ESPONGONO
Mariannita Zanzucchi, Rita Baldo, Lino Bernardini, Franca Bigioni, Nuccia Bonsignore, Antonella Brindisi, Franco Crocco, Mario Franceschini, Rosa Gisondi, Karin Linastrom, Chiara Loricchio, Mauro Maiozzi, Luigi Marazzi, Rossano Menichelli, Claudia Passaglia, Laura Piccinini, Paola Santangeli, Mario Silvestri, Andrea Simonetti, Marina Spadaro
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Franco Campegiani, collaboratore di Lèucade |
Giornata del contemporaneo
Mostra dell'Associazione "Terre
incognite" alle Scuderie Aldobrandini di Frascati - 15/10/2016
Il gruppo
"Terre incognite", promotore di questo evento artistico, è nato nel
2008 e raccoglie un drappello di artisti dei Castelli Romani, dalle poetiche
assai variegate, nell'intento di promuovere le arti figurative. La qui presente
esposizione s'intitola Apparenza e
significato e propone un viaggio nel colore aderendo alla Dodicesima Giornata del Contemporaneo indetta da
AMACI (Associazione Musei d'Arte Contemporanea Italiana) al fine di portare
l'arte del nostro tempo al grande pubblico attraverso mostre, laboratori,
eventi e conferenze. L'Associazione Terre
Incognite, recependo il segnale, ha voluto puntare i fari sulle valenze simboliche
del colore, aldilà delle apparenze sensibili. Le apparenze, si sa, sono colorate, ma i colori sono qualcosa di più
delle apparenze stesse: sono le vie dell'anima, le autostrade della profondità,
i tracciati della conoscenza e della ricchezza interiore.
Non è vero che l'arte si perda nelle variazioni del molteplice, nelle
frivolezze del mondo esteriore. Questo è un luogo comune. Quando è autentica, l'arte
rivela aspetti reconditi e misteriosi della realtà, facendo affiorare quell'invisibile
che è parte integrante del visibile ed è la radice da cui la vita viene:
l'unità del molteplice, l'abbraccio che tiene unite tutte le cose. Gli artisti
presenti in questa mostra provengono da indirizzi estetici fra i più disparati,
e tutti legati alla cultura visiva dei nostri tempi. Ci sono poetiche
dell'azione, di ascendenze impressioniste/espressioniste, e ci sono poetiche
della visione, riconducibili all'ambito decadentistico/crepuscolare.
Estroversione e introversione si alternano e si accavallano, lasciando affiorare
i segni della crisi dei tempi attuali, unitamente alla voglia di uscire dalle
sabbie mobili in cui ci siamo impantanati. Non è un caso, ritengo, che i
direttori dei 24 musei AMACI promotori dell'iniziativa, abbiano affidato la
realizzazione dell'immagine guida di questa dodicesima edizione ad Emilio
Isgrò, l'artista delle cancellature, cosiddetto,
il quale ha composto un'opera, Preghiera
per l'Europa, dove il continente, cancellato
appunto dalle divisioni e dai pregiudizi, estende comunque i suoi confini fino
a comprendere i paesi dei tre monoteismi affacciati sul Mediterraneo,
invitandoli a riscoprire il volto fraterno e il senso universale della vita,
quell'umanità segreta ed archetipa che spesso cozza con gli umanesimi e con lo sviluppo
dei particolarismi culturali.
I fenomeni artistici
del secolo che ci ha preceduto sono stati squisitamente decadentistici, alfieri
di quel tramonto dell'Occidente di
cui parlano i filosofi e che alla luce dei fatti si direbbe inequivocabile,
anche se noi speriamo che al tramonto possa seguire l'aurora. Se diamo una
rapida occhiata a questo processo storico, vediamo che l'Arte Metafisica, agli albori del Novecento, metteva in scena
l'esaurimento del mondo classico e di tutta una cultura fondata
sull'esaltazione dello spirito umano. Di pari passo il Futurismo si prodigava per riempire quel vuoto con nuovi miti
tecnologici: la macchina, il dinamismo, l'azione. Saltiamo un sessantennio e in
pieno secondo Novecento, nuovo colpo di scena: l'avanguardismo, da
trionfalistico, diviene depressivo e mostra l'altra faccia della medaglia: la
crisi del sogno tecnologico. La Pop Art, da un lato, e l'Informale dall'altro, ritraggono il deserto dei moderni paesaggi
urbani dove lo slancio vitale è ridotto a polvere e a terriccio informe. E
siamo nel Postmoderno, in quel teatro del nulla e della stagnazione, dello
svuotamento di ogni valore, che pone in scena la tragica uscita dell'uomo dal
mondo. E' lo smarrimento delle società a capitalismo avanzato, dominate da una
finanza globalmente estesa, da uno sviluppo macroscopico delle comunicazioni,
dall'invadenza della pubblicità e dall'enorme flusso di informazioni
provenienti dal web. Il trionfo della
massificazione, dell'omologazione, del Pensiero unico e in definitiva di quell'inaridimento
dello spirito il cui vero responsabile non è lo sviluppo tecnologico, come
sembrerebbe facile argomentare, ma è l'uomo stesso che non è all'altezza morale
del progresso raggiunto. E' lui a voler uscire di scena, non è la scena a
