Laura Barone, collaboratrice di Lèucade |
Realtà
e simbologia, parola giusta nel verso giusto, viaggio ontologico alla ricerca dell’essere,
in Laura Barone
(Prefazione)
Ha preso forma di rilievo/ un verso
intrappolato nella penna./ Prima viveva in pianure coltivate/con lettere e
fonemi inabissati./ Ora risale in un sentire nascosto,/ visualizzando nuove
sensazioni,/ sul quadro misterioso del sentire./ Si rivela e inarca la sua
schiena,/ sostenendo muri e indifferenze,/ e trattenendo fermo un incauto
grido./…/E il mio respiro sarà un altro alito invisibile/lasciato sopra il
vetro di un inverno” (Orografie del sentire). Sin dalla poesia eponima risulta
chiaro l’intento epistemologico e poematico: forma, intrappolato, pianure
coltivate, lettere e fonemi inabissati, quadro misterioso, alito invisibile, il
vetro di un inverno. Viaggio verso una destinazione misteriosa fatto di dolore
e di trabucchi, da pianure coltivate attraverso lettere e fonemi inabissati che
intendono sortire allo scoperto per dare energia e concretezza al sentire.
Un nostos di grande rilevanza umana
sostanziato da accorgimenti sinestetico-allusivi e lessemi metaforici che
volgono il significato oltre il senso. La trama versificatoria basata su
accessori di effetto contrattivo ed estensivo si apre all’esplosione di
endecasillabi di maestosa musicalità. Bene chiarisce questa intelaiatura la
posizione scritturale della Nostra, lontana da ogni riforma prosastica del verso, ma vicina alla
tradizione nostrana pur con tutte le motivazioni attuative e gli input
innovativi. Si fa moderno il discorso su
un’architettura verbale che richiama stilemi di una letteratura novecentesca. Moderno,
sì, soprattutto nell’inquietudine che fa dell’uomo un peregrino in cerca di edenici
riposi:
(…)
tu sai che della parola
ho preso grafemi e fonie,
e li ho nascosti sotto le lenzuola
d'un sogno mai svelato
e con passi verdi e incerti ho iniziato
a camminare sul selciato d'un endecasillabo
ed a spiare un Io in equilibrio
tra sonetti e madrigali
cercando appigli d'armonia e di vero (Preghiera del poeta).
ho preso grafemi e fonie,
e li ho nascosti sotto le lenzuola
d'un sogno mai svelato
e con passi verdi e incerti ho iniziato
a camminare sul selciato d'un endecasillabo
ed a spiare un Io in equilibrio
tra sonetti e madrigali
cercando appigli d'armonia e di vero (Preghiera del poeta).
Questo
è il verso della Baroni, il suo affondo connotativo, la sua indomabile ricerca
verbale che determina la positura emotiva, personale, riflessiva, vicina alla
sua epigrammatica vicenda fatta di fughe e ritorni, che denota la versatilità
espressiva e la capacità di imprimere colore e visività ai sentimenti più
nascosti. D’altronde la poesia è nel canto, nell’armonia delle combinazioni
etimo-significanti, e lo dimostra, la Nostra, col prosieguo del racconto che
varia nella sua continuità propositiva. Orografie
del sentire, il titolo. Un titolo indicativo, proteiforme che tanto
inquadra il corso della fatica letteraria della Barone. In esergo, appunto, si
riporta una citazione di Rainer
Maria Rilke: “Ai veri poeti il primo verso viene regalato da Dio, mentre tutto
il resto è dura fatica dell’uomo”, che fa da prodromico avvio alla complicanza
che un autore incontra nell’analizzare a fondo i suoi scarti emotivi e nel
trasferirli in un linguaggio artistico. Con questa citazione l’Autrice ci
introduce in quello che è l’intendimento che ha dell’opera d’arte; nel
travaglio di ricerca e di studio a livello psicologico, psicanalitico, naturistico, e verbale. Quindi poesia come
momento eccelso, di memoria odisseica, omerica, agli inizi, poi lavoro, lavoro,
lavoro da impiegare sulla lingua e sulla reificazione dei subbugli interiori. Ed
è quello che la scrittrice fa nel tradurre i suoi plurali stati emotivi in una
poesia chiara, morbida, linda, serenamente inquieta che con i ritmi di
varia estensione concretizza stati d’animo intenti a ritrovarsi in una realtà multipla
e polivalente. <"Orografie del sentire"
è la mia quinta silloge. In essa sono contenute circa 55 poesie inedite
scritte tra il 2018 e il 2019 selezionate sulla tematica della ricerca che il
poeta fa su se stesso attraverso il
confronto con il mondo e sulle
riflessioni e i cambiamenti interiori che questo sentire produce, portando allo
scoperto i rilievi di un'essenza alla ricerca di un nuovo linguaggio
e di una nuova realtà.>. Questo scrive la Barone nella sua introduzione. La
Poetessa effettua una ricerca di ontica e ontologica sostanza: il rapporto tra
il suo mondo e la realtà che la circonda. Ed è da questo confronto che nasce e
si sviluppa il senso della creatività estetica fin dai tempi più lontani; a
partire dalla civiltà dell’antica Grecia fino ai giorni nostri. Ogni corrente
letteraria si è distinta dall’altra per una diversa interpretazione del
rapporto fra l’io e il mondo circostante. Fino all’originalità Baudelairiana
che vede nel poeta colui che può auscultare la realtà col sesto senso. Sì, uno
in più. Perché riesce a percepire quella musicalità insita fra le pieghe del
reale, che l’uomo comune non riesce a udire. Ed è proprio quella “sinfonia”,
secondo lui, a creare una simbiotica fusione fra le cose che all’occhio comune
appaiono divise; l’arte non è ragione, né
realtà scussa, l’arte è scavo, fantasia, immaginazione, passione,
sinfonia, emozione, partecipazione, esaltazione..., ha bisogno di un serbatoio
a cui attingere. E quel serbatoio è alimentato dalla memoria. È essa che plasma
la realtà, mutandola in immagine:
(…)
La pelle aveva il profumo
d'un bagno nel mare tranquillo
e canti lontani tagliavano
di traverso il battito dei pensieri.
