aiuta alla riflessione sul
silenzio. La ricchezza delle metafore si
appaga nei riferimenti stratificati nel meraviglioso groviglio della frase.
L’attenzione
offre anche osservazioni linguistiche sulla ricerca del simbolo, che risulta
fatta di spartizioni di termini mai stravaganti e sempre aderenti al linguaggio
attualmente in uso.
Semplicità
ed approfondimento sono le cifre che alimentano questo simbolismo, nel declino
delle diverse e numerose considerazioni che il silenzio partecipa.
Il
progetto primario si realizza così nel rispetto dei valori che il palpabile
sentimento del lettore riesce a ricamare anche sul piano dei confronti e dei
consigli.
ANTONIO
SPAGNUOLO
Nessun commento:
Posta un commento