Antonia
Izzi Rufo: In viaggio con Vittorio
Alfieri. Edizioni Eva. Venafro (IS). 2017
Antonia
Izzi Rufo: Giorno dopo giorno e Donne.
Il Convivio Editore. Castiglione di Sicilia (CT). 2018
Di
sera
È la
voce del silenzio
quella
che ascolto di sera
appena
la coltre di buio
si
posa sul borgo, sui monti,
su
campi, nella valle.
Occhieggia
tremula la falce di luna
in
alto, all’occaso,
sonnecchia ad oriente l’unica stella
della
volta oscura,
scintillano
le luci elettriche
delle
contrade, delle strade,
del
campanile,
e le
finestre di alcune case
l’interno
mostrano illuminato.
Tutto
tace. Che pace!
La
vita scorre senza emettere suoni.
(Da Giorno dopo giorno)
Mi
sono giunti oggi 4 maggio due libri interessanti di Antonia Izzi Rufo: In viaggio con Vittorio Alfieri (e altri
saggi) e Giorno dopo giorno e Donne. Da subito convincente s’impenna la
maestria ritmica, la sapida verbalità della Rufo; la sua abitudine alla
scrittura, la sua ampia cultura di cui mai fa sfoggio, ma di cui neanche può
fare a meno nel suo viaggio di odissaica misura. Un viaggio che la vede
poliedrica e versatile nella sua proteiforme veste ora di narratrice, ora di
poetessa, ora di critico, ora di saggista... definita “La Poetessa
Pentra” da Mario Di Nezza, “La Ninfa delle Mainarde” da Aldo Cervo, e
“La Saffo italiana” da Luciano Nanni. Quanto al primo testo citato, di
saggistica, mi piace iniziare questo scritto au rebours, partendo da una sua Opinione che mi sento di condividere
appieno: “In tutte le epoche vi sono stati scrittori e poeti, artisti, in
numero più o meno rilevante, però la corsa verso la scrittura s’è accentuata nel Novecento e continua tuttora. Ci si
esprime in prosa e in versi, si scrivono saggi, si dipinge, si compone musica;
si traducono opere in lingue diverse, ma i traduttori non abbondano come gli
scrittori e i poeti. Perché si scrive? Perché
tanta proliferazione? Forse perché il dialogo che c’era nelle famiglie
d’una volta s’è spento e se ne sente la nostalgia, si avverte il bisogno di
comunicare con gli altri, di confidare ai nostri cari, ai nostri simili quanto
è racchiuso nel nostro microcosmo e, non potendolo fare, riversiamo sulla carta
i nostri pensieri, le nostre gioie, e le nostre angosce, i nostri sogni
infranti, le nostre aspettative deluse?...”. Un’analisi sociologica di grande
rilievo, di grande portata umana, attualissima. Poi lo scritto continua con un
accurato apparato bio-bibliografico di proficuo valore letterario, in cui si
elencano nomi prestigiosi di critici e di premi, che hanno avuto un impatto
significativo nella produzione della Rufo. Materiale indicativo per eventuali
ricerche monografiche o tesi di laurea in letteratura contemporanea visto che,
gira gira, non si fa altro che cadere nei soliti nomi conosciuti e trattati
cento e cento volte. C’è bisogno che i nostri ragazzi si aggiornino e rinnovino
il loro studio dirigendo l’attenzione a forze nuove che abbondano nei nostri
tempi. E la Rufo ce ne offre un chiaro esempio ricordandone non pochi, e,
mettendone in evidenza, soprattutto, capacità critiche e studi, vòlti a sottrarre
alle tenebre forze nuove. Ci vuole coraggio!, oltre che intelligenza fattiva e
operativa. Il libro scorre con energica
fluidità, quasi con la scioltezza acchiappante di un romanzo: dall’alfieriano Volli, sempre volli, fortissimamente volli –
in viaggio con Vittorio Alfieri in Vita scritta da esso (Puerizia, Adolescenza,
Giovinezza, Virilità, Continuazione della Quarta Epoca), a Le illuminazioni di Arthur Rimbaud; da Rapida rivisitazione del Decameron, a Saffo e Dante a confronto, ultimo saggio
al quale il lettore giunge attraverso le altre rielaborazioni
emotivo-strutturali; forse il più consono alla grande anima di una scrittrice
che in fin dei conti riesce a liricizzare tutto ciò che passa dalla sua
elegante e fascinosa penna. Due grandi
poeti (Saffo e Dante) che, sebbene in periodi molto diversi, riescono con le
loro note di universale armonia a dipingere l’amore come il sentimento dei sentimenti, quello che
gioca nella vita, nel bene o nel male, un ruolo determinante, duraturo,
empaticamente travolgente; a dimostrazione che certa poesia, e dico di quella
lirico-soggettiva più che di quella impegnata, non sentirà mai il passare del
tempo, dacché i sentimenti restano sempre gli stessi, immutati, solidi nel divenire: “È l’amore il sentimento che pervade la più bella
canzone della Vita Nuova di Dante, “Il fascino di Beatrice”; così pure l’Amore
è l’impulso interiore che emerge con tutta la sua forza e la sua spontaneità in
“Passione d’amore” di Saffo, la lirica
più famosa del mondo definita “l’ode sublime”.