d'un bagno nel mare tranquillo
e canti lontani tagliavano
di traverso il battito dei pensieri.
Tutto il mondo era lì intorno
nel senso di pienezza
della vita in cammino
tra un cielo ed una terra
scolpiti in correlazioni di futuro.
nel senso di pienezza
della vita in cammino
tra un cielo ed una terra
scolpiti in correlazioni di futuro.
Dov'è ora quel cielo e il suo domani? (Correlazioni di futuro).
Ogni piccolo fatto, ogni sguardo, percepiti e degni di
storicizzarsi, una volta decantati nell’animo, si fanno alimenti indispensabili
per la resa estetica. Si potrebbe partire addirittura dai presocratici, per non
dire di Socrate, Platone, di Aristotele, per tracciare una linea sommaria che
tenga di conto dell’evolversi di tale rapporto.
Ma mi piace aprire una
parentesi su Saffo la grande. Il suo rapporto con Pan è vario, e piuttosto conflittuale. Nei suoi frammenti ci sono
chiari di luna, e paesaggi serali veramente moderni. Ma la sua ricerca è sempre
volta ad una Natura tormentata e violenta che faccia da specchio al suo essere
abnorme, al suo involucro imperfetto, e “brutto”. Riesce a soddisfare il suo
spirito solo davanti a mari che sbattono le loro onde fragorose su scogli
dissestati, o in mezzo a temporali forieri di lampi paurosi. E bramerebbe che
la morte la raggiungesse nel momento del maggior godimento erotico, perché tale
beatitudine, tale sperdimento dell’essere non venisse profanato dalla vita: “Volevo/ che tutto il mio sentire si
spegnesse/ nella notte soffusa e che l’immagine/ non guastasse la luce. Era la
morte/ ch’io bramavo nell’attimo superbo/ di eternare la gioia dell’amore./ La
poesia e il canto il grande dono/ furono degli dèi per il deforme/ involucro
dell’anima. Nessuno/ pronuncerà di certo il verbo furono/ per i miei versi. Aleggiano
con piume/ verso l’Olimpo in questo nostro incontro./ Moriranno gli eroi, le
bellezze/ di cortigiane effimere e procaci,/ ma un cantico se eccelso volerà/
oltre gli spazi fragili degli umani./ E se restò il ricordo di un’achea/
bellezza o ancor di più di gesta eroiche/ di un teucro si deve al grande aedo./
Il luccichio del mare accompagnato/ dai trilli lamentosi dei colimbi,/ il
frangersi dell’onda sulle rocce/ logorate dagli anni, le tempeste/ che
spruzzano la bava della schiuma/ sui volti scoloriti e poi i riposi/ delle
bonacce sulle vele ai porti/ saranno giuste note che stasera,/ incise in
poesia, legheranno/ il convivio all’eterno”. (Da Nazario Pardini: Alla
volta di Lèucade: Agape di vino e
poesia. Viareggio. 1999).
