Ignoto verso il mare
Il
cielo è terso e il bianco della luna
quasi
inneva i miei campi. I passerotti
rapinano
il tepore delle piume
sui
rami che sperano dal cielo
nuove
buttate da donare ai nidi.
È
febbraio. Non vedi per i campi
traccia
di paesani; tutto è fermo.
Persino
lo svolare
attende
l’ora calda. Mi soffermo
sul
prato più vicino a casa mia,
calpesto
il suolo,
e il
piede batte fesso sul tostato.
Ma è
il mese che si avvia
a
prometterci speranze; la mimosa
staglia
il suo giallo sopra la campagna
e
ricorda il colore di ginestra
che
gonfierà l’estate. A te mi dono
mese
di nostalgie! Di quando a sera
ci si
accostava al fuoco con un animo
già
pronto ad incontrare primavera:
il
piede scalzo, le corse fra le vigne,
la
sorpresa di un nido tra i filari.
E ti
rivivo,
seppur
la mia speranza
non
cova rami in fiore;
e
anche se negli spasimi
di due
colombi sopra la grondaia
me la
ricordo lesta,
ora è
la voglia d’altro
che mi
riporta a un fiume
e mi
trascina ignoto verso il mare.
Il silenzio del paesaggio tardo invernale, l’immobilità della natura di febbraio in attesa: il mese che porta con sé la nostalgia, i ricordi che segnano la distanza, la semplicità chiara e terribile, epifanica del loro apparire. È un silenzio esteriore ed interiore che circonda il poeta, ( “tutto è fermo”) in esso è immerso l’ultima parola poetica polifonica e le movenze lente di vita, baluginanti e profonde di N. Pardini, sono flessuose e naturali. Silenzi pensosi, suoni opachi, fessi, colori smorti, in attesa dei gialli luminosi di mimose e forsizie future: un contrasto che non è agonico, un duello che diventa nel ricordo vita, danza, osmosi, accettazione, nel trapasso delle immagini del perire in una musica più vasta, un perpetuarsi di quel rapporto eterno con la natura, soggetto a costante metamorfosi.
RispondiEliminaLa poesia non conclude, e non può: sta al lettore cercarne il messaggio con rispetto e sospensione d’animo (“ora è la voglia d’altro/ che mi riporta a un fiume/ e mi trascina ignoto verso il mare”). Il senso ultimo, senza sovrapposizioni né enfasi.
Saudade da mal di cuore quella del nostro Nazario. I ricordi si srotolano regalando immagini che incantano e trascinano nella spirale di un mondo semplice e ricco di armonie. I colori, i profumi, 'il piede scalzo, le corse tra le vigne' inducono a leggere questi versi di autentica poesia con i cinque sensi. E' raro trovarsi dentro a un paesaggio. Respirare l'odore di mimosa, di ginestra; attendere con ansia la stagione della fioritura; calpestare con i piedi scalzi il suolo morbido; scoprire nidi nuovi, inizi di vita ... Un afflato con la natura che commuove. Tutto è armonia. E l'Autore, rapito dalle isole della memoria, di colpo è colto dal desiderio di altro... da uno spasimo 'che lo trascina ignoto verso il mare'. La dicotomia tra i ricordi affascina e rende chiara l'idea di quanto un Poeta possa saltare da un quadro a un altro con immediata, magistrale facilità. Nazario corre al mare, a quell'elemento presente in tante sue liriche, che lascia pensare a C. Baudelaire: "Uomo libero amerai sempre il mare / il mare è l tuo specchio/ contempli la tua anima nello svolgersi infinito della sua onda".
RispondiEliminaI versi, con la loro potenza espressiva, ci consentono di partire da una 'luna che quasi inneva i campi' - che immagine stordente! - , per arrivare al sogno del mare.
Ogni volta che leggo Nazario riesco a stupirmi. A rimanere muta e assente. Le parole, forse inutili, sgorgano poi dal ruscello delle emozioni. Non so frenarle e so che dovrei. Vorrei saper dare loro toni degni dell'incandescenza dei versi, ma non ho voce degna. Vivo un'esperienza molto più grande della mia capacità percettiva e resto stordita.
Ringrazio dì cuore questo Artista, Amico e Condottiero e lo abbraccio.
Maria Rizzi
Magistrali interpretazioni. Sobbalzi critico-emotivi che rendono la poesia ampia e densa di riflessioni esistenziali. Grazie a Maria Grazia e a Maria che respirano l'aria salmastra della nostra Lèucade...
RispondiEliminaNazario