Il
riscontro di Giorgio Linguaglossa alla mia dissertazione mi invita a
replicare alle sue puntualizzazioni (vedi poesia “Cantavamo” di Nazario Pardini sul blog “L’ombra
delle parole”, di G. Linguaglossa). http://lombradelleparole.wordpress.com/2014/03/11/una-poesia-di-nazario-pardini-commentata-da-giorgio-linguaglossa/
Se la riflessione... “ … le mie espressioni 'epicedio' e le mie
sottolineature al mondo anacronistico cui si riferisce la composizione di
Nazario Pardini, sono state male interpretate“... fosse indirizzata solo a
me, preciso che nel primo intervento critico di G.L. non rilevo traccia –
riferita al lirismo di Pardini – di “operazione anacronistica coraggiosa e
innovativa”, ma assisto al confino di CANTAVAMO in “un mondo
stilistico e storico che si è inabissato”, e il punto di forza che riscatta
la composizione dall'essere una mera composizione elegiaca viene individuato
nello scambio di ruoli tra un “io poetico assente” e il “soggetto
agente collettivo”.
Le porte dell'argomentare, nella
formulazione di ipotesi ermeneutiche, si devono spalancare e non socchiudere,
altrimenti si rischia di non essere compresi; non si può imputare a chi ci
legge (e che dovrà poi decodificare le nostre ragioni) di
aver mal interpretato
espressioni assenti o quanto meno latenti.
Qualora gli altri interlocutori che mi
hanno preceduto nei commenti avessero recepito limpidamente già di primo
acchito le riflessioni illustrate nel secondo intervento di G.L., attendo le
loro considerazioni nel merito.
Trovo molto interessante e ben
argomentato il riscontro concesso al commento della dr.ssa Rizzi, benché, dopo
un tratto di strada percorso in linea con l'oggetto conteso, il discorso si
allarghi verso altri sentieri.
Roberto Mestrone
Caro Mestrone, io la penso esattamente come te e, poiché non ho l'abitudine di mandare a dire le cose e neppure di usare pannicelli caldi o parole leziose, come oggi spesso accade, affermo che Linguaglossa, nonostante tutte le sue contorsioni linguistiche, abbia di fatto operato -nella risposta che ti ha dato e nell' altra successiva- una vera e propria inversione a U rispetto ai contenuti del primo commento alla poesia di Pardini. Ha cioè detto cose molto diverse, se non opposte, comodamente imboccando quella porta che aveva lasciata socchiusa. E se mi sono astenuto dall'intervenire ulteriormente, è stato perché la retromarcia mi è sembrata così evidente da non aver bisogno di commenti.
RispondiEliminaSempre che le parole abbiano ancora un senso...
Pasquale Balestriere
Come Balestriere, anch'io, caro Roberto, mi sono astenuto dall'intervenire ancora. L'ho fatto essenzialmente per due motivi: il primo perché - come ho detto - sono profondamente convinto che "la madre eterna" sia tale in quanto non si colloca in un tempo (tanto meno passato) ma in tutte le ere; e, poiché la poesia è figlia di quella madre, anch'essa non può essere ingabbiata da nessuna coercizione intellettuale o intellettualistica. Lei - la poesia - è libertà. Il poeta, purché dia voce a quella libertà, è poeta sempre e comunque. La seconda ragione della mia astensione è che sono convinto che troppo vasto è il divario di pensiero: per carità, ogni scambio è portatore di nuova linfa ma, quando non resta altro da constatare che la fine, beh, allora, c'è poco in cui sperare, neppure in quell'"anacronismo" che dovrebbe - non so come - salvarci. Sinceramente: preferisco mi si consideri un utopista; uno che, però, ogni giorno, vede realmente il sogno trasformarsi in realtà
RispondiEliminaSandro Angelucci
I concetti di inversione a U espressi dal Signor Balestriere, che non conosco, ma credo abbia origini partenopee e sia molto vicino alla mia esigenza di semplicità e le considerazioni dell'amico Sandro, che nella chiusa sposano tutto il mio pensiero, sono le mie forme di adesione all'intervento di Roberto Mestrone. Non amo le polemiche, ma ancor di meno amo le 'contorsioni linguistiche'. Un caro saluto a tutti!
RispondiEliminaMaria Rizzi