È
misurandoci con quello che abbiamo di fronte che riusciamo a realizzare il
nostro pathos, anche l’idea della poesia e dell’arte, in genere. Se abbiamo
intensione di rappresentarlo così come è faremo un semplice ritratto, scevro da
ogni interferenza personale. Ma l’arte ha bisogno di ben altro, ha bisogno di
animo, di sentimento, di passione; occorre qualcosa di più della semplice
realtà per raggiungere il regno di Orfeo. Quello che ci vediamo di fronte al
momento non può essere eguale a ciò che rievochiamo, contemplando il passato: le immagini si attorniano di stati
d’animo vari e articolati: gioia, rimpianto, saudade, memoriale, odio… E sono
proprio queste emozioni a fare da supporto all’azione creativa. Quando le
riviviamo le scene che ci videro presenti assumono tutto un altro aspetto;
altro significato: ci emozionano, ci rattristano, ci inebriano, ci confondono o
ci alterano i battiti cardiaci. Direi
che il tutto ha bisogno di riposare in noi per farsi materia viva; per
tramutarsi in ossi di seppia, in idillio, o atomi opachi del male… Un luogo ci
ha veduti abbracciati e innamorati, ci ha veduti spersi nelle nostre
meditazioni, soli nelle nostre riflessioni; ritornando a quel luogo, alla sua
entità simbolica, al suo apparato loquace, potremo rivivere attimi di particolare
portata contagiante:
Noi scaviamo nel passato e ci cerchiamo
rovistando nei ricordi e in una foto
poi tentiamo d'afferrare l'innocenza
ripiegata in un sorriso ancora in erba.
rovistando nei ricordi e in una foto
poi tentiamo d'afferrare l'innocenza
ripiegata in un sorriso ancora in erba.
Cosa resta d'un pensiero ancora in viaggio
solo il raggio d'uno sguardo che ravviva.
Questo inutile parlare mi conforta,
siamo slanci di una vita che è risorta (Slanci di vita).
solo il raggio d'uno sguardo che ravviva.
Questo inutile parlare mi conforta,
siamo slanci di una vita che è risorta (Slanci di vita).
Questo,
tutto questo nella poesia della Nostra. Un intrico di emozioni che gioca a suo
favore; a favore della complessità del suo “poema”. Ella ha bisogno di storia,
di storie, di ambiti vicissitudinali, di frasche o di mirti, di dune o di
tamerici, di orizzonti o di tramonti, di strade di città o viuzze di campagna,
che contengano i momenti importanti del suo vivere, amare, soffrire, esistere.
Ciò che non può una semplice scena naturale che la colpisce magari per la sua
bellezza, o per la sua unicità. Sì, può avere una particolare contaminazione,
ma solo se somiglia in qualche modo a
quel luogo in cui soffrì, amò, vinse o perse. La vita è fatta di sottrazioni e
di memorie negative. Ma anche di avvenimenti fulgidi, brillanti, dolci, belli
da riportare a vita. Non si deve credere ad un’arte amorfa, senza viscere,
senza apporto rievocativo, dacché è sperdimento, è répêchage, è meditazione
nella poetica della Baroni. Ed è parola. Soprattutto parola. Quel congegno
lessicale che si prende l’ònere di concretizzare le inquietudini esistenziali, le dolci illusioni
che la connotano in quanto umana, per il fatto che ambisce ad un porto di difficile
ancoraggio; che si chiede il perché del luogo e del tempo; dell’hic e del nunc;
del perché ci siamo e per cosa. Ciò che genera in lei quel senso di insoluzione
e precarietà che alimenta l’atto creativo, dacché è della sua sostanza che si
tratta, del suo modo di essere e di tutti i marchingegni che formano
l’epigrammatico quadro della sua entità:
Il giorno di festa è plasmato dall' attesa
piccola e smarrita anima mia!
(…)
piccola e smarrita anima mia!
(…)
Qui, noi siamo piccole luci accese
endemiche d'un mare
che ha visto carne
trasformarsi in roccia.
Stacchiamoci dall'Io
che non piace a chi ha l'inutile scettro
del giudizio e vuole agnelli saporiti
da portare al tempio
lasciamoglielo in dono,
e proseguiamo oltre cortina
col lento passo di chi non sente fretta (Animula vagula blandula).
endemiche d'un mare
che ha visto carne
trasformarsi in roccia.
Stacchiamoci dall'Io
che non piace a chi ha l'inutile scettro
del giudizio e vuole agnelli saporiti
da portare al tempio
lasciamoglielo in dono,
e proseguiamo oltre cortina
col lento passo di chi non sente fretta (Animula vagula blandula).
L’oggetto
che ci sta di fronte contribuisce in modo sostanziale a dare corpo a questi
brividi empatici. Questo sì. La Baroni fa un’operazione di antropico
trasferimento, consegnando il suo mondo a ciò che vede e che sente. Il suo è un
linguaggio indiretto, un aveu di naturistica combinazione emotiva; parla e
scrive con il linguismo della natura dando così omogeneità e compattezza
all’architettura della silloge in gioco:
Travolge, la luce del mandorlo in fiore.
Come bianco velo per vite stracciate
avvolge il giardino che ha nubi di passato.
Come bianco velo per vite stracciate
avvolge il giardino che ha nubi di passato.
