Non c'è volta in cui, leggendo una poesia di Vetromile, non rimanga stupita dalla capacità di legare individuo e mondo, vissuto personale e temporalità. Questa poesia è l'emblema di un fare poetico senza confini, lo sconfinare di chi conosce gli spazi, le categorie, e le vince nel girovagare del pensiero. La poesia, a mio avviso, ricalca perfettamente le ekstasi temporali umane: passato, presente e futuro sono i protagonisti perché il soggetto vero è l'uomo in quanto tempo, divenire. L'uomo non è ciò che è (è già il suo futuro che pur non gli appartiene ancora, "il cosìssia sprigionato in un amen di spasmodica attesa")ed è ciò che non è (non è più ciò che è, è stato e quindi continua a essere pur distanziandosene, "ribadire il qui con tutta la forza dell'osso primordiale", quello che forse in psicanalisi si chiamerebbe eredità arcaica, memoria collettiva).tutta la poesia esprime la tensione già compiuta, e quindi resa libera, di un viaggiatore che conosce le sue mete (è andato e tornato cento mill
e volte)eppur continua a vivere il viaggio nel rischio ("recitando avemarie lungo il bilico perché non frani l'umanità dei miei miseri passi") e nella coscienza della caducità della vita ("più nulla al cielo... Più nulla al pianeta..."). Il poeta dimostra così che legame, conoscenza, e consapevolezza non annullano il viaggio. Complimenti. Un caro saluto da
Flavia Balsamo
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