Marco Dei Ferrari, collaboratore di Lèucade |
Il
tempo passa, fugge, ignora, tormenta; il tempo scardina porte e finestre,
arrugginisce gli animi, abbraccia, sgraffia, schiaffeggia, annulla; il tempo
ricama, batte l’ora, fiorisce e sfiorisce, ti porta su strade polverose che
sanno di miele, di uva passita, di fragole rosse, e di fosse che dicono al sole
di rane che cantano al cielo. Il tempo. Sì, proprio lui, che, coi suoi denti
affilati, sbrana volti e misteri, amori e passioni, lapidi e
suoni. Fenollosa Ernest Francisco afferma che “La poesia è l’arte
del tempo”; mentre Alfredo Panzini definsce i poeti “simili al faro del
mare”. Guardano lontano e si sperdono nell’orizzonte. E questa poesia di Marco
segue le direttive di un pensiero morbido e duttile, franco e umano, dolce e
cospirativo. E’ il memoriale che fa da canto e controcanto e che, combattendo
coll’ora, tiene in vita immagini sacre
pur sapendo, il poeta, che la sfida è iniqua, e che dovrà soccombere come tutte
le cose legate al terreno. Ma ci prova, arditamente, perché certi affetti non
possono morire. Al solo pensiero scalpita, si rattrista, e con impennate
liriche riporta alla luce sagome lucenti di sole: “Forse carezze, nonna, sui tuoi capelli
rugosi al tempo del grano e dell'uva nelle fatiche della raccolta?”.
Interrogativi, tanti interrogativi a disseminare di dubbi la strada del vivere.
Una poesia nuova, questa di Marco, diversa dal suo tracciato ispirativo, più
sabiana, più montaliana, meno frastagliata, fatta di suoni e nostalgie, di
affetti e saudade, di liriche intrusioni che richiamano il tutto o il nulla di
questa nostra breve vicenda:
Forse
tutto un sogno o un nulla
di
nonni e nonne
che
donaste la vita
in
magiche scintille di misteri
perpetuanti
tra noi.
Onori
a Voi!
Nazario Pardini
DI NONNI E NONNE
Che mi resta di voi?
Forse immagini sconvolte dal
vento
che rugge d'amori passioni e
tormenti
sepolti nel cimitero bianco?
Forse un tuo bacio sommesso,
nonno
seduto sulla panca pencolante?
Forse un cenno al tuo saluto
scosceso su fugaci ricordi di
semplici giochi innocenti?
Forse carezze, nonna, sui tuoi
capelli
rugosi al tempo del grano e
dell'uva nelle fatiche della
raccolta?
Forse una lacrima su quel
sentiero
di anime e croci smemorate o
quasi?
Forse tutto un sogno o un
nulla
di nonni e nonne
che donaste la vita
in magiche scintille di
misteri
perpetuanti tra noi.
Onori a Voi!
Marco dei Ferrari
Non posso che onorare questi versi con un ringraziamento, alla lode così generosa e sincera, alla voce umile che ringrazia di quel gesto d'amore perpetuato negli anni dai nostri nonni e trasmesso a noi, ora. Ho amato tanto i miei nonni e sono nonna anch'io, quindi un grazie particolare e sentito all'autore e al prof. Pardini per la sua meravigliosa recensione. Franca Donà
RispondiEliminaI nonni hanno raccolto la storia che diventa fiore della Gaia gioventù'... complimenti!
RispondiEliminaUn ringraziamento particolare alla profondità analitica del Prof. Nazario Pardini nel suo orizzonte letterario che, cavalcando il tempo, raggiunge le dimensioni ultragenerazionali liricamente trasmesse dalla storia poetica dei nostri tempi.
RispondiEliminaLa vera poesia non si arresta sulla soglia del soggettivo, la vera poesia vola, si inoltra nei sentieri del mondo, si insinua ...raggiunge me , te, noi, ...tutti quelli che hanno un cuore, un animo che soffre, o gioisce, o ricorda...allora diventa poesia mia, tua, di tutti. Perché la vera poesia è universale. E non importa la lunghezza del verso, la forma classica o moderna, perché l'animo umano è uno, la sincerità dei sentimenti sgorga dalle profondità dell'animo.
