I dintorni dell’amore ricordando
Catullo
“Lettera di un’amica non conosciuta”
Marisa Cossu a Nazario Pardini
Marisa Cossu, collaboratrice di Lèucade |
Non ti meravigli, caro Poeta, questa
lettera; ho meditato a lungo prima di scriverla: mi turbava la spinta affettiva delle mie
riflessioni intorno ad una poetica tanto intellegibile quanto profonda;
interpellavi la mia coscienza con le domande rivolte a te stesso prima che ad
altri, quelle che scavano in modo universale anche nella mia interiorità; percepivo le tue parole come a me dirette in
un emotivo coinvolgimento e desideravo interrompere quel tratto di solitudine
che traspariva dalle tue riflessioni.
Ho pensato che ti sentissi solo,
disposto a condividere, “dire” ad un interlocutore, sia pure evanescente, ad
un’amica non conosciuta, al vento, ciò che intravedi oltre la nebulosa del reale. E poi
gli interrogativi, il modo intimo e saggio di porre questioni non come
“filosofi ignoranti”, ma con la purezza del bambino che sa ancora creare e
meravigliarsi. Il tuo respiro panico, Nazario, abbraccia anche tutto ciò che
non può essere spiegato razionalmente perché è rappresentazione e metafora
delle atmosfere in cui si è immersi, un patrimonio dinamico destinato a conservare
la propria unicità spirituale e materiale.
Così, nel rivolgerti ad “un’amica non
conosciuta”, ti sei aperto, con visionaria passione verso la vita, ad una
alterità a volte aspra, altre consolatoria, senza tempo, tra gli uomini e nella
Natura, permeato dall’amore della tua cultura umanistica, dalle tue esperienze
di insegnamento e di vita, da tutti i “pesi” d’amore e di lotta che hanno
fertilizzato il corso degli anni. E tu sei il risultato formativo di tutto ciò
che ha contribuito a fare di te l’uomo generoso e buono, il poeta amato, il faro.
Sei
la memoria di cui sei fatto, resistente
agli assalti delle tante “dissacrazioni”:
la Fede giustifica lo scorrere
del tutto verso il grande mare dove si verserà l’unità personale, i pesi e la
bellezza che hanno fin qui riempito ogni soffio vitale. Tu sei le cose in cui
credi e quelle cui aspiri, perciò l’impetuoso fiume rappresenta il percorso
tra i vari stadi della vita spirituale. Essa poggia sempre sul tuo essere uomo
nel tempo e nello spazio. Il fiume mi ricorda il tuo Serchio, il mare la
bàttima di cui parli nelle tue poesie.
Mi par di vederlo quel fiume, Nazario!
Ora mi appare come un nastro argenteo
che sa dove andare, mentre, al contrario, io mi nascondo nelle tante trappole
del dubbio e delle paure; ma tu ne parli in modo pacato, riempi questo tratto
di fiume di poesia , sentimenti, ricordi. Procedi serenamente con il profumo
delle cose amate, con le voci che ancora risuonano dal passato, con le immagini
della giovinezza e degli oggetti che in te si nobilitano in una
personificazione affettuosa e malinconica. Ed io t’incontro qui, dove chiedi
così poco, o così tanto all’oltre: lasciare tra le foglie dorate del bosco
sillabe di poesia, un verso d’amore, una scintilla di umano calore, la bellezza
… e la poesia del fiume, la vastità del mare, la musica, il mistero della tua narrazione poetica che ha dato vita
ad un pezzo di realtà immortale trascorsa come “amore/ gioia, amore /dolore,
amore/ grazia, amore/ tristezza”.
Nulla si perde, Nazario!
Vedi: la fanciulla amata corre nel
bosco, cadono ancora foglie di ruggine dorata sulle sue braccia, i capelli ondeggiano
sulle spalle, il passero saltella intorno a Lesbia; ella piange e ama, ama e
odia, bacia e si nega. Ascolta con me l’immenso, l’eterno, Nazario, la musica che
sale dalle corde e dalle percussioni della Natura come un cuore pulsante.