Passione
d'amore
|
Quei parmi in
cielo fra gli Dei, se accanto
ti siede, e vede il tuo bel riso, e sente i dolci detti e l'amoroso canto! A me repente, con più tumulto il core urta nel petto: more la voce, mentre ch'io ti miro, su la mia lingua nelle fauci stretto geme il sorriso. Serpe la fiamma entro il mio sangue, ed ardo: un indistinto tintinnio m'ingombra gli orecchi, e sogno: mi s'innalza al gaurdo torbida l'ombra. E tutta molle d'un sudor di gelo, e smorta in viso come erba che langue, tremo e fremo di brividi, ed anelo tacito, esangue |
Uno
spirito eccelso in un corpo abnorme. Così veniva vissuta, Saffo, dai Romantici.
Una grande che si sperdeva nelle grinfie dell’amore quasi a obliare le
sofferenze della vita, lei di orrido aspetto ma con un animo tanto potente da
scardinare la voce degli dèi. La Saffo che cercava di trovare la sua quietudine
in una natura tempestosa, irruente, violenta, tanto simile alle sue
contrastanti dicotomie; forse il mare di forza nove, sbattente con le sue onde
su scogli dissestati, meglio rappresentava il suo sentire. Quella la natura in
cui si rispecchiava; in cui leggeva il suo stato emotivo e conflittuale. Non
voglio peccare di presunzione citando un pezzo di un mio poemetto tratto da Alla volta di Lèucade:
Agape di vino e poesia. Da
Saffo a Anacreonte
Vedevamo
il corimbo luccicare
al
sole pregno di sapore egeo
dalla
lucida spiaggia. Un fresco refolo
(all’ombra degli ulivi è il lauto pranzo)
ci
arrivava ceruleo. Attraccò
la
cantatrice. In rossa seta avvolta
dai
barbagli del porto naturale
verso
di noi incedette. Accompagnava
il
dolce suo profumo di lavanda
dell’isola
di Lesbo un fido auleta
avvinto
allo strumento impreziosito
con
icone divine. Si sedettero.
Le
coppe gli riempimmo di buon vino
delle
rocce salmastre. Ora il convivio .
fu
finalmente degno sia di Saffo
che
d’Anacreonte in quel concerto
di
suoni monocordi e di evasione
tra
terra ed infinito. Ed iniziò
la
voce tra l’assenzio di marina
ormai
al calare ed i riflessi d’oro
sui
luccicanti coppi: “Le mie vigne
perdevano
il colore vespertino
di una
stagione estrema nel perlaceo
scolore
della luna. Era soffuso
il
palpito di brezza sopra il seno
voglioso
di carezze e impallidiva
ancor
di più nel cielo il corpo vago
ai
nostri abbracci.” “Come si potrebbe
pensare
ad un banchetto senza canto,
senza
il suono del flauto così querulo
ma
subito propizio con il suono
a dare
gioia all’anima.” “Volevo
che
tutto il mio sentire si spegnesse
nella
notte soffusa e che l’immagine
non
guastasse la luce. Era la morte
ch’io
bramavo nell’attimo superbo
di
eternare la gioia dell’amore...
La
vita e la morte; lasciare incontaminato dalla luce del giorno il momento più
alto della vita: l’amore.
Il
secondo libro, una plaquette editata per i caratteri di Il Convivio Editore,
marzo 2018, è composto di 70 poesie divise in
due sezioni: Giorno dopo giorno
e Donne, dove la parola con tutta la
sua nervatura significante, con tutti i suoi fremiti di sinestetica forza lirica, fa da contenitore ai tanti stati
d’animo del “Poema”. Una vera concretizzazione di paniche vertigini simboliche.
L’Autrice consegna le sue confessioni a corpi di cromatica configurazione o a
estensioni di azzardi oltre la siepe, per delineare le inquietudini del vivere
o degli spazi ristretti. Un umano vagare per colli e mari, per rifugi naturali,
con in animo il canto, il primo pensiero del mattino: “Perché sì forte mi
possiedi, Poesia?”. Ma anche per volare, per lanci oltre le piccole cose, o le
grandi questioni, Oltre l’azzurro: “...
In te depongo i miei pensieri,/ viaggio e lotto con essi;/ in te rido piango mi
lamento,/ sogno, programmo il mio
tempo;// e riesco a volare nell’azzurro dei cieli,/ a toccare i confini
dell’Ignoto,/ a tuffarmi nell’enigmatico,/ illimitato Infinito”. Tante unità
verbali in iuncturae di ampio respiro; in combinazioni metriche di accattivante sonorità, dove la melodia la fa
da padrona in tutto il proseguire della stesura poematica. La seconda sezione è
dedicata alle grandi donne della letteratura epica, lirica, storica,
mitologica, religiosa: “Penelope e Andromaca/ sono i modelli cui mi ispiro”. E
l’animo poetico vola, sfiora, cattura, e torna sulla carta portandosi dietro
frammenti di vita e di lirismo: da Eva, a Maria madre di Gesù; da Melisenda a
Arianna sposa di Bacco; da Saffo ad Elena; da Penelope ad Andromaca; da
Beatrice a Lucia; da Silvia ad Anita, l’eroina dei due mondi:
(...)
Una
febbre ostinata infine ti troncò:
non
avevi ancora ventott’anni!
Più
volte traslocate, nella “Caput mundi”
le
tue spoglie ora giacciono,
nel
monumento sul Gianicolo, eretto in tuo onore.
Libri
da consegnare alla Letteratura per la loro portata lirico-didattico-culturale.
Nazario
Pardini
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