RispondiEliminaEccoci davanti ad una poesia di Marco dei Ferrari, davanti a dei versi che solo in apparenza ci sorprendono, forse perché il poeta non ci ha abituato alla nudità del suo sentire, forse perché qui non si è nascosto dietro i consueti giochi di parole, ma la ricchezza della sua umanità la conosciamo da sempre. Qui la troviamo insospettatamente nutrita di dolcezza, di tenero amore per quella figura che ognuno di noi conserva nel cuore, tra i ricordi più belli dell'età più dolce: la figura dei nonni, sempre pronti alla carezza, al perdono, a coprire con innocenti bugie le nostre marachelle davanti alla severità dei genitori...
Questa poesia di Marco dei Ferrari ci regala immagini struggenti di vita talvolta dimenticata, ci regala soprattutto un Marco poeta della tenerezza, poeta oggi senza maschera che si fa amare per quanto vale.
Edda Conte.
I nonni sono stati da sempre le nostre radici che mai possiamo dimenticare.
RispondiEliminaCi sono due volte genitori,perché padri o madri dei nostri.
I nonni sono la tenerezza incarnata,il riparo della nostra infanzia,la tradizione e la memoria del passato che si fa parola!.
Sono l'incanto e la magia delle leggende raccontate intorno ad un focolare per farci sognare ad occhi aperti!
I nonni sono la nostra incarnata poesia e Marco ce lo dice con ruggente passione.
Il loro ricordo è una sorta di eco indistinta che da adulti riecheggia dentro di noi, una risonanza fatta di tenerezza e di sapere, nella sua più ampia accezione. Sono loro, i nonni, che da sempre ai bambini regalano memorie dal sapore incantato di fiaba. Rievocare la relazione speciale creatasi nell’infanzia con queste importanti figure è il tema della lirica di Marco dei Ferrari dall’emblematico titolo “Di nonni e nonne”. Il poeta si chiede “Che mi resta di voi?” Le risposte sono altrettanti flash che fissano momenti di intensa affettuosità, amorevolezza e complicità. Ma anche di dolore, quando li abbiamo accompagnati “...su quel sentiero di anime e croci smemorate...”. Eppure la loro immagine, lontana nel tempo, sfuma nella nostra memoria di adulti. Ed è proprio con quel “forse” reiterato che il poeta riesce a darci la misura di quanto, col passare degli anni, si vada ormai sbiadendo l’immagine delle persone e rimanga “Forse tutto un sogno o un nulla”. Nondimeno ripensare a loro ci rende consapevoli di essere stati veramente speciali per qualcuno che, nell’infanzia, ha rappresentato per noi un’oasi di serenità, rimanendo indelebilmente impresso nel nostro cuore.
RispondiEliminaAncora una volta Marco ci regala versi profondi. E il linguaggio originario della poesia si trasforma in un canto che ci cattura col suo fascino e la sua suggestione.
Maria Fantacci
“È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi, come credeva Cebes Tebano che primo in sé lo scoperse, ma lagrime ancora e tripudi suoi” così Giovanni Pascoli. E non c’è dubbio che questa toccante poesia di Marco dei Ferrari provenga da quella parte interna del Poeta che manifesta con lacrime e tripudi il suo attaccamento all’infanzia da cui riemergono le figure dei nonni, capaci di un amore incondizionato che ancora nutre il cuore di chi, ormai adulto, li ricorda.
RispondiEliminaLa poesia scorre veloce senza indulgere in toni retorici o nostalgici: racconta, descrive, comunica emozioni e affetti. Il Poeta si affida all’anafora, a quel forse ripetuto, che non vuole affermare verità quanto piuttosto rivelare un moto dell’animo, personalissimo eppure così umano che chiunque vi si potrà riconoscere. Cosicché negli ultimi versi la lirica passa dall’io al noi, in un abbraccio universale a tutti coloro che vivono o hanno vissuto la condizione di nonni o di nipoti.