buttarlo fuori. Per superare la palude, allora, dobbiamo iniziare a cercare
dentro noi stessi, nella nostra humanitas,
nella nostra essenza, nei nostri fuochi interiori. E' questo che manca nella
cultura orizzontale e piatta che abbiamo creato, ed è questo il compito che
dovrebbe assorbire ogni artista, ogni mitopoieta, rifiutando il ruolo di
semplice operatore culturale per tornare ad essere quello che è sempre stato e
sarà: un propagatore di miti, un promotore di civiltà. L'arte non è puro
tecnicismo, è creatività, capacità di collaborare con i processi creativi del
creato. Necessario pertanto uno sforzo di
rifondazione del mito, una reinvenzione possente del senso della vita,
che non sia ritorno al passato, ma risposta al bisogno sempre nuovo, e per
questo ancestrale, degli uomini di capire se stessi. Occorre una poesia in
grado di tornare ai momenti aurorali dello spirito, al sorriso degli archetipi,
ed è quanto necessariamente accadrà, non per profezia, ma per inderogabile
necessità dell'equilibrio. Non è vero che il tempo
dei miti sia finito. Finita è la mitologia,
non la mitopoiesi. Si sono estinte le
favole logore e stanche del passato, non la capacità di ascoltare il vento del
mistero, dando corpo a nuove cosmogonie, a sorgive rivelazioni del significato
o dei significati della vita. Gli artisti
debbono tornare a farsi ispirare dalle Muse, aprendo nuovi cicli di
passioni vitali, di avventure e stagioni culturali.
In assenza di ciò resta soltanto il virtuosismo vanitoso di mestieranti che
pensano a fare le proprie mostre (o a pubblicare i propri libri, se sono
scrittori), a vincere i propri premi, a promuovere se stessi e i propri affari,
le proprie consorterie ed in breve la propria carriera, la propria affermazione
personale, il proprio tornaconto ed il proprio ego. Occorre riscoprire il ruolo vocazionale dell'arte, la funzione
imprescindibile dei fuochi interiori. Iniziative come questa, pertanto, sono
encomiabili perché tendono a promuovere il genio ed il gesto creativo.
Diamo allora una
rapida occhiata alle opere esposte. Ciò consentirà di prendere contatto con le
ansie e con le prospettive di ogni espositore. In ordine alfabetico, partiamo
da Rita Baldo, che imprime fiabe nell'argilla, raccontando con tratto leggero e
sognante problemi e tragedie del mondo attuale, come ad esempio nelle
figurazioni stilizzate del mondo africano. E passiamo poi agli acquerelli di
Lino Bernardini, con quell'impressionismo festoso dei paesaggi urbani, ma anche
marini e silvani, che racconta il fermento della vita semplice, popolana, lontana
dalle ampollosità monumentali. C'è poi Franca Bigioni, pittrice scomparsa
proprio in questi giorni, con il suo espressionismo ai limiti dell'astrazione
pura: cieli surreali e marine tempestose che trasmettono comunque grande serenità
e forza interiore. Ed ecco Nuccia Bonsignore, con opere gestuali e fortemente
materiche dove balenano paesaggi primordiali, in un tripudio cromatico che
ricorda l'immensa forza tellurica, il primo giorno che la terra fu. Ed ecco
Antonella Brindisi, con sculture in terracotta sospese tra incanti e
disincanti, tra visioni idilliache e denunce legate ad un archetipo, quello
femminino, purtroppo conculcato, come molti altri archetipi, dall'attuale
civiltà. C'è poi Franco Crocco, con lavori informali che ritraggono la festa
interna della vita, i tessuti più intimi della realtà, i meandri nascosti della
materia, il suo colorato battito
interiore. Ed ecco Mario Franceschini, con quello sguardo innamorato sul mondo,
con quel gioco fanciullesco e fantasmagorico, astratto-geometrico, con quell'assemblaggio
materico che rivela il vincolo dell'arte con la vita, del sogno con la realtà. C'è
poi la scultrice Rosa Gisondi, con quelle cornici che catturano il vuoto, a
significare il dialogo fra limitato e illimitato, l'impossibilità forse di
contenere in una formula espressiva l'incontenibile energia della Musa. E non
meno interessante trovo la pittrice Karin Lindstrom che, su sfondi
rosso-violacei, narra in figure lievi, appena tratteggiate, il viaggio
odisseico della vita, irto di ostacoli, di sconfitte e naufragi da cui sempre
rinascere come l'araba fenice. Poi ecco Chiara Loricchio, con una pittura
d'azione, polimaterica e gestuale, che narra il farsi e disfarsi della materia,
ponendo la propria mano al servizio, non del caso, come è luogo comune pensare,
ma al servizio del movimento creativo universale. Ed è la volta di Mauro
Maiozzi, con un surrealismo colorato e fiabesco, innocente e giocoso, a volte
fumettistico, di ascendenze dadaiste e pop,
sospeso tra realismo crudo e fervida utopia. Quindi ecco Luigi Marazzi,
imbevuto di atmosfere costruttiviste e cubofuturiste, dove i volumi aggettanti e