Il creato ha leggi divine
che dispensano bene e bellezza.
Essenza diviene il colore d'un petalo
biancore d'intenti e di lotta.
Il suo germinare è fecondo di vita
e ha colori di carni che hanno
preghiere esaudite e vissuto di mare.
Amare il dolore degli altri
é compito ardito di pochi (Il mandorlo di casa Chiaravalle).
é compito ardito di pochi (Il mandorlo di casa Chiaravalle).
La
ricerca della Poetessa verte all’epistemologia; alla conoscenza; alla conquista
di un verbo totalizzante, plurale,
polisemico che abbia il potere di farsi amico; confidente; e volga così la
volumetria metrica a rappresentare un pathos che, umano nella substantia, è
indeterminato e vago come lo può essere quello di un essere mortale. Siamo
umani e come tali condannati a non avere risposte precise sulle questioni della
vita. E di questo si tormenta la Nostra:
Vivo in un abito imperfetto.
Lo indosso di notte
quando il silenzio è vento di memoria
e dal cielo filtra la luce delle nostalgie.
Ha il colore di mille occasioni
e il peso di quelle parole mancate
che inattese s'appoggiano su labbra
che hanno l'odore di duttile carne.
Lo indosso di notte
quando il silenzio è vento di memoria
e dal cielo filtra la luce delle nostalgie.
Ha il colore di mille occasioni
e il peso di quelle parole mancate
che inattese s'appoggiano su labbra
che hanno l'odore di duttile carne.
È il buio che plasma le attese
e svela gli inganni di false promesse.
e svela gli inganni di false promesse.
Io vivo in un tempo imperfetto
e vago tra lame e acquitrini
che inghiottono il vero
e fanno più nero il pensiero (Abito imperfetto).
e vago tra lame e acquitrini
che inghiottono il vero
e fanno più nero il pensiero (Abito imperfetto).
Anche se in certe poesie sembra che
l’Autrice si abbandoni a stati d’animo di negatività, di tristezza, mai
raggiunge situazioni di pessimismo montaliano, mai raggiunge confessioni di
becero sentimentalismo, di sfogo mellifluo e decadente dacché il tutto è controllato
e tenuto fra argini stilistici ben solidi e ben strutturati.
Si deve anche riconoscere che tale
inquietudine non fa altro che tramutarsi in qualcosa che spinge al
miglioramento; alla riflessione e alla ulteriore ricerca di un porto che noi,
come poeti, con l’anima imprigionata, mai potremo raggiungere:
(…)
Capirò la vita
ma aggiungerò altre domande
alla collana dei miei dubbi.
Lascerò andare
chi ha vilipeso un generoso aiuto
la sua via ha più curve e salite da percorrere.
Io non ho più pesi
se non quello d'un corpo macellato
dove l'anima è rinchiusa (Ora).
ma aggiungerò altre domande
alla collana dei miei dubbi.
Lascerò andare
chi ha vilipeso un generoso aiuto
la sua via ha più curve e salite da percorrere.
Io non ho più pesi
se non quello d'un corpo macellato
dove l'anima è rinchiusa (Ora).
E forse
sta proprio in ciò il sorprendente cammino della poesia. E anche se si affida a
strutture di diversa misura, di varia impostazione architettonica; anche se da
una poesia libera e sbrigliata può passare ad una più legata a congegni
metrici, o di lingua inglese (“Nella silloge sono presenti due poesie in
inglese una lingua che fa parte dei miei “rilievi” più cari” dalla Prefazione.),
non è di certo male; basta che le iuncturae
scritturali contengano il fil rouge del
percorso ontologico del canto. Quello che fa la Nostra affidando ai suoi versi
tutti gli empiti focali del vivere. E non è facile fare della vita un’opera
d’arte; la Barone ci riesce; e riassumendo input di ricerca e di viaggio,
completa un quadro di simbolici effetti connotativi, dove l’amore e la morte
fanno parte di un gioco umano; di quel viaggio che tanto parla dell’esistere:
(…)
È lì che fiorisce in inverno il Calicantus
che nel vento sferza il tempo
e vecchie attese illudendole di nulla.
che nel vento sferza il tempo
e vecchie attese illudendole di nulla.
Lo senti il suo profumo?
Riporta quel sentire d'una estate
e l'avvampare di quel sole
che inceneriva puri sguardi
e foglie di tabacco appese al muro.
Riporta quel sentire d'una estate
e l'avvampare di quel sole
che inceneriva puri sguardi
e foglie di tabacco appese al muro.
E Thanatos incede fatale alle tue spalle
e lo vedrai negli occhi
seccare nel silenzio un forte grido (Eros e Thanatos).
e lo vedrai negli occhi
seccare nel silenzio un forte grido (Eros e Thanatos).
Nazario Pardini
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