Ah
l’amore! Tu attesti la potenza del “sentire” e ancora una volta mi sei maestro:
“ ... Il dolore, è vero, può purificare
[…] ma bisogna lottare, con tutte le forze che la Natura ci ha fornite …”
Non
temi il dissolversi della materia, l’ingresso nell’infinito, perché “il soffio”
continua ad innestarsi nel futuro: “sul vecchio s’innesta il nuovo”, scrivi con
una chiarezza che mi riporta direttamente alla tua poetica e al tuo modo di
essere. Anche nella tua opera vieni da lontano e in quelle remote periferie
della bellezza, nei “dintorni della solitudine” e dell’amore, innesti il nuovo
che vibra nella tua creatività, rendendo classiche e contemporanee le tue
composizioni.
Non manchi di far notare quante e quali
“dissacrazioni” vengano oggi perpetrate in ogni settore della vita e guardi con attenzione preoccupata e
rispettosa alle nuove generazioni . Potranno esse provare ad uscire dalla
“bruttezza”? Potranno innestarsi
nell’amore che tanto ti ha ispirato? Tu non disperi, credi che questi giovani
innesti daranno frutto se la società educante saprà assumere la responsabilità
formativa attraverso il processo della conoscenza e della socializzazione.
Questo significa che senza una adeguata
condivisione comunicativa non potrà esservi crescita della persona. Educare
significa tirar fuori dall’indistinto la pienezza dell’uomo, donare a lui la
sapienza dell’Arte, la bellezza, la condivisione, l’apertura all’altro,
affinché si renda meno doloroso “il presente indegno di farsi antico”.
L’amore è di per sé conoscenza, poesia,
eticità. “Solo chi ama conosce”, anche quando l’età rende più fragili le forze,
anzi soprattutto in quel tempo, l’amore
si libera dal “ terreno” e si eleva
verso l’immortalità.
È un invito a lasciarsi andare al
flusso cui si è destinati dalla nascita, all’abbraccio dell’Universo. È
restituzione di bellezza e amore ciò che aspettiamo di trovare e vi riusciamo solo ricordando che abbiamo amato. Prendiamo per mano,
Nazario, la giovinezza, conduciamone i palpiti dove inizia l’autunno,
riscaldiamo ogni attimo con i bagliori che essa ci dona .
Ed ecco farsi vivo il ricordo di
Catullo, l’antico su cui innestare la nuova “forza emotiva” dell’amore, la nuova forza della
parola, la poesia dell’uomo nuovo. Solo in questo modo, di innesto in innesto,
può essere concepita l’immortalità della memoria.
Tu confidi in questo meraviglioso pensiero,
nel tuo credo poetico ispiratore della tua vita illuminata dalla Fede ed è
questo tuo credo che mi guida e mi
chiama alla ricerca di Lèucade. Alcuni innovatori dicono che la mia utopia poetica
sia fuori moda, ma tu consentimi di abbracciare la tua che ha basi ispiratrici ben
più profonde e non può essere confusa
con l’oscuro presagio di un indefinito non luogo;
lascia che mi metta in cammino sulle
arature della tua anima, dove la poesia e l’amore fruttificano in terra
fertile. Vorrei anch’io godere un attimo d’eterno, serbarne memoria quando avrò
freddo e il tempo non sarà sufficiente per scrivere un nuovo canto. Per me
volerà la musica e si accenderanno le stelle.
Nel congedarmi con un abbraccio di grande
stima, mi piace citare, caro Nazario, queste parole da te scritte recentemente:
“amami mia cara, amami come io ti amo, con la forza dell’anima, ora che le mie
forze sono tanto leggere da elevarsi da terra”.
Marisa Cossu
Felice di essere ancora una volta sulla nostra isola, ringrazio Nazario Pardini dello spazio concesso alla mia "LETTERA", testo nato non solo dal forte impatto con il messaggio culturale e poetico dell'Autore, ma soprattutto da un'emozionante incontro di anime.
RispondiEliminaMi complimento con Marisa Cossu per la sua "Lettera", l'emozione, la cultura,l'amore per la Poesia...il tutto qui impersonato nella figura, nella poetica, nel pensiero del "nostro grande Nazario", che con tanta profondità e tanto amore parla al cuore di ciascuno di noi.
RispondiEliminaGrazie amica Marisa!
Edda Conte
Cara Edda, ti ringrazio per le gentili parole dedicate alla mia lettera. Ti assicuro che il mio testo è frutto di un'emozione profonda, di un incontro vero e sentito con il mondo pardiniano. Grazie di cuore e un affettuoso saluto
RispondiEliminaMarisa Cossu