ruotanti si fanno antropomorfi, riconducendo l'utopia meccanicistica
nell'ambito di una biologica ed umanissima vitalità. C'è poi Rossano
Menichelli, con figurazioni espressioniste che ritraggono cavalli al galoppo
fortemente umanizzati, simbolo di liberazione esplosiva, di rottura delle
convenzioni, di fuga dagli schemi per conquistare nuovi traguardi. Ed ecco
Claudia Passaglia, con la sua poetica del dialogo fra realtà interiore e mondo
esterno (fra il sacro ed il profano potremmo anche dire), a volte pienamente
raggiunto nella contemplazione di un attimo eterno, ma altre volte vanificato dal
risucchio implosivo e inesorabile del tempo. C'è poi Laura Piccininni, con quei
giochi onirici dove la nave delle belle favole e delle nobili aspirazioni è
trascinata nei tempestosi gorghi dell'esistenza: incanti che non si sottraggono
allo scontro con le crudezze della vita; paura dell'ignoto e desiderio di
affrontarlo. E veniamo a Paola Santangeli, con quel suo sperimentalismo
neoplastico, fatto di colori puri e di grandi campiture, comunque modulari,
dove affiora l'esigenza di un inestinguibile rigore mentale. Ed eccoci a Mario
Silvestri, acquarellista di paesaggi vaporosi, soavi, dove la realtà è
sottoposta a rarefazioni cromatiche e quasi trasformata in nubi di colore
eterico, mostrando come la terra, in fondo, non sia altro che un sogno
capovolto di cielo. Andrea Simonetti, al contrario, presenta paesaggi lagunari la
cui quiete viene dissacrata da un'astrazione improvvisa, dirompente ed
eversiva, che evoca l'armonia dei contrari, la felice dialettica fra Ordine e
Caos. Ed ecco Marina Spadaro, con quel suo impressionismo spiritualizzato, dove
affiora un misticismo della terra dal sapore panteista e francescano.
Vertiginoso e profondo il suo notturno sul lago. E chiudiamo con Mariannita
Zanzucchi, Presidente del Circolo, che dipinge il vincolo dell'anima con le
cose, quel senso di appartenenza al creato dove l'amore rischia di divenire
dipendenza: una poetica crepuscolare, i cui arabeschi morbidi, musicali,
indulgono a un blu monocromatico, parlando della struggente sospensione
dell'anima tra il chiuso e l'aperto, tra il desiderio di essere se stessa e
quello di fluire nella vita.
Franco Campegiani
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Rita Balbo |
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Lino Bernardini |
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Nuccia Bonsignore |
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Franca Bigioni |
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Antonella Brindisi |
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Franco Crocco |
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Rosa Gisondi |
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Karin Linastrom |
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Chiara Loricchio |
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Mauro Maiozzi |
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Luigi Marazzi
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Rossano Menichelli |
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Claudia Passaglia |
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Laura Piccinini |
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Paola Santangeli |
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Mario Silvestri |
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Andrea Simonetti |
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Marina Spadaro |
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Mariannita Zanzucchi |
Un presentazione di audace riflessione che fa bene - a chi guarda e chi legge sente arte per se ed in se "fuoco interiore" che prende parte, davvero bravi. Complimenti....bravissima la Spadaro. Cari saluti. Miriam
RispondiEliminaRingrazio Miriam per la lettura e per la condivisione. Sarà contenta l'Associazione "Terre Incognite", in particolare la Spadaro. Approfitto dell'occasione per rivolgere un sentito ringraziamento anche al generoso padrone di casa, il Prof. Pardini, per la calorosa e squisita accoglienza.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Vorrei in primo luogo ringraziare, a titolo personale e a nome dell’Associazione Terre Incognite, il prof. Pardini per averci ospitato nel Blog da lui diretto, dando ampio spazio all’evento da noi organizzato.
RispondiEliminaGrande riconoscenza nei confronti di Franco Campegiani, che ha aperto la mostra con un intervento apprezzatissimo, riportato in questo vivace spazio letterario e culturale.
Grazie infine a Miriam per il commento che ci incoraggia e ci sprona a proseguire su questa strada.
Mariannita Zanzucchi - Presidente dell’Associazione Culturale Terre Incognite